il Central Park di New York
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Da Pordenone ai grandi building di New York: la scalata di Andrea Pedicini

il Central Park di New York
Vista aerea del Central Park di New York (Shutterstock)

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Non è certo semplice affermarsi nel settore immobiliare americano, specialmente in quello della Grande Mela. Eppure un italiano è riuscito a emergere. Si tratta di Andrea Pedicini. Lo abbiamo incontrato al bar del Four Seasons Hotel New York Downtown, nel cuore del quartiere finanziario, e ci ha raccontato la sua storia.

primo piano di andrea pedicini
Andrea Pedicini (Archivio personale Pedicini)

Sono nato e cresciuto a Pordenone, città del nord-est, dall’imprinting storicamente industriale, tipica realtà della cosiddetta “provincia” italiana. Entrambi i miei genitori sono avvocati, e io, primo di tre fratelli, ho deciso piuttosto in fretta che avrei fatto altro. Non perché non mi affascinasse la giurisprudenza, anzi, più per una questione di principio. E così, dopo il liceo scientifico, mi sono iscritto alla Facoltà di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e una volta conseguita la specializzazione in Marketing e Comunicazione, ho deciso di iniziare il mio percorso professionale in KPMG, multinazionale della revisione contabile, un’attività che sulla carta poco aveva a che fare con il marketing e la comunicazione ma che sapevo mi avrebbe consentito di ampliare e rafforzare quanto appreso negli anni dell’università. 

Ha sempre avuto la passione per gli immobili?

Diciamo che ho sempre avuto la passione per il business in generale, quella per gli immobili è maturata dopo, in virtù ovviamente del percorso che mi ha portato ad occuparmi di investimenti immobiliari a New York. 

Come ha deciso di approdare negli Usa?

Durante il mio terzo anno in KPMG ho fatto un’esperienza di circa quattro mesi in California e poco dopo, una volta rientrato in Italia, per una serie fortuita di eventi mi è stato proposto di occuparmi di investimenti immobiliari a New York da parte di un’affermata realtà immobiliare italiana. Sono arrivato in città nel 2010 e gli Stati Uniti si trovavano ancora in piena recessione. Mi affascinava molto l’idea di poter vivere la fase della ripresa, e così è stato. Vivere a New York mi piace molto: è una città estremamente viva, che offre grandi stimoli culturali e creativi, oltre a importanti opportunità di business. 

Cosa ha dovuto fare per esercitare la sua professione negli Stati Uniti?

Da un punto di vista formale ho dovuto conseguire un’apposita licenza. Qui infatti si diventa broker immobiliare superando un esame appositamente predisposto dallo Stato di New York. Al fine di sostenere tale esame bisogna avere almeno 18 anni d’età, aver sostenuto un corso specifico pari a 75 ore, che richiede a sua volta il superamento di un test, ed essere infine sponsorizzati da un altro broker. Per esercitare con successo questa professione però, conseguire la licenza non è sufficiente: bisogna continuamente espandere il proprio network e studiare costantemente il mercato e le sue dinamiche per essere sempre “sul pezzo”. 

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di operare su un mercato come quello a stelle e strisce?

I vantaggi sono certamente legati al fatto di operare in un mercato estremamente dinamico, capace di attrarre una platea di investitori internazionali e di offrire quindi notevoli e costanti opportunità di business. Questo crea ovviamente una competizione spietata dove i margini di errore sono ridotti al minimo. 

Che tipo di clientela ha? 

La mia clientela di riferimento è composta sia da investitori istituzionali che individuali, prevalentemente italiani. Molti imprenditori, manager d’azienda ma anche attori e atleti professionisti con i quali nel corso degli anni abbiamo instaurato un rapporto professionale e personale di alto livello. Quasi tutti tendono a prediligere investimenti a lungo termine, con rivalutazioni consistenti e rendite garantite. D’altronde a New York il mercato immobiliare è talmente dinamico che difficilmente un immobile resta sfitto per più di qualche settimana. 

Quali sono gli affari più grandi che ha concluso? 

Qualche mese fa ho concluso la compravendita di un pacchetto di 21 unità residenziali in un palazzo storico di Downtown Manhattan, tra Battery Park e il Financial District, per circa 14 milioni di dollari. È stata senza dubbio una delle negoziazioni più complesse della mia carriera dato che alcune di queste unit presentavano delle criticità strutturali importanti, il che ha reso la ricerca di un compratore ancora più ostica. Sono però riuscito a convincere un fondo americano a rilevare tutte le unit in blocco. Una bella soddisfazione, a maggior ragione considerando che stiamo oggi operando in un mercato che attraversa una fase recessiva importante. Un’altra transazione che mi ha dato molta soddisfazione è stata la vendita di un grosso loft a Nolita dopo averne seguito per intero la ristrutturazione: un’operazione che ci ha consentito di generare una plusvalenza notevole rispetto al prezzo di acquisto. 

Dove si dovrebbe investire ora a New York?

Premesso che nel contesto di mercato odierno c’è la possibilità di concludere affari interessanti quasi ovunque, le aree principali su cui puntare sono tre: a Manhattan, il Financial District, che ha ormai abbandonato la tradizionale connotazione “finanziaria”, per diventare invece molto più residenziale. In Queens invece, l’area cui guardare con grandissima attenzione è Long Island City, soprattutto dopo la scelta di Amazon di portarvi il proprio secondo global headquarter. Già nel 2017 l’area era stata definita “the Country’s Fastest-Growing Neighborhood” ovvero il quartiere che cresce più rapidamente negli Usa. Infine un altro quartiere a cui guardare con interesse è Williamsburg a Brooklyn, che dopo i fasti degli ultimi 10 anni, oggi va invece incontro ad un’inversione di tendenza a livello di prezzi, causata soprattutto dalla temporanea interruzione della linea L della metro che durerà circa un paio d’anni per consentirne l’ammodernamento. Ho pochi dubbi che alla riapertura della L, il quartiere conoscerà una nuova “primavera” e i prezzi riprenderanno a salire. Per investimenti decisamente più speculativi, con un orizzonte temporale necessariamente più ampio, l’area su cui puntare è oggi quella di South Bronx. 

Il suo campo offre possibilità di lavoro per altri italiani che lo vorrebbero fare? O come pensa evolverà questo settore? 

Questo è un tema piuttosto delicato, che si inserisce nell’attualissimo dibattito, qui negli Usa, sull’immigrazione. Oggi infatti ottenere un visto di lavoro è ancora più difficile di prima. Inoltre l’area di mercato in cui mi sono specializzato, quello appunto degli investitori italiani, è una nicchia piuttosto satura che offre pochi spazi per chi volesse partire da zero. Credo che l’evoluzione del settore sarà dettata dall’impatto delle nuove tecnologie, in particolare l’Intelligenza Artificiale. Sarà infatti interessante vedere fino a che livello la figura del consulente potrà essere sostituita. Per il momento resto convinto che in determinate dinamiche di business, nulla batta il rapporto umano diretto. 

Pensa mai di tornare in Italia? 

Di sicuro so che non passerò il resto della mia vita a New York. L’Italia è un paese meraviglioso ma non offre ancora un contesto di business premiante. Fare business in Italia è difficile e frustrante. In un futuro non troppo lontano mi piacerebbe magari mettere a disposizione la mia esperienza all’estero, e quanto appreso in questi anni a New York, per provare a cambiare quello che in Italia non va. 

Quando non lavora, cosa le piace fare?

Il tempo libero mi piace passarlo in famiglia, possibilmente in viaggio con mia moglie (la modella Shelby Coleman, n.d.r.) e mio figlio, che oggi ha tre anni.  

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