Camion robot a guida autonoma
Forbes Italia

A che punto è davvero l’industria dei camion a idrogeno?

Camion robot a guida autonoma
(shutterstock.com)

Dopo anni di promesse non mantenute, i veicoli a idrogeno potrebbero finalmente arrivare sulle nostre strade. Se così sarà, a fare da apristrada non saranno bizzarre autovetture futuristiche bensì più sobri – seppur tecnologicamente avanzatissimi – camion con semirimorchio puliti.

Sono decenni che sentiamo parlare di mobilità elettrica a fuel cell, vale a dire il sistema che utilizza l’idrogeno per produrre direttamente corrente elettrica con un’efficienza e una capacità molto superiori alle tradizionali batterie, oltre che a zero emissioni e dunque una possibile risposta alle preoccupazioni per i combustibili fossili e il cambiamento climatico: le celle a combustibile che combinano idrogeno e ossigeno, infatti, emettono soltanto vapore acqueo. Tuttavia, le sfide economiche e pratiche di questo segmento sono ancora molto difficili da superare – tranne, forse, per le flotte di camion commerciali.

Come le case automobilistiche, i produttori di camion sono sotto pressione da parte dei legislatori di tutto l’Occidente per ridurre le emissioni di carbonio. Tesla sta sviluppando un semirimorchio elettrico, ma la maggior parte dei produttori dice che i camion elettrici hanno senso solo per i percorsi più brevi. Attaccare una batteria ingombrante sotto un camion a lungo raggio è impraticabile se occupa spazio che altrimenti potrebbe essere utilizzato per un carico che produce reddito. Così, diversi diversi produttori di autocarri pesanti hanno annunciato in questi giorni stanno optando grandi autoarticolati alimentati a idrogeno, che rispetto ai veicoli elettrici a batteria ha il vantaggio di poter essere ricaricati in meno di 10 minuti, contro i 30 minuti o più ore per i veicoli elettrici, a seconda della fonte di energia.

Il gruppo Hyundai ha consegnato i suoi primi camion a celle a combustibile ai clienti in Europa, e ha detto che l’anno prossimo inizierà a venderli negli Stati Uniti e in Cina. Nel frattempo, per sperimentare sul campo le potenzialità di una rete di trasporto basata sull’uso dell’idrogeno è stata avviata in Svizzera la collaborazione fra Hyundai Hydrogen Mobility AG (Hhh) e Auto AG Truck  con la consegna dei primi sette esemplari (entro l’anno saranno 50) del modello Xcient (un semirimorchio da 36 tonnellate) che entreranno in attività lungo direttrici attrezzate con sistemi di rifornimento di idrogeno. Toyota e la sua filiale Hino hanno detto che il loro primo camion a celle a combustibile arriverà in Nord America nella prima metà del 2021. Hyzon Motors, con l’aiuto di un investimento annunciato oggi dal colosso francese dell’energia Total, prevede di consegnare circa 5 mila camion a celle a combustibile e autobus nei prossimi tre anni.

È importante ricordare che alcuni dei big dell’auto di cui sopra si erano già cimentati nella commercializzazione di auto – e non di camion – a celle a idrogeno nel corso degli anni, con scarso successo. Nel 2019, quando ancora la crisi economica del coronavirus era di là da venire, ne hanno vendute solo 7.500 in tutto il mondo, di cui solo 2.089 negli Stati Uniti. Il più grande ostacolo all’espansione di questo settore? A parte il costo della tecnologia, è trovare un posto dove fare il pieno. Oggi negli Stati Uniti ci sono circa 115 mila stazioni di servizio, ma di queste solo 42 sono stazioni pubbliche di idrogeno, di cui 41 in California. I camion commerciali, invece, non hanno bisogno di una grande rete di stazioni di rifornimento di idrogeno, soprattutto se operano su rotte prestabilite. Un’intera flotta di camion può essere rifornita presso un terminale designato. Gli operatori di lungo raggio potrebbero costruire una serie di depositi di rifornimento di idrogeno, a 600 o 700 chilometri di distanza l’uno dall’altro, lungo rotte molto trafficate.

Nikola, la società statunitense specializzata in EV che per un certo periodo fu celebrata come la “nuova Testa”, spera di produrre idrogeno da fonti rinnovabili in loco presso le sue stazioni di rifornimento elettriche. Ma deve prima risolvere un problema più importante: rifarsi una reputazione. L’azienda di camion a zero emissioni – che fin dal nome, Nikola da Nikola Tesla, il geniale inventore di motori elettrici, sembrava voler fare concorrenza al colosso di Elon Musk – è crollata in Borsa a metà settembre una volta emerso che non aveva una tecnologia propria, ma comprava da fornitori esterni componenti che sosteneva di produrre in casa. Le cose sono andate pure peggio quando si è scoperto che un veicolo che si sosteneva fosse pronto per la strada era in realtà del tutto statico.

Scoperto il bluff, l’ambizioso presidente esecutivo e fondatore di Nikola, Trevor Milton, si è dimesso. Così ora tocca all’ex Gm Stephen Girsky convincere gli investitori sulla bontà del progetto. Ma molto dell’hype del pre-Covid sarà ridimensionato: ancora a giugno la startup dell’Arizona parlava di un nuovo pickup, il Nikola Badger, in grado di erogare nella versione a idrogeno fino a 906 cavalli e ben 1.328 newton metri di coppia massima. Parlando al Financial Times, l’a.d. Mark Russell ha già parlato del Badger al passato, dicendo che l’azienda si sarebbe concentrata sul suo piano di business plan e sui semirimorchi commercial. Tuttavia, come emerge dai report degli investitori, non erano stati i camion a far aumentare la capitalizzazione di Nikola all’inizio del 2020 al punto da superare Ford – bensì il quel super pickup destinato al mercato di massa.

Fare promesse eccentriche, spesso senza mantenerle poi, non ha impedito a Tesla di raggiungere una valutazione di quasi 400 miliardi di dollari a Wall Street. Tuttavia, c’è anche un problema più ampio che riguarda i mercati. Un gran numero di startup di veicoli elettrici e produzione di batterie si stanno preparando a quotarsi in borsa senza aver ancora realizzato un dollaro di entrate. Gli azionisti sono chiamati ad essere molto più lungimiranti (e prudenti) del solito. E questo varrà anche per il settore dell’idrogeno.

I funzionari della Hyundai fanno sapere che non hanno rinunciato alle auto a celle a combustibile e che l’ecosistema dell’idrogeno che stanno sviluppando per i camion finirà per abbassare i costi e rendere fattibili anche le auto alimentate a idrogeno. Ma attenzione: la tecnologia delle batterie, nel frattempo, sta facendo un balzo in avanti, rendendo le auto elettriche più economiche e più attraenti per i consumatori. La domanda in rapida crescita potrebbe bloccare le catene di fornitura delle batterie nel giro di pochi anni, avverte parlando con Axios l’analista della mobilità Sam Abuelsamid di Guidehouse Insights. In definitiva, spiega Abuelsamid: “Non credo che abbiamo necessariamente una soluzione unica. Potremmo assolutamente avere sia veicoli a idrogeno che elettrici a batteria”.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .