Dji droni
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Dji come Huawei: il primo produttore di droni al mondo finisce nella lista nera degli Stati Uniti. Ed è costretto a tagliare

Già nel 2009 il mercato dei droni era abbastanza appetibile da indurre l’allora direttore dell’edizione statunitense di Wired, Chris Anderson, a fondare la società 3D Robotics, che secondo Forbes era “la più promettente azienda di droni non militari”.

Ma c’è un grosso problema, in questo mercato valutato 4,2 miliardi di dollari dal dipartimento della Difesa americano: la leadership non appartiene agli Stati Uniti, ma è totalmente cinese, con la società Dji del miliardario Frank Wang, (Forbes stima il suo patrimonio in 4,8 miliardi di dollari), che occupa il 90% del mercato consumer e il 70% di quello industriale. Con una capacità impressionante di bilanciare qualità e prezzo, Dji ha praticamente messo fuori mercato la stragrande maggioranza dei concorrenti, compresa la californiana GoPro di Nick Woodman, il cui drone Karma Light ha registrato vendite deludenti.

A dicembre, però, Dji è entrata nella “Entity list” del dipartimento del Commercio americano. Tra le accuse c’è quella di “sorveglianza high-tech”. Dji rischia così di avviarsi verso un destino analogo a quello di Huawei, con una progressiva ritirata forzata dal mercato Usa. Il diktat governativo impedisce infatti a società cinesi come Huawei, Zte e ByteDance di acquistare o utilizzare componenti di aziende Usa.

La fuga di cervelli

Romeo Durscher, capo della sicurezza pubblica di Dji ed ex project manager della Nasa, ha lasciato l’azienda dopo l’annuncio delle restrizioni. Anche perché il suo impegno principale – fornire tecnologia per droni alle agenzie e ai dipartimenti governativi non militari – era stato praticamente annullato. Insieme ad altri colleghi, tra cui l’ex direttrice dello sviluppo, Cynthia Huang, è passato alla società svizzera Auterion, diretto concorrente di Dji.

Intervistato da Reuters, Durscher ha confessato di aver lasciato l’azienda in cui lavorava dal 2014 perché “scoraggiato dai tagli al personale e dalle lotte di potere sempre più aspre tra i manager localizzati negli Usa e il quartier generale cinese”.

Nella sede di Palo Alto è stato smembrato anche il reparto di ricerca e sviluppo, composto da circa dieci persone, fondamentale per adeguare il software dei droni alle esigenze del mercato consumer e industriale. Circa 70 persone degli uffici di Palo Alto, Burbank e New York hanno lasciato l’azienda lo scorso anno.

Frank Wang la vede però in modo diverso: giustifica i tagli al personale come “necessari per l’evoluzione dell’azienda”. Wang ha sempre smentito tutte le voci sulle difficoltà attraversate da Dji.

Le concorrenti di Dji 

Adesso che il gigante è azzoppato, la concorrenza affila le armi. Se l’azienda cinese si ridimensiona, è lecito pensare che la sua quota di mercato possa ridursi in modo sensibile. Intanto, le città in lockdown stanno ispirando soluzioni di mobilità che possono avere i droni come protagonisti.

Oltre alla citata Auterion, c’è anche la francese Parrot Inc America, il cui ceo, Chris Roberts, si mostra ottimista dopo il corposo contratto firmato come fornitore del dipartimento della Difesa. Il Pentagono commissiona infatti a Parrot servizi di emergenza e quelli dedicati alle agenzie di sicurezza. Tra i prodotti di punta c’è il drone Anafi, con visione notturna infrarossi per la sorveglianza e uno zoom 32x per controllo ravvicinati. 

In America, una delle società leader è Skydio, che sul suo sito dice a chiare lettere che “tutti i componenti hardware e software dei nostri prodotti sono studiati, sviluppati e prodotti negli Stati Uniti, anche se ci possiamo avvalere di fornitori esterni di comprovata capacità e livelli di sicurezza”. 

“Dji è stata abile nel costruire un ottimo hardware con design all’avanguardia, ma non è solo questo che il mercato ci chiede”, ha dichiarato il ceo di Skydio, Adam Bry. “A livello di software, Dji non ha raggiunto il livello di sofisticazione e precisione necessari. Soprattutto, con i nostri droni non ci saranno mai problemi sulla sicurezza dei dati”.

Dalla società di Chris Anderson, 3D Robotics, alla israeliana Flytrex, passando per le decine di startup che sviluppano droni nei garage, la sensazione è che il mercato sia uno dei più promettenti del momento.

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