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Le ragioni di chi frena sull’auto elettrica

Sergio Marchionne, ceo di Fiat Chrysler Automobiles

Avanti così, senza strappi. Fiat Chrysler si avvia, come già annunciato, a procedere entro giugno allo spin-off dei componenti, Magneti Marelli in testa, arricchita dai robot di Comau. Una quotazione da cui Sergio Marchionne ritiene di poter ricavare 5-6 miliardi, decisivi per raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento dei debiti. Piazza Affari ne prende atto, con prudenza. Il titolo, iniziata la settimana in ribasso, oscilla in su e in giù: prima in rosso, poi su di un punto e di nuovo giù in tarda mattinata.

I mercati, passata la febbre dell’estate scorsa in vista di possibili novità del gruppo, hanno spostato il loro interesse verso altri big del settore, in attesa che prenda corpo the “next big thing”, cioè le novità tecnologiche e le alleanze dentro e fuori il mondo a quattro ruote che promettono di sconvolgere gli equilibri del settore.  Un trend che non ha almeno all’apparenza Fca tra i players principali. Come ha lasciato intendere lo scetticismo di Sergio Marchionne per l’auto elettrica. Anche  venerdì, all’apertura di AutoMobility, come è stato ribattezzato il salone dell’auto di Los Angeles per sottolineare l’attenzione per la mobilità del futuro (auto a guida autonoma, propulsori ad idrogeno, ovviamente tanta auto elettrica), Fiat Chrysler andrà controcorrente: nello stand del gruppo guidato da Marchionne la novità sarà rappresentata dal restyling della Jeep Wrangler la cui forma riecheggia nello stile la sagoma del modello usato dall’esercito americano nella seconda guerra mondiale. Anche così il gruppo rivela il suo scetticismo per la “fuga in avanti” dei concorrenti che a Los Angeles presenteranno le ultime novità in materia di auto elettrica: Bmw, ad esempio, farà sfilare la 5 litri Sedan oltre alla già nota versione elettrica della i8. Sfilerà anche la prima Range Rover elettrica, per non parlare degli sforzi di Volkswagen per lanciare la sua ultima missione: 40 modelli elettrici entro il 2020.

Ma anche in California, nel mercato più sofisticato e più sensibile alle tematiche ambientali, anche per la presenza delle norme antinquinamento più severe del pianeta, al centro dei favori della domanda, secondo le previsioni degli analisti, ci saranno soprattutto i Suv, potenti e affamati di benzina, come la Subaru Ascent. Avanti verso il nuovo, dunque. Ma con prudenza e senza illudersi che la svolta sia dietro l’angolo.

Del resto, stamane il Nikkei Times riporta la cautela del presidente di Toyota, Takeshi Uchiyamada, sulle prospettive dell’auto elettrica. Se questo tipo di motori si svilupperà troppo in fretta, è il monito, nessuno a casa, nemmeno Toyota, riuscirà a fare profitti.

“L’auto elettrica – dichiara il top manager- richiede batterie con una capacità cinque volte superiori alle vetture ibride. La Prius Plug-in ha ridotto questa richiesta a tre volte, ma è stato molto difficile sostenere il costo dell’innovazione”. Perciò vanno riviste al ribasso le previsioni per cui il 30% delle auto in circolazione nel 2030 saranno elettriche. “E’ troppo presto – è la risposta – Toyota vende 9 milioni di auto l’anno, di cui il 15%, ovvero 1,4 milioni di pezzi, sono ibride. Per arrivare a questo risultato ci sono voluti 20 anni. L’obiettivo del 30% di auto elettriche nel 2030 è semplicemente impossibile”. A meno che regolamenti e leggi, tipo quelle introdotte dalla Cina, non forzino la situazione.” Può darsi, ma una crescita dei mercati in ordine sparso creerà solo confusione e renderà i consumatori infelici”.

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