La T-Mobile Arena di Las Vegas.

Articolo tratto dal primo numero di ForbesITALIA, in edicola il 24 ottobre. Scopri l’ultimo numero.

La forza dell’Italia è ancora negli imprenditori di prima generazione che non si lasciano abbattere dalle difficoltà. E devono avere due caratteristiche, che nella teoria dell’impresa sono storicamente quasi antagoniste. Da una parte l’idea “macro” dell’economista austriaco Schumpeter, secondo la quale il vero imprenditore è quello capace di concepire, coltivare e realizzare un’idea – un prodotto, un servizio, un modello organizzativo o gestionale – volto a rompere l’equilibrio del mercato, e ad avviare una distruzione creatrice. Dall’altra quella “micro” dell’economista Israel Kirzner, secondo la quale invece credere che ogni ottimo imprenditore infranga gli equilibri è un’illusione, perché in ogni caso deve essere prima di tutto capace di allocare e arbitraggiare al meglio rispetto ai suoi concorrenti ogni singolo centesimo del costo del lavoro, del capitale, degli intangibles, della distribuzione e della logistica: insomma di tutti i fattori della produzione, interni ed esterni al proprio perimetro.

L’Italia è bancocentrica per la provvista di capitali di debito e investimento, e ancora troppo frenata da economie di relazione invece che di merito. Senza Kirzner non puoi neanche provarci, a fare quel che diceva Schumpeter. Ed è declinando magari senza neanche saperlo questi dettami, che da noi continuano dal basso ad affermarsi imprenditori di successo che non avevano dietro né famiglie, né capitali. Uno di loro è per esempio Remo Ricci, bolognese ed emiliano dai piedi ai capelli, classe 1963. Perito informatico, poi un anno di formazione post diploma all’Istituto Ifoa, e dopo diversi stage aziendali alla Sda-Bocconi prestissimo al lavoro come venditore di componenti elettronici in aziende italiane ed estere, su su negli anni fino a diventare sales & marketing director.

Nel tempo, Ricci matura due idee. La prima è che vendere gli ha consentito di conoscere bene il settore, i prodotti e i servizi connessi, ma dal commerciale vuol passare alla produzione. La seconda è che vuole cimentarsi in un settore che richiede dosi massicce di ricerca e sviluppo. Quindi serve un’impresa adeguata. Nel 2008, Ricci entra come ad in un’azienda a compagine ristretta, attiva nel settore del broadcasting e ripetitori per la telefonia mobile. Una quarantina di dipendenti, marginalità negativa, capitali ristretti  per investire e trovare spazio nel mondo globale della telefonia cellulare, dove l’azionista di riferimento, MetaSystem (RE) con coraggio e generosità vuole entrare. Entro poco tempo, dal 2010 la chiave per perseguire la missione diventa un’altra: ci vuole sempre un’azienda, ma di forza e maggiore presenza sui mercati. Ergo Ricci avvia un’attività di scouting ambiziosa, worldwide.

Attenzione, dietro la ricerca non c’è una grande o piccola banca d’affari, non ci sono le piattaforme pubbliche a sostegno della proiezione internazionale delle imprese italiane. C’è lui, che insieme al cto Massimo Notargiacomo, seleziona ipotesi, viaggia, bussa alle porte, incontra. Alla fine, tra i cinque compratori potenziali che hanno manifestato interesse e superato lo screening, viene scelto il partner che si reputa più giusto per lo sviluppo aziendale. Così, nel marzo 2013 la capogruppo Metasystem vende, e lui resta alla testa di Teko Telecom che entra nel perimetro dell’americana Jma. All’origine, un patto chiaro e un rapporto personale diventato fortissimo con John Mezzalingua, nipote dell’omonimo fondatore di Ppc nel 1942, evolutasi nel tempo da fornitrice in grandi volumi di componentistica per gli apparecchi televisivi, poi al servizio dei giganti della connettività della cable tv che in Italia è mancata per via del monopolio Rai, e poi ancora nella connettività wireless. E di cui il Mezzalingua nipote nel 2012 ha mantenuto la divisione connettori vendendo quella broadband, e mettendosi subito alla ricerca anch’egli di come far crescere la Jma, che sta appunto per John Mezzalingua Associates. Perché è proprio quello, il segmento dove l’azienda deve assolutamente procedere, per compiere un balzo in avanti nell’offerta del potenziamento della banda disponibile laddove si concentrano picchi di domanda. Per decenni le telcos hanno dovuto dipendere dai giganti internazionali dell’hardware, con immobilizzi elevatissimi nella struttura di costo di esercizio delle compagnie, e cicli di ammortamento tanto lunghi vista l’onerosità degli apparati da farle restare indietro, rispetto alle accelerazioni della banda richiesta e delle tecnologie. In Italia ne sappiamo qualcosa: se uniamo in un unico indicatore l’ampiezza di banda media disponibile, le skill digitali dei residenti e il peso del business digitale, dalle transazioni meramente finanziarie all’e-commerce, siamo terzultimi in Europa.

La nuova arena del Tottenham.

L’azienda batte quindi una via diversa: la copertura dei picchi di domanda si può ormai realizzare con sistemi multibanda e multioperatore, per migliorare e potenziare la connessione cellulare voce e dati. È questa la soluzione da offrire a chi deve gestire stadi che ospitano decine di migliaia di spettatori che vogliono guardare la partita e al contempo vedere filmati sugli smartphone, grattacieli in cui da un certo piano in su la copertura ordinaria della cella telco viene meno, spazi aperti ad alta densità urbana, macro-infrastrutture fieristiche e centri commerciali, grandi stazioni e aeroporti, linee ferroviarie Av ai cui passeggeri garantire ampia e veloce connettività.

Oggi l’azienda occupa 184 collaboratori, di cui 24 negli Usa: età media 36 anni, il 65% dotato di laurea specialistica con 110 e lode, il 15% con successivo dottorato di ricerca. E i risultati iniziano a diventare immediatamente concreti. L’allineamento tra i siti di ricerca e produttivi di Castel Bolognese, Baltimora e Syracuse negli Usa porta a vincere le gare per la superconnettività mobile in impianti come il Vikings Stadium in Minnesota dove si giocherà la finale del Super Bowl 2018, impianti coperti come la T-Arena a Las Vegas e il Golden 1 Center a Sacramento in California, il circuito di Indianapolis, il King Fahd International Stadium a Riyad, il nuovo stadio del Tottenham in costruzione, San Siro e l’Allianz Stadium della Juventus in Italia. A vincere la gara per la connettività della metro di Copenhagen, per la stazione dell’Alta velocità di Bologna e Roma Termini, e a candidarsi per la superconnettività 5G dei tunnel alta velocità per le Ferrovie.

Per affrontare le imminenti sfide tecnologiche, l’azienda è fortemente impegnata da alcuni anni in un’attivita di ricerca e sviluppo delle nuove piattaforme, a forte dominante software, progettate per sostenere e sviluppare il 5G , con tutti i nuovi servizi per gli utenti. Per tutto questo, il piano quadriennale 2016-2020 vede Ricci impegnato a realizzare un nuovo sito di ricerca e produttivo di 12mila metri quadrati, e a selezionare 260 nuovi dipendenti. Il criterio è sempre il solito: ingegneri elettronici, informatici e delle tlc, col massimo dei voti e meglio se dotati di dottorato di ricerca. Il piano è stato validato da John Mezzalingua in persona, che vede nello sviluppo aziendale in loco, un valore aggiunto per l’intera corporation. Questo riconoscimento motiva il team locale perché premia la competenza aziendale a tutti i livelli e il valore dell’educazione universitaria italiana, che si esprime giornalmente attraverso i neolaureati che arrivano in azienda, tanto che John non esclude un’esperienza diretta dei propri figli.

Ma l’Italia dunque non è una palla al piede, per gli innovatori? “Paghiamo quotidianamente” – risponde Ricci – “l’incoerenza pubblica tra bisogni dichiarati e azioni intraprese: il gap di innovazione accumulato dal sistema Italia va affrontato con incentivi strutturali e non con bonus a tempo. Inoltre il Jobs Act aggiunge una discriminazione tra i lavoratori e non risolve nessun problema di fondo, a partire dalla qualità e dall’efficienza della pubblica amministrazione. Ma ciò malgrado vorrei che i nostri figli restassero in Italia perché è la palestra più bella e impegnativa al mondo. Purtroppo non siamo bravi come altri Paesi a valorizzare le nostre qualità e capacità, ma ne abbiamo tantissime, a partire dalla creatività esplosiva, dalla passione e dalla velocità di pensiero”.

“Personalmente” – aggiunge Ricci – “ho imparato a preferire l’esecuzione della decisione alla cultura maniacale dei processi e, per esempio, le comunicazioni su intranet non devono mai superare i 5 destinatari. Questo semplice elemento di governance aziendale obbliga a incontrarsi e discutere, guardandosi in faccia in piena libertà, per poi passare all’esecuzione con disciplina e cura dei dettagli. Ciò ci dà un grande vantaggio competitivo verso quei gruppi che sono costruiti sul fanatismo di procedure piramidali, che sono automaticamente ostativi all’innovazione rapida, che è basata sulla peer review e non sulle catene gerarchiche, esattamente come avviene nella ricerca. È questa la nostra etica del lavoro. E a me piace sia considerata un plus di attrattività per i giovani che vogliono conoscerci e che invito a mandare i cv all’indirizzo [email protected]”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .