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La startup che porta il cielo in una stanza

CoeLux
CoeLux 45 HC, Nike Store, Milano.

Incontrare uno che ti dice “ho replicato il cielo ma solido, e l’ho brevettato”. E aggiunge, “ho brevettato il sole e la luna”. No, non è un matto. È un fisico italiano, che alla passione scientifica ha aggiunto l’amore per lo stupore. E, soprattutto, la capacità di vedere in questo il futuro di un’impresa straordinaria, in grado di scalare verticalmente volumi e redditività. L’impresa c’è, a 17 anni dalla prima intuizione è arrivata verso la fine dello sviluppo di tecnologie e prodotti. Ora la sua sfida è scalare il mercato, diventare un grande player: ma intanto ha un brand eccezionale, e un prodotto che, letteralmente, non è mai esistito.

La storia della CoeLux – pronunziare alla tedesca, niente “c” dolce e dittongo alla latina- è quella del suo visionario fondatore. Paolo di Trapani, 55 anni, per metà valtellinese e per metà siciliano, liceo classico a Sondrio e fisica all’Università di Pavia e al collegio Ghislieri. Una grande passione per l’outdoor e la montagna. E per il teatro, e anche in quel caso per le luci di scena. Da fisico teorico, una volta laureato, il dottorato da meccanica quantistica nel 1992 vira prestissimo all’Università dell’Insubria verso l’ottica non lineare ultraveloce, lo studio delle interazioni tra la materia e impulsi laser ultrabrevi.

Un giorno del 2001 un amico gli chiede una conferenza sulla luce a dei giovani allievi. Ed ecco. All’aeroporto di Amsterdam si imbatte in un libro che gli cambia la vita. Light and Colours in the Outdoor, autore un astronomo belga, Marcel Minnaert, che ha studiato il sole tutta la vita. Il libro lo incanta, racconta tutti i fenomeni che la luce produce in natura, a cominciare dalla striscia di luce che si crea al centro dell’ombra sovrapposta di due rami, a seconde della loro distanza e grandezza relativa. Fenomeni a cui il ricercatore dei laser non aveva mai fatto caso. Il libro lo indispettisce, anche. E parte una lunga campagna, macchina fotografica alla mano, per riprendere e riprodurre i fenomeni in laboratorio. Ebbene sì, le spiegazioni fisiche di Minnaert risultano impeccabili, i fenomeni riproducibili. Lo stupore di Di Trapani è l’inizio di una grande storia, coinvolgendo fin dal primo giorno i suoi studenti. “Aprendo una finestra non ero più cieco”, dice Di Trapani. “Ora vedevo la luce nella realtà come la vedono da secoli gli artisti. Solo che io non ci sono arrivato con l’arte, ma con la tecnologia”.

Dal 2001 al 2007 nascono da questa ricerca le prime installazioni per il pubblico sui fenomeni luminosi. Nel 2002 una piccola mostra a Como, nel 2003 e 2005 al Festival della scienza a Genova. Poi, la svolta. Nel 2007, a Vilnius, capitale lituana, dove è capitato per via dei contatti universitari vista la competenza ex sovietica di quel Paese nella ricerca sui laser. A Vilnius riesce a ottenere 1500 metri quadri di una stazione ferroviaria e 100 mila euro. Sette ambienti in cui la luce è quella naturale dei boschi, temporali, tramonti, foschie, con musica a palla e Dante, Leopardi, Troisi. La ricostruzione di come essi avevano percepito la luce. Non era teatro sulla fisica, ma l’uso della fisica per realizzare esperienze sensoriali. La fisica spiega, ma l’esperienza sensoriale “fissa” la sensazione attraverso l’esperienza sensoriale e del ricordo. Ne verrà fuori un successo clamoroso, in due settimane in piccoli gruppi oltre 20mila visitatori a pagamento.

Paolo Di Trapani
Paolo Di Trapani, ceo di CoeLux.

Da quel successo, l’idea. “La mission dell’Università è ricercare e trasmettere conoscenza, ma quella esperienza restituì immediatamente la possibilità della traduzione in un business, in un’impresa”, dice Di Trapani. Da allora anni di sviluppo, tanta ricerca, un centinaio di brevetti realizzati attraverso una catena di laboratori e fornitori in mezza Europa. Perché alla replicabilità delle caratteristiche fisiche della luce solare diversa nel ciclo giornaliero va aggiunta la disomogeneità dell’atmosfera. Di qui il brevetto del “cielo solido”, cioè materiali semplici e poco costosi – plastica, vetro – nei quali vi è però una distribuzione random di nanoparticelle a seconda degli effetti ricercati. Di qui la necessità di brevettare sole, luna e stelle, cioè sistemi a led con emissione ed effetti uguali alla luce di quei corpi celesti che percepiamo attraverso l’atmosfera. Di qui ancora la necessità di ottiche che ci diano l’esatta sensazione della distanza e delle ombre, che sono colorate e non solo nere e grigie come sotto luce d’interni standard.

Tutto questo è stato fatto, in questi anni. E ora fioccano le prime installazioni. All’Humanitas, a Milano, usano un impianto riservato ai pazienti oncologici gravi, sottoposti a irradiazione in un ambiente chiuso che oggi è invece naturalmente illuminato da luce solare. Ma ogni appartamento, aereo, autoveicolo potrà avere un dispositivo analogo. Con soluzioni ad hoc per il residenziale, gli immobili corporate, le superfici commerciali.

Con quali capitali in questi anni il progetto è andato avanti? “Innanzitutto dall’Università dell’Insubria, grazie alla kungimiranza del suo allora rettore. Poi una decina di milioni dai fondi europei, i primi 500mia euro nel 2006. Coi fondi europei si possono avviare aziende vere. Nella prima call di Horizon 2020 prendemmo 2,2 milioni, il resto d’Italia meno di 4. Con le banche è stato più complesso. Un professore universitario viene visto dal finanziatore italiano come l’esatto contrario di un imprenditore cui far credito. Ma ora sono banche internazionali e asiatiche, a cercarci. All’inizio è stato difficile anche il recruitment, perché in Italia non è così facile che persone di elevato capitale umano accettino di scommettere tutto sul fattoi che il valore dell’azienda diventerà trenta volte superiore in pochi anni.

“Oggi”, continua Di Trapani, “la sfida per noi è scalare volumi e valore: nel mondo del lighting, che fattura 80 miliardi, non metti in piedi una catena di fornitori e clienti d’eccellenza se non viaggi sul milione di pezzi l’anno. Ma noi abbiamo un prodotto che non ha nessuno, e che attira grandi player dell’immobiliare insieme grandi corporations. Perché il nostro brand è il cielo, e oggi lavoriamo a un progetto per portarlo anche nello spazio, il cielo e l’atmosfera terrestre non ci sono. La nostra sfida oggi è realizzare un network con gruppi che vogliano condividere la nostra certezza: portare questa grande realizzazione dello stupore e del know how italiano nel mondo. Nel nostro caso il gesto tecnologico invera autocoscienza umana. Riproducendo l’outdoor in ambienti chiusi noi non offriamo surreale ma super-reale, come ha detto un mio studente. La possibilità di realizzare in ogni spazio un universo”.

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