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I vaccini possono anche contrastare la povertà, dice Harvard

Bambini in coda per l’immunizzazione anti-polio in Indonesia, 2005.

Uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Health Affairs – definita a suo tempo dal Washington Post “la Bibbia della politica sanitaria” – e realizzato dall’Università di Harvard ha scoperto che i vaccini potrebbero avere una doppia ricaduta positiva sulle popolazioni dei Paesi sottosviluppati e in via di sviluppo: non solo ridurrebbero il numero di morti, ma permetterebbero a milioni di persone di sfuggire alla povertà.

Servendosi di un modello matematico, i ricercatori di Harvard hanno trovato che, con investimenti adatti a distribuire 10 vaccinazioni in 41 di questi Stati, nel quindicennio 2016-2030 il numero di morti evitate potrebbe raggiungere i 36 milioni di persone. E non soltanto: altre 24 milioni di persone eviterebbero di dovere far fronte a spese addizionali per le cure sanitarie, e finendo di conseguenza sotto la soglia di povertà stabilità dalla Banca Mondiale (1 dollaro e 90 centesimi al giorno).

Nei Paesi dove il reddito medio è più basso, coloro che non hanno accesso a un sistema sanitario funzionante o ad assicurazioni finiscono spesso per indebitarsi per le cure. Secondo la ricerca, le famiglie più povere sarebbero quelle che otterrebbero più vantaggi dalla copertura vaccinale, trovandosi in una posizione di partenza socialmente più vulnerabile. “I politici dovrebbero conoscere il forte impatto distributivo, tanto sanitario quanto economico, che i vaccini potrebbero avere, e dovrebbero guardare alle politiche di vaccinazione come a canali potenzialmente importanti nella lotta alla disuguaglianza sanitaria”, recita l’abstract dello studio, realizzato con alcuni partner (tra gli altri Gavi, The Vaccine Alliance, un gruppo che ha come obiettivo il facilitare l’accesso ai vaccini su scala internazionale).

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