Staff Amazon in un centro logistico a Swansea in Galles.

L’innovazione digitale non è un valore in sé: lo è nella misura in cui produce crescita per un’impresa, per una comunità, per un territorio. E, in un Paese dove il tessuto sociale e l’occupazione sono fondate sulle Pmi, lo è nella misura in cui produce sviluppo per questo tipo di imprese.

Osserviamo come si sono aperte a nuovi mercati grazie all’uso di Instagram e dei social media alcune piccole e medie aziende. Parliamo di Pmi molto diverse fra loro come Molino Pasini (settore alimentare), Bartolucci (negozi di giocattoli artigianali), la concessionaria d’auto Brandini (guardatene il canale YouTube) e Bremawood (design in legno). Avvertiamo come al centro di qualunque strategia di comunicazione digitale deve esserci qualcosa di più dell’e-commerce, qualcosa che potremmo definire r-commerce, dove “r” sta per:

– “relazione” che i social media alimentano e, nella misura in cui vi sia capacità di ascolto, consolidano;

– “referenze”, a partire dal riconoscimento che il passaparola è sempre stato una leva di business essenziale per l’impresa, e che la presenza in rete, in particolare sui social media, può dare un’ulteriore mano a generare condivisione e ricordo;

– “recensioni”, ovvero quella condivisione di opinioni da parte dei clienti che, si sa, è il veicolo della migliore pubblicità che si possa avere;

– “reputazione” che, frutto della storicità di un marchio, deve essere oggetto di una attenta proiezione online grazie al racconto della tradizione e della storia di un’impresa;

–“riacquisto”, il risultato di un ricordo che, grazie all’uso del digitale può essere una tecnica a disposizione di tutti.

L’opportunità della presenza in rete non si esaurisce infatti nella vendita online, perché sono cambiate le aspettative dei clienti: la valorizzazione dei prodotti o dei servizi dell’azienda serve a mettere in luce le competenze sviluppate e il perimetro d’azione. Tale presenza, organizzata in modo efficiente e differenziante, deve pertanto essere funzionale a farsi trovare da potenziali clienti, soprattutto da coloro che fino a qualche tempo fa risultavano non facilmente raggiungibili per ragioni geografiche o legate ad investimenti pubblicitari.

Nella mia vita di formatore professionista, attivo a livello nazionale, ho potuto osservare casi straordinari, ma anche individuare i freni che rendono complesso attivare processi concreti di adozione del digitale. In qualche caso ho potuto apprezzare quanto aziende alle prese con le sfide del proprio settore di origine – nel passato, l’edilizia o l’arredamento – scartino di lato ed utilizzino le opportunità offerte dalla rete per trasformare il proprio modello di business: è il caso di Berto Salotti, che da tappezzeria di provincia diventa un protagonista del made in Italy, ai Sabbiarelli, la cui storia racconta un passaggio generazionale di successo. Originariamente operante nella lavorazione del marmo, la famiglia di Alberto Ferrari scopre che la polvere di scarto è brillante, atossica e si presta a diventare sabbia colorata, adatta a colorare album e a rappresentare un gioco per i bambini, intercettando le possibilità del commercio elettronico.

Oggi solo il 26% delle aziende vendono online, e l’ascesa dei marketplace offre crescenti possibilità di avvicinarsi al canale digitale senza investire sul piano tecnologico e della comunicazione, su una propria piattaforma online. Nondimeno l’e-commerce presenta delle caratteristiche che rendono difficile potersi avvalere al meglio dei suoi vantaggi:

– la relazione diretta con il consumatore finale richiede di attrezzarsi sul piano della logistica e del customer care, operazione organizzativamente complessa a cui oggi rispondono nuovi strumenti e nuovi operatori (ad esempio Fba di Amazon, i nuovi servizi  offerti dagli spedizionieri, i modelli di dropshipping);

– l’artigianato e le produzioni a forte personalizzazione scontano la difficoltà a cogliere appieno il valore della vendita online, pur in presenza di tecnologie che oggi accrescono sia l’elemento narrativo che l’elemento tecnologico di “mass customisation”.

Proprio per questo motivo, il modello del “r-commerce” rappresenta una strada per incamminarsi, pur senza vendere online, verso un più sostenibile sentiero di digital transformation. I clienti di ieri hanno fondato il modello di business su cui oggi si basano le nostre imprese, ma per ingaggiare e coinvolgere i clienti di domani occorre trasformare tale modello di business in senso digitale.

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