Barcolla Amazon, sotto le bordate in arrivo da Donald Trump deciso a usare le armi del fisco, dell’antitrust e altre ancora contro il colosso dell’e-commerce, l’incubo dei commercianti (buoni elettori del presidente). Ma la creatura di Jeff Bezos ieri è rimasta in piedi, risalendo di circa l’1% dopo il salasso di mercoledì (-4,4 per cento). Hanno rialzato la testa gli altri Fang (Facebook, Alphabet, Netflix e Google), dopo una settimana di passione che, però, non ha messo al tappeto i campioni dei social media e dell’economia digitale. È rimbalzata perfino Tesla, sotto tiro dopo aver ammesso di non essere in grado di fornire spiegazioni sull’incidente mortale di venerdì scorso, nel quale è morto il conducente del Model X andata a fuoco dopo una collisione.

I danni, a questo punto, sembrano limitati. A New York l’indice Nyse Fang ha registrato a marzo un calo dell’8%, ma vanta ancora un guadagno dell’8,4% da inizio anno. La perdita più pesante del mese l’ha subita Facebook (sotto a marzo dell’11%) davanti ad Alphabet (la capogruppo di Google) sotto del 6,8% e ad Apple (meno 5%). Netflix, nonostante i recenti rovesci, accusa un calo mensile solo del 2,8%, ma conserva un guadagno da inizio anno di poco superiore al 50 per cento. Insomma, tanto rumore per nulla. O forse no, perché i problemi sollevati dal furto di identità di 50 milioni di utenti di Facebook restano aperti. E non sarà facile far fronte alle conseguenze politiche dello scandalo. O neutralizzare l’effetto delle norme restrittive che si profilano per i social network, oltre al danno di immagine che sta frenando gli inserzionisti pubblicitari. Torna, insomma, a far capolino il solito dibattito: sta per scoppiare la temuta bolla oppure il tonfo di questi giorni è una buona occasione per risalire sul carro?  Può tornar utile, per tentare una risposta, esaminare più da vicino lo stato di salute del settore.

  • I Fang dal punto di vista dei prezzi di Borsa si possono dividere in due schiere: da una parte ci sono i titoli che riflettono i profitti e la crescita in atto. Tra questi figurano senz’altro Facebook, Google, Apple e Microsoft. Al contrario Amazon, Netflix e Tesla hanno quotazioni ben superiori al loro attuale giro d’affari e di profitti. La loro valutazione è una scommessa su una crescita esponenziale in futuro.
  • Due titoli in particolare, cioè Facebook e Google, risultano secondo gli analisti a buon prezzo, vista la recente accelerazione dei profitti. Sia il motore di ricerca che il social network possono vantare un tasso di crescita degli utili straordinari oltre ad una posizione di quasi monopolio, visto che assieme controllano circa il 60% del mercato. È stata la loro forza, obiettano diversi analisti, rischia di essere la loro debolezza che, non a caso, si riflette in una quotazione scontata da parte del mercato. Lo scandalo di Cambridge Analytica, secondo questa tesi, altro non è che la prevedibile buccia di banana che non poteva non manifestarsi dopo l’incredibile crescita di questi anni. “Il problema” – ha scritto Kevin Roose sul New York Times – “è che Facebook non ha la missione di collegare la gente, bensì di raccogliere dati sulle persone da vendere al miglior offerente. Loro vendono dati così come Starbuck vende caffè”. Un atteggiamento che, ancor prima dello scandalo, ha generato secondo i sondaggi, diffidenza nei confronti degli attuali social network.
  • Rincara la dose Tim Cook, il ceo di Apple. “Se noi puntassimo a monetizzare la montagna di dati a nostra disposizione raccoglieremmo cifre da capogiro. Ma abbiamo deciso a suo tempo di non seguire questa strada”. Una decisione, dicono nella società della Mela, legata alla volontà di crescere nel mercato più sensibile al tema della privacy: quello della salute.

In sintesi, Facebook e Google sembrano i titoli più esposti sul fronte della privacy, che promette di essere il tema più caldo dal punto di vista del rischio del business. Netflix e Amazon hanno le quotazioni più tirate. Apple e Microsoft, nel caso di una fase di rallentamento del mercato tech, sono le più solide.

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