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Crescere nel mondo scegliendo di restare in Italia, il caso Reda

Ercole Botto Poala, amministratore delegato di Reda

Ha festeggiato i suoi 150 anni con una mostra fotografica itinerante a Milano, Londra, New York e Berlino, dedicata all’universo dei filati di alta qualità. E da quando l’imprenditore Carlo Reda l’ha fondata nel 1865, partendo da un vecchio mulino abbandonato, non ha mai tradito il suo dna legato all’arte del saper fare artigianale. Stiamo parlando di Reda, storica azienda tessile nata a Valle Mosso, nel cuore del biellese, passata nel 1919 sotto l’egida di Albino e Francesco Botto Poala. Un’impresa capace di rialzarsi anche dopo disastri naturali di notevole entità, come l’alluvione che nel 1968 distrusse tutte le sue fabbriche, non riuscendo però a sospenderne l’attività grazie alla sapienza manuale dei suoi artigiani.

Nel 1998 arriva il momento di tagliare il nastro di un nuovo stabilimento. “In un momento storico in cui si tendeva a delocalizzare le imprese italiane, scegliere di rimanere a Valle Mosso si è rivelato molto importante per le nostre future strategie di sviluppo”, racconta Ercole Botto Poala, numero uno del gruppo. “Spostare in quegli anni il nostro quartier generale in Romania o in Cina sarebbe stato sicuramente più semplice da un punto di vista economico, ma abbiamo preferito rimanere fedeli al nostro heritage”, prosegue Poala, che oltre alla presidenza di Milano Unica ha ricevuto di recente la delega per le manifestazioni fieristiche di Sistema Moda Italia.

Il quartier generale di Reda

E così, dopo l’apertura del primo lanificio con filati a condensazione, per l’azienda da 106 milioni di euro nel 2017 (+18% di cui circa l’82% generato dall’export) arriva il momento di spingere l’acceleratore sulla sostenibilità. “Reda è oggi l’unico lanificio al mondo ad aver ottenuto la certificazione Emas: uno strumento di eco-gestione creato dalla Comunità europea che richiede sia il rispetto dei limiti previsti dalla legge, sia il costante miglioramento delle prestazioni ambientali”. Un progetto ambizioso, che si traduce, tra gli altri, nell’adozione di un innovativo sistema di riciclo, di impianti fotovoltaici e di sistemi di filtrazione dell’acqua. Certo, garantire questi standard implica dei costi, che per l’impresa si sono tradotti finora in una spesa di circa 10-15 milioni di euro.

L’ufficio produzione dei tessuti Reda

Attenzione alla sostenibilità, ma non solo. “Quando si parla di business oggi non si può prescindere dal mondo digitale. Proprio per questo, oltre alla linea classica Reda 1865 e a Reda Active, focalizzata sull’abbigliamento sportivo, abbiamo deciso di investire in giovani startup come Lanieri, che vende abiti su misura online, nella nuova divisione activewear Rewoolution e, infine, nel lancio del primo negozio virtuale dotato di una speciale sezione Made to Measure. Nel frattempo, la realtà piemontese, che negli anni ha stretto partnership con marchi del menswear haute de gamme come Ermenegildo Zegna, Giorgio Armani, Hugo Boss e Corneliani, punta all’espansione oltre confine partendo da Russia, India e Sud America.

“A parte Stati Uniti, Italia e Germania, che rappresentano i nostri tre mercati principali, una piazza particolarmente importante è anche la Cina, dove siamo sbarcati nel 2001 con il primissimo ufficio a Shanghai”. Resta, a questo punto, un’unica domanda: qual è oggi il segreto per continuare ad alimentare il Made in Italy? “Non smettere di fare sistema per supportare piccole e medie imprese, che poi sarà anche il mio impegno a breve termine nella cornice di Smi”.

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