Stormy Daniels (Stephanie Clifford) all’uscita della District Court di New York il 16 aprile scorso.

Uno scandalo sessuale che sta emergendo lentamente e a piena potenza. A essere coinvolto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La sua accusatrice, Stormy Daniels, gli imputa di averle dato 130mila dollari nell’ottobre 2016 – per mano del suo avvocato Michael Cohen – perché tacesse su una relazione avuta con l’allora magnate nel 2006. Ovviamente la Casa Bianca nega e accusa la Daniels di mentire per “ragioni politiche”. Nelle abbondanti descrizioni della vicenda apparse sui media, manca sempre un elemento: chi è Stormy Daniels?

Già, perché Stormy Daniels non è il suo vero nome e di mestiere lavora nell’industria del porno. La donna in questione si chiama Stefanie Clifford. Ha scelto il suo nome d’arte in omaggio alla figlia del bassista dei Mötley Crüe, chiamata Storm dal padre Nikki Six, e anche al più famoso brand di whisky prodotto nel sud ex confederato, Jack Daniels. Sì, perché Stormy è originaria del profondo sud, della Louisiana per la precisione, dov’è nata il 17 marzo 1979 in una famiglia dal reddito medio-basso, e dai 4 anni in poi è stata lasciata alle cure della sola madre.

Durante le scuole superiori, per un periodo Stefanie ha considerato di intraprendere la carriera giornalistisca, ma a 17 anni le è successa una cosa. La futura Stormy capita per caso in uno strip club della sua città, Baton Rouge, per fare una visita a un’amica, e in quel momento decide di fare il suo primo strip come “ospite” (lo strip club esiste ancora): le cose vanno come si immagina, e finito il suo periodo da studentessa viene assunta come stripper. Da lì inizia la sua carriera nell’industria del porno, prima in qualità di performer con sole donne, poi come regista e sceneggiatrice, e infine da produttrice.

Stormy Daniels si esibisce in uno strip club di Fort Lauderdale, Florida.

Quel che non viene detto, di Stormy, è che una persona con delle capacità e una profondità artistica, come dichiarato dal regista Judd Apatow sulle colonne del New York Times: “Una seria professionista e donna d’affari, una produttrice di film che ha preso le redini della sua carriera”. La sua collega Nina Hartley dice invece: “Lei è un leader. E lo sanno tutti”. Il suo carisma e le sue capacità l’hanno portata anche, in passato, a vagliare di intraprendere una carriera politica ad alto livello. Dopo anni di registrazione nelle fila del Partito democratico, su spinta di alcuni suoi fan (che hanno ancora un canale YouTube attivo), si iscrive al Partito repubblicano per sfidare un senatore federale in carica, David Vitter, con queste motivazioni: “Il mio pensiero libertario sulla relazione tra sesso e denaro e sul libero uso di entrambi mi ha fatto capire di essere più vicina come orientamento al partito repubblicano”. Ma non è l’unico motivo: a farle prendere questa decisione è anche la notizia che il Comitato nazionale repubblicano rimborsò le spese di alcuni suoi membri al Voyeur Club, uno strip club di Los Angeles a tema lesbo-sadomaso, come a confermare che il partito in linea di principio non era contrario alla pornografia (Stormy non mancò di farlo notare, forse come frecciata a Vitter, senatore conservatore antiprostituzione, che nel 2007 aveva ammesso di aver pagato una escort).

Nonostante l’entusiasmo dei primi mesi, con la Daniels che aveva lanciato un tour di ascolto in Louisiana per capire meglio i problemi economici dello Stato (qui un video per capire che Stormy era serissima nelle sue intenzioni). La successiva decisione di rinunciare alla candidatura, presa il 15 aprile 2010, è attribuita a una mancanza di fondi economici bastanti a sfidare un potente senatore in carica quale Vitter, in un anno in cui l’allora presidente Obama era in seria difficoltà a livello di consensi. Ma c’è un’altra parte importante: Stormy si è lamentata del fatto che i media non prendevano sul serio la sua candidatura di “donna indipendente che lavora”, e che era stata banalizzata e stereotipizzata. Forse una star del porno non era adatta a portare la bandiera del girl power, avrà pensato. E d’altronde è stata lei stessa a non voler essere accostata al movimento #MeToo, ad esempio: “Non ho mai detto di essere una vittima. Provare a usarmi per gli scopi di qualcun altro danneggia orribilmente le vere vittime”, ha detto in un’intervista. Così ha deciso di tornare a dedicarsi all’industria hollywoodiana per adulti.

Infine, anche nello sfidare Trump, Stormy Daniels ha dimostrato di essere una donna forte, rifiutandosi di recitare la parte della donna ferita, ma anzi andando all’attacco: lo si nota nella sua intervista al popolare talk 60 Minutes dello scorso 25 marzo, e vedendola apparire nella parte di sé stessa in una parodia satirica della vicenda al Saturday Night Live. Ad Anderson Cooper, intervistatore di 60 Minutes, Stefanie ha detto di aver firmato il “contratto” con Trump per tacere sulla loro relazione perché temeva per la sua famiglia, dopo che un uomo nel 2011 l’aveva seguita e minacciata a Las Vegas. Ha anche rivangato i dettagli più succosi della vicenda (tra cui quello noto della copertina di Forbes) ed è apparsa sicura di sé e determinata a vincere la sua personale guerra. Ha anche realizzato una raccolta lunga 4 ore delle sue migliori scene video intitolata Stormy Trumps All. Questo come a voler dimostrare che non è spaventata dallo sfidare il presidente degli Stati Uniti, anzi che è lei a dettare le regole, come ha sempre fatto nella sua carriera. Solo una malcelata pruderìe può far trascurare le specificità di questa personalità dirompente. Come detto dal New York Times, Stormy è nota per la sua ambizione. E la sua ambizione è quella di diventare la prima pornostar a terminare la carriera di un presidente americano.

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