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Come le macchine stanno imparando dall’uomo, senza il buonsenso dell’uomo

Assistenti virtuali, annunci sponsorizzati, algoritmi che imparano a conoscerci, suggerendoci il prossimo brano da ascoltare e la prossima serie tv da guardare. L’intelligenza artificiale riveste un ruolo di primo piano negli investimenti delle società più capitalizzate al mondo, mentre gli algoritmi sono già parte integrante della nostra quotidianità. Eppure il dibattito attorno all’intelligenza artificiale rappresenta uno dei paradossi dei nostri tempi. La usiamo tutti i giorni, più o meno consapevolmente, eppure la temiamo. L’angoscia per l’autonomia decisionale di macchine e robot rappresenta l’altra faccia della medaglia dei benefici di cui godiamo, utilizzando applicazioni ispirate ai sistemi di auto-apprendimento. Pedro Domingos ha senz’altro un punto di vista poco ortodosso, sulle magnifiche sorti promesse dall’intelligenza artificiale alla società. Docente di Machine Learning e Computer Science all’Università di Washington, ha pubblicato L’Algoritmo Definitivo – La Macchina che impara da sola e il futuro del nostro mondo, tradotto in Italia da Bollati Boringhieri. Forbes lo ha intervistato.

Usiamo quotidianamente l’intelligenza artificiale, più o meno consapevolmente, eppure la temiamo. Qual è la ragione di questa apparente contraddizione?

In buona misura la responsabilità è di Hollywood. I film e i programmi televisivi sui robot diventano molto più accattivanti se le cose vanno male e s’impone un eroe umano capace di salvarci. È naturale per le persone pensare che l’intelligenza artificiale assumerà sembianze proprie di un essere umano, dotata di libero arbitrio, emozioni e consapevolezza. E Hollywood promuove questa confusione, perché i robot diventano più interessanti se sono travestiti da uomini. In realtà l’intelligenza umana e quella artificiale sono molto diverse. L’intelligenza è solo la capacità di risolvere problemi difficili e le macchine sanno risolverli in modo molto diverso dagli uomini.

Cosa pensa della singolarità? Le macchine acquisiranno mai un livello di competenze e di elaborazione superiore a quello dell’uomo che ha contribuito a svilupparle?

Mi sembra molto improbabile, almeno nel prossimo futuro. Le macchine sono essenzialmente delle estensioni di noi umani. Sfruttando i sistemi di auto-apprendimento, con l’intelligenza artificiale possono sicuramente porsi degli obiettivi e persino imparare a raggiungerli in parziale autonomia. Sono però sempre gli uomini a stabilire i traguardi di alto livello. L’unica speranza che le macchine hanno di diventare autonome dagli uomini è che noi le progettiamo per esserlo. Sarebbe molto sciocco se lo facessimo davvero.

Una definizione talvolta abusata è quella di machine learning, lo sviluppo di modelli di auto-apprendimento per le macchine. In che modo i robot imparano dagli uomini?

Stanno imparando fondamentalmente come gli studenti imparano dall’insegnante. Diamo loro degli esempi e gli diciamo quando sbagliano, così possono imparare a correggersi. Imparano osservandoci, come i bambini apprendono osservando gli adulti. Ad esempio, un’auto può imparare a guidare da sola osservando e studiando le abitudini alla guida di un uomo.

Un algoritmo è solo un processo matematico?

Un algoritmo è fondamentalmente un processo matematico, ma in una certa misura qualsiasi applicazione può essere automatizzata in un processo algoritmico. Un algoritmo è un modello con cui istruire un computer allo svolgimento di un compito. Se la macchina si dimostra in grado si eseguirlo con precisione, avrà seguito un algoritmo. C’è ad esempio un algoritmo che descrive come funziona il nostro cervello e l’obiettivo di una parte della ricerca sull’intelligenza artificiale è di riprodurlo.

I colossi BATX basati in Cina (Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi) e GAFAM basati negli Stati Uniti (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) rappresentano dei monopoli nello sviluppo di applicazioni di intelligenza artificiale?

Per la maggior parte della storia della tecnologia, una singola società ha sempre dominato il mercato. Dapprima IBM, quindi Microsoft. Seguendo quello standard, oggi l’industria vive invece una diversificazione di fatto mai vissuta in precedenza. È vero che alcune aziende hanno raggiunto quote che si configurano pressoché come monopoli in alcuni mercati, ad esempio Google nella ricerca in Europa. Ma i mercati tecnologici sono molto fluidi e le società principali cercano continuamente di invadere i mercati degli altri. Naturalmente sarebbe un pericolo se in futuro si sviluppassero monopoli troppo potenti. I governi avranno un ruolo da controllori, ma non è uno scenario che stiamo vivendo.

Spesso brillanti ricercatori lasciano l’accademia, per ricoprire ruoli di primo piano nei dipartimenti di ricerca delle società tecnologiche. È un fallimento delle università? Intervengono controindicazioni di carattere etico?

Penso sia positivo che tutta la ricerca sull’intelligenza artificiale portata avanti in ambito accademico venga trasferita all’industria, dove può essere prodotta e commercializzata su larga scala, a beneficio delle persone. Allo stesso tempo il fenomeno contribuisce ad una riduzione dell’offerta di docenti professionisti nell’ambito dell’intelligenza artificiale e diventa più difficile crescere una nuova generazione di esperti di proprio quando la domanda per loro è alle stelle.

Il Transumanesimo rappresenta un movimento persuaso di poter raggiungere l’immortalità, sfruttando tecnologie esponenziali come l’intelligenza artificiale. Vivremo davvero per sempre?

L’intelligenza artificiale ci aiuterà a curare malattie come il cancro e a trovare metodologie per ritardare l’invecchiamento. Tendenzialmente questo potrebbe portare all’immortalità, non c’è alcuna ragione fisica che lo impedirebbe. Si sta lavorando anche all’idea di scaricare la nostra memoria su un software, così come facciamo oggi con le schede dei nostri smartphone. Al momento però è tutt’altro che chiaro se saremo mai in grado di farlo con sufficiente sicurezza per la maggior parte delle persone.

Se stiamo contribuendo a sviluppare macchine che imitano le nostre competenze, dobbiamo prepararci anche a vivere in una società senza lavoro per la prima volta nella storia? 

È uno scenario verosimile nel lungo termine, tra molti decenni o secoli. L’intelligenza artificiale è una sfida estremamente difficile, probabilmente la più difficile di tutta la storia della scienza. E siamo ancora molto lontani dal risolvere sfide che stiamo solo imparando a conoscere. Alcuni lavori scompariranno sicuramente, ne verranno creati di nuovi e la maggior parte si trasformeranno. L’unica certezza è che avremo tutti bisogno di imparare come usare l’intelligenza artificiale.

Dovremmo temere di più l’intelligenza artificiale o la stoltezza dell’uomo?

Dovremmo temere sia la stupidità umana che quella artificiale. Un pericolo che sottovalutiamo è che i computer stanno già assumendo importanti decisioni e spesso sbagliano perché non sono dotati di buonsenso. Le persone si preoccupano perché i computer diventeranno troppo intelligenti e conquisteranno il mondo, ma il vero problema è che sono troppo stupidi e hanno già conquistato il mondo.

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