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Cosa abbiamo visto all’ultima Fiera d’Arte Contemporanea di Parigi

Grand Palais (interno), FIAC 2017. (Marc Domage)

Pochi appuntamenti dedicati al mercato dell’arte possono vantare una location architettonicamente simile a quella di FIAC: la fiera di Parigi, nella rosa dei principali eventi del settore con le sue quasi 200 gallerie, trova spazio nella storica sede del Grand Palais alle Tuileries – realizzato per l’Esposizione Universale del 1900. La sua volta di vetro Art Nouveau, nelle ore di sole, inonda gli spazi espositivi di luce naturale – annullando quasi completamente l’effetto uniformante degli impianti artificiali: una meraviglia per gli occhi del pubblico specializzato e non (che pure rende problematica, in alcuni casi, la corretta fruizione delle opere).

La selezione delle gallerie posizionate al primo piano è all’insegna della massima solidità – da intendersi sia come livello istituzionale degli attori in gioco, sia come prudenza nelle scelte delle opere allestite: presenti i nomi principali del mercato d’arte internazionale, che tendono a rischiare poco dal punto di vista dell’offerta formale (complice, senza dubbio, il periodo generalmente non florido per il mercato europeo). Nella selezione delle opere prevale nettamente la pittura, per lo più su largo (e larghissimo) formato: Gavin Brown, Almin Reich, Thaddeus Ropac, Blum&Poe tra le altre, propongono tele di dimensioni museali – con prezzi particolarmente elevati.

Alicja Kwade, WeltenLinie, 2018. Acciaio verniciato a polvere, specchio, alluminio, bronzo, bronzo patinato, pietra, legno, gesso, rame, marmo, Azul Macaubas, 310 x 569,6 x 468 cm. (Courtesy 303 Gallery, New York)

Poco numerosi (e proprio per questo particolarmente apprezzabili) gli stand monografici, ossia dedicati a un solo artista – una tendenza crescente più propria delle fiere di ricerca, ma potenzialmente più rischiosa per le vendite: ne sono un esempio le newyorkesi 303 Gallery, con uno splendida presentazione della polacca Alicja Kwade, e Salon 94 – con una selezione di disegni di Huma Bhabha cui si aggiunge un enorme totem scultoreo al centro dello stand. O ancora, la tedesca Nagel Draxler con le sculture Kader Attia e la nostrana Giò Marconi, con una bella selezione di Fredrik Værslev.

Anri Sala, If and Only If, 2018. Veduta dell’installazione presso Chantal Crousel. (Florian Kleinefenn. Courtesy l’artista e Galerie Chantal Crousel, Parigi)

Per il resto, si cerca di sfruttare le potenzialità della vetrina proponendo una selezione più o meno ampia degli artisti trattatati in galleria: un ideale premio allo stand più coraggioso va senza dubbio a Gmurzynska: la galleria zurighese punta tutto sull’allestimento spettacolare, inserendo le opere in uno spazio estremamente articolato con le pareti interamente rosse. Uno sforzo rocambolesco che purtroppo va spesso a discapito della fruizione delle opere, per altro bellissime. Le italiane presenti sono di ottima qualità: Massimo De Carlo, Tucci Russo, Cardi, Francesca Minini – solo per citarne alcune. Gli artisti italiani storici, da sempre forti sul mercato internazionale, sono i nomi più conosciuti: Giuseppe Penone, Bruno Munari, Michelangelo Pistoletto – cui si aggiunge la più contemporanea Monica Bonvicini (in vendita da Raffaella Cortese e Peter Kilchmann).

Franz West, Dorit, 2002. Veduta dell’installazione al Giardino delle Tuileries.
Venus Over Manhattan. (Marc Domage)

La cautela si stempera al piano superiore del Palais, che offre stand interessanti di metrature più ridotte. A una pittura più accessibile (bello lo stand di Shane Campbell dedicato ad Ann Craven) si aggiungono scultura e installazione (il video è ormai completamente assente dalle fiere d’arte più istituzionali, se non in rari casi storici) – spesso con incidenze pop (Freedman Fitzpatrick o Ghebaly). Come sempre intelligente e ben curato lo stand sella bolognese P420, così come da tenere d’occhio è la peruviana Livia Benavides, con una presentazione ben concepita per l’artista Rita Ponce de Leon.

La visita di FIAC prosegue anche nello splendido Petit Palais, di fronte al fratello maggiore: la strada viene resa pedonale solo in occasione della fiera, rendendo omaggio al progetto originale che voleva l’uno e l’altro edificio facilmente raggiungibili dal visitatore. All’interno, una serie di installazioni di artisti rappresentati da gallerie presenti in fiera – accolte nella hall del Palazzo in un allestimento onestamente non impeccabile: tra gli italiani citiamo Salvatore Arancio che, rappresentato dalla parigina Semiose, presenta una serie di sculture in ceramica colorata.

Il dialogo con la fiera si estende anche al giardino delle Tuileires, che accompagna i cittadini al Palais in una morbida cornice autunnale: una serie di sculture all’aperto si inseriscono nel paesaggio cittadino, realizzando un percorso unico verso la fiera.

Ann Craven, Yello Fello Yello, 2018. Olio su tela, 213cm x 152 cm. (Courtesy l’artista e Shane Campbell Gallery, Chicago)

Come è ormai consuetudine per le fiere d’arte internazionali – sempre più connesse con il tessuto della città che le ospita, FIAC significa anche grandi mostre nei principali spazi espositivi parigini: il suggestivo progetto personale di Thomas Saraceno al Palais de Tokyo, la retrospettiva di Franz West al centre Pompidou, o ancora le più didattiche mostre antologiche Schiele e Jean-Michel Basquiat alla Fondation Louis Vuitton – per cui si fanno ore di coda all’ingresso. Infine, è ampia l’offerta degli spazi espositivi privati: merita una visita, tra gli altri, la personale di Anri Sala da Chantal Crousel, nel Marais: tra le più interessanti della scena parigina, la galleria presenta un nuovo, poetico lavoro video dell’artista albanese – a ricordarci che la grande arte internazionale è ancora possibile anche in realtà non istituzionali.

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