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A cosa lavorano gli italiani pionieri mondiali della chirurgia in realtà aumentata

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(GettyImages)

di Antonella Scarfò

Gli Hololens sono già pronti per il campo di guerra, ma non per quello medico. Mentre le forze armate americane firmano un contratto con Microsoft per l’acquisto di 100.000 caschetti per la realtà aumentata (fonte Bloomberg), in Italia il gigante di Redmond punta a perfezionare questa tecnologia per il settore sanitario, grazie a un’idea della Società italiana di Radiologia medica e Interventistica (SIRM). La prima associazione del Paese a disporre di un programma di formazione accademica basato sulla mixed reality, come viene chiamata in Microsoft.

“Saremo i primi al mondo a sviluppare un sistema capace di sovrapporre perfettamente le immagini olografiche sul corpo umano” ci racconta Palmino Sacco, ideatore e coordinatore del progetto pilota realizzato in partnership con PWC, Teorema Engineering e FifthIngenium. Secondo la società dei radiologi, che finanzia la ricerca, le innovazioni introdotte dalla sperimentazione potranno rivoluzionare non solo il mondo delle diagnosi cliniche, ma anche quello della chirurgia. In sala operatoria, le scansioni prodotte dalle TAC sono destinate ad essere sostituite da ologrammi con cui interagire in ogni momento. “Il visore olografico della Microsoft è un vero e proprio computer integrato – spiega Sacco – che consente di ottenere una realtà mista cioè di sovrapporre immagini digitali all’ambiente reale e di tracciare l’ambiente reale, posizionando le immagini nella realtà”.

Un progetto ancora allo stadio iniziale, ma che guarda lontano, a un futuro in cui “si potrà lavorare su un paziente ‘trasparente’, analizzando in contemporanea tutti gli organi e i relativi dati”.

Un grande passo avanti, se si guarda alla situazione attuale della ricerca sull’applicazione della realtà aumentata in sanità. Uno dei case study più rilevanti in questo settore è la creazione di un’applicazione Hololens chiamata HoloAnatomy che riproduce l’ologramma dell’intero corpo umano, nata dalla collaborazione tra la Case Western University, la Cleveland Clinic e Microsoft. Il progetto italiano cerca di fare un passo in una direzione diversa, perché non gioca tanto sul terreno della performance nell’uso della mixed reality, quanto sul suo adattamento alla reale pratica clinica e medica. Un vero e proprio campo minato, da diversi punti di vista. La tecnologia alla base dei caschetti computerizzati, d’altra parte, è mutuata non a caso dall’esperienza militare, come sottolinea una nota dell’Ospedale San Paolo dell’Azienda Socio Sanitaria Santi Paolo e Carlo di Milano che, grazie ai dispositivi per la realtà aumentata, ha ospitato quest’anno uno dei primi interventi italiani di radiologia interventistica “virtuale”, con il collegamento a distanza di più operatori. Restando in Italia, in molte strutture ospedaliere la realtà aumentata è già utilizzata per fornire assistenza tecnica e manutenzione. Il passaggio effettivo dalla virtual alla mixed reality in sala operatoria, però, è ancora tutto da compiere.

“Ad oggi non possiamo considerare gli Hololens un dispositivo medico a tutti gli effetti” ci spiega Jorge Velázquez Moro, direttore della tecnologia di Sanitas, azienda leader nel mercato della sanità privata spagnola, appartenente alla multinazionale BUPA. “Nonostante sia il dispositivo più evoluto, può produrre l’errore di 1 cm quando l’immagine viene sovrapposta sul corpo del paziente. Un’imprecisione troppo grande” commenta Velásquez, a capo di un team di esperti e chirurghi che ha analizzato le diverse tecnologie di realtà aumentata presenti sul mercato. “A nostro parere, è rischioso affermare oggi che la chirurgia supportata dalla realtà aumentata è possibile” conclude.

Oggi non è possibile, quindi, ma domani potrebbe esserlo secondo SIRM. Il progetto italiano punta proprio a correggere il margine di errore che attualmente limita le applicazioni della mixed reality in un campo così delicato come quello chirurgico. “Vogliamo raggiungere una precisione millimetrica nella sovrapposizione delle immagini digitali al corpo umano. Questo grazie ad alcuni dispositivi che Microsoft sta progettando” rivela Sacco.

Da un punto di vista strettamente tecnologico, le innovazioni principali introdotte dal gruppo di ricerca italiano per perfezionare gli Hololens a scopo medico sono due. La prima consiste nell’utilizzo di un dispositivo di force feedback capace di restituire una percezione tattile reale durante interventi simulati su manichini, a scopo formativo o preparatorio di un’operazione chirurgica: “Riusciremmo così ad ottenere, mentre attraversiamo il corpo di un fantoccio con i nostri aghi, la stessa sensazione che otterremmo lavorando su un corpo umano” spiega il professore.

Il secondo filone sperimentale punta a migliorare un altro punto critico della tecnologia Microsoft, rendendo automatico il passaggio dalle immagini radiologiche alle Hololens. L’assenza di questo automatismo oggi complica un po’ la vita agli operatori sanitari: “Attualmente non possiamo processare immagini direttamente da dispositivi per i raggi X o per la risonanza magnetica” evidenzia Velásquez Moro. Perché possano essere utilizzate dagli Hololens “devono essere prima processate dall’essere umano” spiega. Un problema ben chiaro anche ai ricercatori di SIRM, che hanno deciso di intervenire: “Grazie ai programmatori della Microsoft siamo riusciti ad avere un applicativo che recupera le immagini dalle nostre macchine e dai nostri archivi digitali e le trasforma in ologrammi. Quindi ci consente di visualizzarle, ruotarle, sezionarle e studiarne anatomia e patologia” rivela il coordinatore del progetto. “L’idea è quella di estendere la tecnologia ad altri campi di applicazione come la chirurgia plastica, in cui il formato olografico consentirebbe una proiezione più realistica della trasformazione post-intervento” commenta Sacco, aprendo la strada a una riflessione sulle nuove potenzialità di un mercato ancora considerato di nicchia.

Secondo Bloomberg, infatti, per i caschetti Microsoft non esiste ancora mercato per il consumo di massa: sono 50.000 i pezzi venduti, in base al dato più recente riportato in un video pubblicato dall’Ufficio Europeo dei Brevetti. Il contratto con le forze armate americane raddoppia quindi la domanda, con un “ritorno alle origini” militari della tecnologia. Non si può allora non chiedersi se la realtà mista servirà più a salvare vite o a sacrificarne.

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