Michael Manley e John Elkann, fca
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Fiat Chrysler al bivio: la scelta del partner si avvicina

Michael Manley e John Elkann
Michael Manley, ceo di Fiat Chrysler al Gran Premio di Monza di Formula Uno con John Elkann (Lars Baron/Getty Images)

I segnali si moltiplicano: la scelta del partner di Fiat Chrysler s’avvicina. Anzi, il dossier alleanze è ormai in bella evidenza sulla scrivania di John Elkann, anche se i colloqui con Peugeot, per ora, non hanno portato a nulla di concreto, con il risultato di rilanciare l’alternativa coreana, cioè Hyundai-Kia. A sostenerlo, pur se con sfumature diverse, sono le grandi testate finanziarie internazionali.  Secondo il Wall Street Journal i vertici di Exor e Fiat Chrysler hanno raffreddato le recenti avances di Peugeot. John Elkann secondo quanto risulta al quotidiano Usa, ha fatto sapere ai soci di Psa, a partire dalla famiglia Peugeot di non essere interessata ad un’offerta basata sull’offerta di azioni della casa francese (ancora alle prese con il pagamento di Opel a Gm). Mike Manley, ceo del gruppo italo-americano, al di là della disponibilità ufficiale manifestata a Ginevra, sarebbe perplesso, secondo il quotidiano Usa, di fronte ad un deal che accentuerebbe la dipendenza di Fca dal mercato europeo. A guadagnarci, insomma, sarebbe Peugeot, assente dal mercato Usa piuttosto che la casa italoamericana.

Anche per il Financial Times l’appeal di un accordo con la casa francese, al centro di lunghi colloqui nei mesi scorsi (a lato degli incontri per la sigla del contratto di collaborazione per la produzione congiunta dl un nuovo veicolo commerciale in Severstal) sarebbe modesto. Per questo John Elkann, che ha colto l’occasione della cena al Quirinale per regalare a Xi Jingping una borsa bianconera con tutti i gadget di casa Juventus, non esclude di giocare la carta asiatica.

Quel che è certo è che la grande partita è appena iniziata. Per giunta in uno scenario in grande movimento, come dimostrano le ultime mosse dei grandi, a partire da Volkswagen/Ford. Non a caso l’intervista concessa a Les Echos da Robert Peugeot la scorsa settimana aveva un messaggio  ben preciso: cara Exor, pensaci bene, perché l’allineamento degli astri (per usare l’immagine del capo clan della famiglia francese) oggi appare propizio, domani, viste le tempeste stellari che si profilano nella galassia dell’auto chissà. Ecco perché il leader di FFP, la finanziaria di casa Peugeot grande azionista del gruppo assieme allo Stato francese e alla cinese Dongfeng, ha tenuto a far sapere a Fiat Chrysler che l’offerta sul tappeto resta valida. Naturalmente sotto la regìa di Carlos Tavares, il pdg del gruppo che ha conquistato i galloni di numero  uno grazie allo straordinario successo dell’acquisto di Opel e del bis in Vauxhall che ha fatto del manager portoghese l’unico personaggio in grado di succedere, per carisma, a Sergio Marchionne e a Carlos Ghosn, colpito dalle vendetta dei samurai di Nissan.

Ma quali chances ha il progetto di tradursi in realtà? Ovvero, quali alternative si profilano per Fiat Chrysler? L’accoglienza euforica riservata dal mercato al titolo italoamericano dopo le parole di Robert Peugeot (che peraltro non ha mai citato esplicitamente Fca) è la conferma che gli operatori sono convinti che il gruppo è a metà del guado, ancora alla ricerca di un assetto definitivo, quello che Sergio Marchionne, respinto da Gm, non ha avuto tempo e modo di realizzare. La carta Peugeot, sotto questo profilo, ha più di una ragione per essere presa in considerazione, a partire dai volumi, come ha sottolineato Richard Hilgert di Morningstar.  Dalla combinazione dei due gruppi potrebbe nascere un colosso in grado di vendere più di nove milioni di vetture (3,7 di Peugeot, 4,5 milioni di Fiat Chrysler). Tra gli elementi positivi figurano il valore di Borsa dei due gruppi, entrambi stimati attorno ai 20 miliardi di euro, e la distribuzione delle vendite: Fiat Chrysler forte nel Nord America (assente Peugeot che potrebbe in caso di merger accelerare il rientro negli States oggi previsto per il 2026), Psa ben installata in Cina, grazie al sostegno dell’azionista Dongfeng. Entrambe le società, poi, hanno i numeri per assicurarsi la leadership nel segmento delle utilitarie. Sul fronte finanziario, il partner italoamericano ha in pratica azzerato il debito industriale tanto da potersi concedere il lusso di avviare investimenti per 4,5 miliardi di dollari per i super Suv da produrre negli Stati Uniti e così consolidare il successo che ha consentito al gruppo, uscito per tempo dalle berline, di sfruttare al meglio il favore del mercato per Jeep e Ram. Peugeot, intanto, può vantare una salute invidiabile, 9 miliardi in cassa. Mai, nella sua storia, la casa ha potuto vantare uno stato di salute così florido.

Vista la situazione, non sembra il caso di fare in fretta. Ma le cose non stanno così. La svolta di Volkswagen, che una settimana fa ha annunciato di voler concentrare i suoi investimenti sul fronte dell’elettrico, è destinata a rivoluzionare l’assetto dell’industria dell’auto europea. L’auto elettrica richiede meno manodopera e meno componenti, cosa che sta già destabilizzando l’industria d’oltre Reno, impegnata a colmare in tempi record il ritardo sul fronte delle batterie, oggi monopolio dei gruppi asiatici. Tutte le imprese, sotto questa spinta, devono ripensarsi a tempi da primato anche perché, entro il 2021, le aziende dovranno rispettare gli standard sulle emissioni richiesti dall’Unione Europea. Oggi Peugeot già dispone delle tecnologie necessarie, Fiat Chrysler no.  “Al riguardo posso assicurarvi– ha detto Mike Manley al Salone di Ginevra – che sceglieremo la soluzione meno costosa per noi tra l’adozione a tappe forzate dell’elettrico, l’acquisto di crediti CO2 oppure procedere al pagamento delle multe”.

L’accordo con Peugeot, che già possiede le tecnologie per adeguare i veicoli ai limiti di C02 potrebbe rivelarsi la carta vincente, sia per i costi che per i risultati. Ma è anche la soluzione meno allettante per Exor. Agli occhi dell’azionista ha più senso conservare il valore strategico del controllo più che uscire dal business con un ricco assegno da reinvestire in un altro settore. Anche perché almeno un’alternativa c’è: la carta coreana. Hiunday-Kia vantano tecnologie d’avanguardia e prodotti di qualità, ma i loro marchi hanno una fama modesta. Al contrario Fca ha marchi eccellenti (Maserati, Alfa Romeo la stessa Lancia) ma pochi prodotti nella filiera. Una situazione, per certo versi, ideale sotto i cieli di una crisi che promette di cambiare tante tantissime cose.

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