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Tra le colline celebri per la loro storia l’azienda agricola Elvio Cogno produce i grandi vini delle Langhe

Articolo tratto dal numero di settembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

di Riccardo Corazza

Elvio Cogno è una di quelle rarissime aziende vinicole capaci di vedere oltre e anticipare, regolarmente e con successo, gli scenari futuri. È stato così fin dagli anni ’50, quando la famiglia decise di dedicarsi alla ristorazione, aprendo il Ristorante dell’Angelo a La Morra. Si tratta peraltro di una casata attestata come proprietaria-produttrice dalla fine del ‘700, in zona Novello, la cui storia moderna iniziò quando Elvio decise di vinificare i cru di Brunate e La Serra a La Morra, insieme con il notaio Marcarini. Furono gli anni in cui si posarono i primi mattoni della mitologia moderna del Barolo.

Solo successivamente, nel 1990, dopo la prematura scomparsa del socio, Elvio decise di ricongiungersi alle radici, rientrando a Novello e affidando la gestione alla figlia Nadia e al marito Valter , capaci di impostare un lavoro di grande lungimiranza. Cru Ravera, innanzitutto, che arrivò in etichetta come Mga già nel 1991, lanciando l’affermazione del cru più fecondo di Novello. Tanto Barolo, ovviamente, ma si è lavorato intensamente, e come precorritori, anche alla riscoperta della varietà della Nascetta. Sì, proprio lei, un’uva bianca al centro del Barolo. Galeotto fu l’assaggio di una bottiglia illuminante, di Franco Marengo, alla tavola del professor Armando Gambera, di Elvio Cogno e Valter Fissore. Quasi obbligati, a quel punto, a rilanciare un vino delicato, dalla maturazione tardiva e rese basse, tuttavia dalle grandi potenzialità espressive. Che ora, sotto il nome di Anas-Cëtta, è una delle hit di casa. 

Cascina Nuova

Ma c’è anche la Barbera d’Alba Doc Pre-Phylloxera, una bottiglia unica, prodotto di uno dei pochissimi vigneti ancora produttivi risalenti al periodo pre-fillossera, a piede franco e di 120 anni. Del resto, tutto parte dalla collocazione peculiare, quella di Novello, con le sue marne grigiastre e compatte, un microclima caratterizzato da inverni nevosi più che piovosi e grandi escursioni termiche. Ne escono vini longevi, di grande freschezza, vibranti, freschi e tannici. Si evitano datate interpretazioni troppo concentrate preferendo fermentazioni lunghe, anche di 40 giorni, con la classica tecnica del cappello sommerso (parte con grappolo intero) e affinamento in botte grande e bottiglia, alla ricerca della finezza e dell’eleganza di lettura di vini più vicini alla filosofia della Borgogna. 

Se non tutti, molti dei segreti sono custoditi in campagna, in cui da 10 anni si sono aboliti diserbi, chimica di sintesi e trattamenti massivi, e che solo ora, dopo un percorso in cui si è più ascoltato il terreno e la vite che imposto, si arriverà alla certificazione bio. L’etichetta su cui si è investito di più, materializzazione della filosofia di Nadia e Valter, è il Barolo Docg Riserva Ravera Vigna Elena. Da clone Nebbiolo Rosé, una rilettura stilistica in chiave dinamica dei classici delle Langhe. Complesso, sfaccettato, floreale, con note di spezie dolci e tannini salmastri. Un vero e proprio, imperdibile, capolavoro.

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