“La farmaceutica e più in generale il settore delle life sciences sono spesso considerati come un costo dalle istituzioni, ma si tratta di settori industriali che rendono al paese più di quello che prendono. Purtroppo, la politica sembrerebbe esserne accorta solo ora, nel corso di una pandemia”. Ne è convinto Massimo Scaccabarozzi, presidente di Janssen Italia e head of external affairs di Johnson & Johnson Italia.
Quest’ultima è l’azienda attiva nell’ambito della salute più grande e ramificata al mondo, mentre Janssen è la sua divisione farmaceutica. Oltre a Janssen Italia, il nostro Paese ospita anche J&J Medical per i dispositivi medici e J&J Consumer Health. Le tre divisioni di Johnson & Johnson insieme contano 7 siti in Italia e 2.780 dipendenti diretti, che hanno dato un contributo all’economia superiore ai 3,6 miliardi di euro nel 2020, pari allo 0,2% del Pil nazionale, di cui il settore farmaceutico costituisce a sua volta il 6%.
Lo riporta la società di consulenza specializzata The Hackett Group, che nella sua ricerca ha analizzato l’impatto economico e occupazionale di Johnson & Johnson. “Questo studio restituisce una chiara fotografia del radicamento del gruppo Johnson & Johnson in Italia e di come, anche grazie ai continui investimenti, siamo riusciti in questi ultimi anni a generare sempre più valore nel e per il nostro Paese”, spiega Scaccabarozzi. Che racconta: “Quando parlo con gli investitori esteri, mi chiedono perché investiamo in Italia. La risposta è semplice: qualità delle persone e della produzione, oltre che alta produttività”.
In particolare, lo stabilimento di Latina ha visto passare la produzione dagli 1,8 miliardi di trattamenti del 2010 ai quasi 5 miliardi di trattamenti orali innovativi previsti quest’anno, per merito anche di una produzione in continuo, approvata da Aifa. La quasi totalità di questa produzione, 150 diverse preparazioni per oltre 50 farmaci differenti, è destinata all’estero, per raggiungere i pazienti di oltre 100 Paesi nel mondo. Questo rende il sito di Latina uno degli hub più importanti a livello mondiale, oltre che un fiore all’occhiello nel campo dell’innovazione farmacologica. “Non dimentichiamo però che questi risultati sono frutto del lavoro delle oltre 11mila persone che, direttamente o indirettamente, lavorano con noi, permettendoci di contribuire alla crescita del Paese”.
Particolarmente lusinghiero il dato relativo ai ruoli di responsabilità occupati dalle donne: in Janssen, ad esempio, le donne in posizioni dirigenziali sono il 39%, mentre a livello quadro il 46%, a fronte della media nazionale rilevata da Manageritalia rispettivamente del 18,3% e del 30%. La presenza di J&J ha un impatto positivo anche sul mercato del lavoro e l’economia italiana tout court: per ogni persona direttamente occupata da J&J, sono supportati oltre 3 posti di lavoro nel resto dell’economia tramite l’indotto. Se non ci fosse l’azienda, il nostro Paese dovrebbe far fronte a un tasso di disoccupazione più alto di 5 punti base.
Complessivamente, inoltre, sono oltre 1.035 i fornitori locali con i quali le diverse società di J&J intrattengono rapporti economici. Oltre al business, Johnson & Johnson si focalizza anche sulla sua sostenibilità ambientale. Di recente il gruppo ha annunciato di aver sottoscritto tre diversi virtual power purchase agreement in Europa, accelerando significativamente i progressi verso l’ambizioso obiettivo di soddisfare il 100% del suo fabbisogno di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2025 per tutti i siti del gruppo, compresi quelli italiani. I tre VPPA includono un mix di progetti eolici e solari per una capacità totale di generazione di circa 270mila megawatt/ora di energia elettrica da fonti rinnovabili all’anno.
Anche il ricorso all’intelligenza artificiale ha permesso di incrementare l’efficienza dello stabilimento di Latina con una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di 5.100 tonnellate dal 2016 a oggi. Lo stabilimento di Pomezia, a sua volta, ha visto la realizzazione un impianto di trigenerazione (energia elettrica, energia termica e energia di raffreddamento) che permetterà una riduzione annuale delle emissioni di anidride carbonica di 4.900 tonnellate. L’impegno di J&J per il nostro Paese va ben al di là del suo core business.
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