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Da headquarter a hubquarter: come l’Osservatorio sui Luoghi vuole rigenerare gli spazi

Articolo tratto dal numero di dicembre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

Creare un nuovo ecosistema in cui aziende pubbliche e private, istituzioni e università collaborino insieme per rigenerare il Paese a partire dagli spazi. È questo l’ambizioso obiettivo dell’Osservatorio Nazionale sui Luoghi, creato da Fondazione Venture Thinking in collaborazione con eFM e Ceo for Life. Un progetto data driven che si propone di fornire una mappa e abilitare l’accesso ai luoghi dell’abitare – lavoro, formazione, salute, intrattenimento, sport –, sviluppando soluzioni di sostenibilità per aziende, persone, città e ambiente.

“Il cambiamento in corso”, sottolinea Daniele Di Fausto, ceo di eFM e di Founder Venture Thinking, “è così veloce che spesso non ci rendiamo conto dell’impatto che ha su di noi. Il lavoro, l’energia, la famiglia, le relazioni. Come possiamo misurare ciò che ci succede intorno? La risposta più semplice è nei luoghi. Perché ogni trasformazione economica, sociale e culturale si disegna nei luoghi in cui viviamo. La sfida del nostro tempo è quella di far rivivere i luoghi, aprendoli al mondo e mettendoli in connessione, attraverso il digitale, con le infinite opportunità che ci sono”.

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Il nuovo paradigma sugli spazi

In soli due anni, Di Fausto ha guidato il processo di internazionalizzazione di eFM, oggi presente nei principali mercati del mondo, con l’acquisizione di aziende e l’apertura di nuove sedi in Italia, Germania, Stati Uniti e America Latina. “Dobbiamo superare l’approccio, ormai obsoleto, che vede un luogo corrispondere a una sola funzione”, continua. “Oggi ogni spazio, attraverso il digitale, può abbracciare diverse attività e funzioni, incidendo in modo sostanziale sul coinvolgimento delle persone e sulle dinamiche tangibili e intangibili del new living. Lo spazio non è più un contenitore da riempire, ma un detonatore di esperienze, in connessione tra loro”.

L’Osservatorio Nazionale sui Luoghi, presentato nell’ambito del programma Ceo for Life, nasce dallo stimolo di alcuni dei principali innovatori e accademici, coinvolti da Venture Thinking nell’analisi dello scenario pandemico e nell’individuazione dei nuovi significati dello spazio, in relazione al cambiamento che stiamo vivendo. Tal Ben Shahar, Maria Chiara Carrozza, Robert Quinn, Alberto Vincentelli e Stefano Zamagni hanno discusso su un’imminente sostituzione del concetto novecentesco di headquarter, in favore di un nuovo paradigma caratterizzato dalla capillarità e dalla condivisione: l’hubquarter.

Cos’è l’hubquarter

Il principio è semplice: tutti gli immobili pubblici o privati sul territorio nazionale, se connessi tra loro, costituiscono un’infrastruttura potenzialmente illimitata. L’esigenza di rimodulare gli spazi in termini di capillarità geografica, prossimità casa-lavoro e work life balance è una sfida troppo grande per qualsiasi realtà, se condotta singolarmente. D’altro canto, le soluzioni ibride oggi presenti sul mercato – i coworking, per esempio – non sono  in grado di soddisfare la domanda. Un recente studio ha dimostrato che solo in Italia, nel 2022, i remote worker si sarebbero assestati sui sette milioni. In che modo, dunque, gestire questa emergenza? La risposta passa proprio dall’abilitazione dell’infrastruttura immobiliare esistente, ottimizzando gli spazi e aprendoli all’esterno. Una rivoluzione simile a quella del car sharing, di fatto già avvenuta.

“Ci siamo accorti subito”, continua Di Fausto, “che la proposizione di hubquarter intercettava un bisogno trasversale a cui nessuno aveva ancora dato risposta. Presentato alla Commissione europea, è presto finito sul tavolo istituzionale per la definizione delle missioni del Pnrr ed è diventato argomento di dialogo con municipalità nazionali e internazionali interessate allo sviluppo della ‘città in 15 minuti’. Abbiamo verificato che la proposta era valida sia per realtà come Roma e Milano che per metropoli come Dubai, Chicago e San Paolo. Dal progetto hubquarter alla costituzione di un vero Osservatorio sui luoghi il passo è stato breve: la dimensione di sottoutilizzo degli spazi caratterizza tutte le sfere dell’abitare, chiamate a rispondere alla sfida del digitale e alla crescente richiesta di prossimità territoriale. Mappare i luoghi significa mappare il cambiamento”.

Il lavoro dell’Osservatorio

In un anno l’Osservatorio ha messo in rete e mappato su piattaforma tecnologica quasi 350mila postazioni private, distribuite su tutto il territorio nazionale. È emerso che una postazione di lavoro viene utilizzata in media solo per il 12%, considerando le otto ore lavorative. La percentuale scende al 4% considerando le 24 ore. Le proiezioni dimostrano che, aumentando la percentuale di utilizzo attraverso la condivisione delle postazioni, si otterrebbe un risparmio sui costi compreso tra 1,1 miliardi (portando la percentuale al 30%) e 3 miliardi di euro (al 70%).

“Oltre al risparmio sui costi dell’immobile”, spiega Di Fausto, “va misurato l’impatto in termini di engagement delle persone. Gallup dimostra che il livello di engagement di un lavoratore incide fino al 20% sul suo livello di produttività. L’analisi effettuata sulle 350mila postazioni ci parla di un risparmio di oltre 2 miliardi di euro semplicemente portando la percentuale di engagement dal 5% al 10%”.

Il tema ambientale

Poi c’è il tema ambientale: le postazioni condivise e la gestione digitale dei flussi potrebbero garantire un abbattimento delle emissioni di CO2, con un risparmio netto di 500 tonnellate in un anno. “Tutti gli spazi”, ha concluso Di Fausto, “hanno un’importanza strategica per la crescita economica del Paese: il 20% del Pil italiano deriva proprio dai territori. Il Pnrr ha stanziato circa 56 miliardi di euro per la rigenerazione urbana e altri 20 per la formazione: tutti fondi intercettabili da una pianificazione strategica di riconversione degli spazi”.

Inoltre, è in via di definizione il board di ceo che avrà il compito di orientare le prossime scelte dell’Osservatorio. Dieci capi d’azienda che, sulla base della loro esperienza di dialogo con i territori, potranno definire i perimetri di ricerca del 2023 e attivare in modo verticale progetti specifici per salvare il nostro patrimonio di luoghi. Quello stesso patrimonio che rende celebre l’Italia nel mondo.

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