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Il tasso di natalità non è mai stato così basso: ecco come lo sport può aiutare a combattere “l’inverno demografico”

Lo sport può avere un ruolo fondamentale nel contrastare gli effetti del cosiddetto “inverno demografico” e nel contribuire allo sviluppo economico italiano. È questo il messaggio principale emerso dall’incontro “Evoluzione demografica: il ruolo dello sport”, organizzato da PwC Italia, al quale ha partecipato il Ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi.

Un appuntamento del ciclo Italia 2023: Persone, Lavoro, Impresa, la piattaforma di dialogo con i massimi esponenti del mondo delle istituzioni e dell’impresa promossa in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, che ha visto la partecipazione di Giovanni Andrea Toselli, presidente e amministratore delegato di PwC Italia, Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Ilaria Valentinuzzi, ambassador Silver Economy Network, Nerio Alessandri, fondatore e ad di Technogym, Alessandro Grandinetti, markets leader PwC Italia. L’evento è stato moderato da Alessandro De Angelis, vicedirettore di HuffPost.

Tasso di natalità mai così basso

Al 1° gennaio 2023 il tasso di natalità del nostro Paese ha toccato un nuovo minimo storico, con 1,24 figli per donna (quasi un punto al di sotto della soglia di estinzione), un’età media di 46,4 anni (aumentata di circa 6 anni dal 2000 e in aumento di altri 4 anni entro il 2040) e una popolazione over-65 che costituisce il 24,1% della popolazione totale (in aumento rispetto all’anno precedente). In costante crescita anche il rapporto tra il numero di anziani e giovani: ad oggi è di 1,2 over-65 per ogni giovane di 15-34 anni (era di 0,7 al 1° gennaio 2002). Secondo le stime Istat, entro il 2050 la popolazione nella fascia 15-64 costituirà poco più della metà della popolazione, mentre quella over-65 raggiungerà il 35%, con conseguenze importanti per la struttura economica e sociale del paese. Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana porterà a una spesa sanitaria di 220 miliardi di euro (cifra pari al 9,5% del PIL) nel 2050, in netto incremento rispetto agli attuali 130 miliardi di euro (6,7% del PIL).

Nel corso dell’incontro, il ministro Abodi ha sottolineato come lo sport sia una “difesa immunitaria sociale”. Fare attività fisica aiuta a migliorare la qualità di vita e soprattutto permette di sviluppare sinergie positive tra benessere, individuale e collettivo, e produttività. Il settore sportivo può quindi avere un ruolo fondamentale non solo per la salute degli individui ma anche per lo sviluppo economico italiano.

In Italia si fa poco sport

Ad oggi però l’Italia, con una spesa pro-capite dedicata allo sport di 74 euro, è sotto la media europea sia per spesa pubblica pro capite dedicata allo sport (sedicesima tra i paesi Ue, la cui media è di 120 euro), sia per la sua incidenza sul totale della spesa pubblica (venticinquesima tra i paesi Ue con lo 0,46%, la media è dello 0,75%). Secondo l’Oms l’inattività fisica aumenta il rischio di morte fino al 30% rispetto ad uno stile di vita attivo. In Italia, il 94,5% di adolescenti non pratica attività motoria e, alla luce dei potenziali benefici, la spesa pubblica italiana per lo sport risulta piuttosto sottodimensionata.

In un confronto europeo l’Italia si colloca sotto la media europea anche per quota di popolazione over-15 che dedica almeno 150 minuti a settimana all’attività fisico-sportiva nel tempo libero (20% contro 33%), collocandosi ben al di sotto di Paesi come Germania (49%), Danimarca (54%) e Svezia (55%). Inoltre, solo l’8,8% della popolazione dedica all’esercizio fisico almeno 30 minuti al giorno, quasi la metà rispetto al 15% della media Ue.

Il valore economico dello sport

Nonostante ciò, lo sport rappresenta un importante settore economico per l’Italia con 104mila occupati nel solo ambito sportivo. Nel 2022 si contano 67mila società sportive, 10mila imprese produttrici, 9.500 aziende di gestione impianti e 50 tra attività editoriali e di scommesse, che occupano complessivamente 405mila addetti e producono ricavi per circa 102 miliardi di euro, contribuendo al 3,4% del PIL (di cui lo 0,46% dato dal contributo di imprese produttrici, il 1,42% da società sportive e di gestione degli impianti, lo 0,90% da media/eventi sportivi/scommesse e lo 0,60% dal valore socioeconomico indotto).

Un ulteriore aspetto rilevante dell’industria sportiva è il ruolo sociale che esso riveste. Nel 2022 il valore economico delle esternalità positive nell’industria dello sport è stato di 11,4 miliardi (+13% rispetto al 2019) e ha contribuito allo 0,6% del PIL.

L’impatto si articola su tre punti principali: il contributo delle performance positive, che hanno impattato direttamente l’occupazione di società sportive per un valore economico annuo di 4,3 miliardi di euro (il 38% dell’impatto totale); l’impatto sociale, ovvero il valore implicito del volontariato in ambito sportivo (circa 114 milioni di ore erogate nel 2022) e il contenimento dei Neet, per un valore economico annuo di 1,5 miliardi (13% dell’impatto totale); l’impatto sanitario, costituito dall’attività fisica regolare, che permette risparmi sulla spesa sanitaria privata e pubblica per un valore economico annuo stimato di 5,6 miliardi di euro (49% dell’impatto totale).

Poche infrastrutture

L’Italia, inoltre, è carente anche per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale: nel 2022 risultano 77mila impianti, circa 131 ogni 100mila abitanti, di cui il 60% con un’età superiore ai 40 anni, con conseguenti ricadute in termini di inefficienza energetica ed emissioni. Critica anche la situazione scolastica: 6 scuole su 10 non hanno impianti sportivi. In questo contesto, il Pnrr destina 1 miliardo per le infrastrutture sportive, di cui 700 milioni rivolti alla manutenzione. L’importo previsto è pari solo allo 0,5% del totale del Piano.

Il ruolo dei privati

In questo quadro cosa può fare il privato? “Il lockdown ci ha dato modo di rivalutare l’importanza dello sport”, ha spiegato Toselli. “Il settore privato deve prendere coscienza che la promozione dell’attività sportiva è nell’interesse economico del Paese. Oggi risulta ancora più evidente che una popolazione in salute e consapevole del ruolo dell’attività fisica può invertire l’inverno demografico che stiamo vivendo e incrementare la produttività del Paese. Le Olimpiadi invernali del 2026, in questo senso, potranno essere un volano in grado di attivare esternalità positive per tutto il sistema e capace di dare un ulteriore slancio al necessario cambiamento culturale sul ruolo dello sport.”

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