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Small Giants

Viaggio nel distretto emiliano dove si produce l’80% della ceramica italiana

Articolo apparso sul numero di aprile 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

L’80% della ceramica italiana viene prodotta in Emilia-Romagna, con apice nella provincia di Modena, tra Sassuolo, Fiorano Modenese, Formigine, Frassinoro, Maranello, Montefiorino, Palagano e Prignano. E puntuale arriva l’anglicismo: CeramicLand e/o Valley, espressioni coniate per identificare un fazzoletto di terra noto a livello internazionale come polo d’eccellenza. Comunque lo si chiami, una cosa è certa: qui si crea la ceramica più pregiata del mondo, in competizione solo con quella del distretto catalano di Castellón de la Plana.

Stando alle indagini relative al 2022 di Confindustria Ceramica, le aziende italiane di settore sono 259 e occupano 26.500 addetti nella produzione di piastrelle e lastre, sanitari, stoviglieria, refrattari, laterizi e ceramica tecnica. Il tutto per un fatturato di 8,7 miliardi, dei quali 7,2 derivano dall’industria delle piastrelle. L’80% di questi risultati è da attribuirsi alle province di Modena e Reggio Emilia.

Purtroppo il settore ha conosciuto una flessione nel 2023, con una contrazione delle vendite rispetto all’anno precedente da 449 a 362 milioni di metri quadrati (-19,3%). In calo anche le esportazioni (da 356 a 277 milioni di metri quadrati, -22,1%) e le vendite sul mercato domestico (da 93 a circa 85 milioni di metri quadrati, -8,7%). L’anno in corso rimane critico per l’intero primo semestre, spiragli di speranza da luglio in poi.

La storia del distretto

Perché tutto questo accade qui? Si parte da una data chiave, il 1741, quando venne fondata la prima società di produzione di maiolica a Sassuolo. Ad accendere la fiamma, e le fornaci, era la borghesia nascente, tutt’uno con la meglio nobiltà. I pionieri Giovanni Maria Dallari, il conte Ferrari Moreni e Giovanni Maria Rubbiani, con i rispettivi figli, lanciavano un’impresa avallata dal duca Francesco III d’Este, che concesse il monopolio produttivo per gli stati estensi, il divieto d’importazione di prodotti concorrenti simili, esenzioni fiscali. Lo stimolo a far meglio veniva dalla concorrenza delle maioliche faentine, amalfitane e fiorentine. L’attitudine all’impresa qui si saldò con la conformazione del territorio, dove primeggia l’argilla.

Queste le fondamenta di un distretto riconosciuto come tale nell’immediato secondo dopoguerra, quando nell’area di Sassuolo e Fiorano già si contavano 36 aziende con 6.500 addetti. Fatti e antefatti di questa storia sono narrati nella Galleria Marca Corona e nel Museo Storico Iris Ceramica Group, i musei di due delle più importanti aziende del comprensorio. Nel 1976 le aziende divennero 509 e crebbero ulteriormente negli anni Novanta, dato il rigoglio dell’edilizia, al punto da contribuire a fare dell’Italia il primo produttore mondiale di piastrelle e di macchinari per la produzione di piastrelle in ceramica. Questo fino al giro di boa del 2000, quando si sono affacciati sulla scena globale nuovi concorrenti. In testa, oltre alla storica Spagna, Cina, Turchia e Brasile. Da allora la situazione è cambiata, e non in meglio.

In cifre

L’Europa è leader mondiale nella produzione di prodotti ceramici strategici e di alta qualità, come piastrelle per pavimenti e pareti, mattoni e tegole, sanitari, stoviglie, tubi in gres, materiali refrattari per i processi ad alta temperatura, ceramiche avanzate per i trasporti, la difesa, i dispositivi medici e altre catene di valore. Tuttavia l’industria europea sta subendo più di altre una serie di minacce. Si parte dal costo dell’energia, pari al 30% dei costi di produzione. Per adeguarsi alla transizione verde, sono in atto continui ma onerosi investimenti, a fronte di prodotti extraeuropei con requisiti di sostenibilità meno rigorosi, liberi da vincoli stringenti e anche per tutto questo a basso costo. La European Industry Association ha elaborato un manifesto, indicando le sei priorità cui attenersi per evitare di fiaccare il settore. L’Europa batta un colpo, il messaggio. Nel frattempo, nel distretto modenese si punta sulla ricerca e sviluppo di soluzioni innovative, si ottimizzano i processi di produzione, anche con operazioni di acquisizione. Si calcola che gli investimenti green siano pari al 6,2% del fatturato e siano destinati in primis a bruciatori all’avanguardia, impianti in cogenerazione, fotovoltaico e primi forni a idrogeno.

I maestri della ceramica

Dici ceramica e pensi a marchi come Iris, fondata nel 1961 da Romano Minozzi, a Marazzi, avviata nel 1935 da Filippo Marazzi (l’azienda capitalizzò subito la potenza del design collaborando con Giò Ponti), o a Marca Corona (foto sotto), la più antica di tutte, nata nel 1741. C’è poi il filone parallelo rappresentato per esempio da Sacmi Imola (1919), a capo di un gruppo che progetta, produce e commercializza macchinari e impianti per l’industria ceramica e plastica per il beverage & packaging. Quindi Officine Smac, dal 1969 specializzata nella costruzione di automazioni, impianti e attrezzature per industrie ceramiche e dei laterizi.

Attorno ai grandi sono fiorite pmi come Elios Ceramica, che dal 1968 crea superfici ceramiche che spaziano dalle maioliche tradizionali di piccolo formato alle lastre in gres porcellanato 100×100 cm, decorate con tecnologia digitale ad alta definizione. Dal 2017 è parte di Italcer, gruppo creato dal fondo italiano di private equity Mindful Capital Partners, guidata da Graziano Verdi. Obiettivo del gruppo è creare un polo del lusso nel settore della ceramica di alta gamma.

Un altro esempio è Forme 2000, che dal 1986 progetta e produce ceramiche ornamentali per architetture d’interni e d’esterni. La ricerca e la produzione di listelli decorati a mano in bassorilievo, pezzi speciali e tutto quanto viene utilizzato nel corredo e nel completamento di ambienti privati e pubblici è rivolta alle più prestigiose aziende ceramiche e agli architetti.

Non mancano i casi di piccole imprese diventate grandi. Un esempio è Blastule – Panariagroup Industrie Ceramiche, che ha il suo seme in Panaria Ceramica, nata nel 1974 su stimolo di un gruppo di imprenditori. A capitanarli era Giuliano Mussini, capostipite di una famiglia ora proprietaria di maggioranza di Panariagroup Industrie Ceramiche, multinazionale della produzione e distribuzione di superfici in ceramica per pavimenti e rivestimenti. Il gruppo ha oltre 1.700 dipendenti, sei stabilimenti produttivi (tre in Italia, due in Portogallo e uno negli Stati Uniti) e 384,6 milioni di euro di fatturato. La strategia di espansione è stata messa in atto a partire dal 1992 con l’acquisizione di Ceramiche Artistiche Lea, società specializzata nella produzione di pavimenti in monocottura. È stata poi la volta di Cotto D’Este, Blustyle in Italia, Margres e Love Tiles in Portogallo e Florida Tile negli Stati Uniti.

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