Illustrazione dei Marvel Avengers al Madame Tussauds Shanghai

Marco Marcello Lupoi è il direttore editoriale di Panini Comics, una di quelle persone che può vantarsi di aver trasformato la propria passione nel proprio lavoro. Da sempre appassionato di fumetti (ogni tanto condivide le lettere che mandava da ragazzo alle case editrici dell’epoca), col tempo ha iniziato a far parte del panorama editoriale di settore, fino a diventare direttore di Marvel Italia. Con l’acquisizione di quest’ultima da parte del Gruppo Panini si è dunque consolidata la sua attuale posizione nel panorama fumettistico italiano. Se c’è un uomo che ha sotto controllo il panorama editoriale dei fumetti in Italia è lui.

Lo abbiamo incontrato nell’ambito del Lucca Comics & Games, uno degli eventi più importati del mondo per la cultura contemporanea, in grado di generare nel 2016 un indotto da 56 milioni di euro per quasi 500 mila visitatori, spalmati nell’arco di cinque giorni. “Beh, se consideriamo i biglietti staccati probabilmente l’unico che lo supera è il ComiKet di Tokyo”, spiega Lupoi, “poi è chiaro che il mercato italiano non è quello inglese o tedesco ma comunque non fanno le stesse presenze”.

D’altronde Lucca Comics supera persino un evento come il San Diego Comic Con che ogni anno è il fulcro per il lancio di nuovi trailer legati al mondo del cinema, delle serie TV e dei videogiochi.
Il problema del Comic Con di San Diego, ma anche quello di New York, è che non hanno lo spazio, quindi devono limitarsi, altrimenti probabilmente i numeri salirebbero tantissimo. Lucca è facilitata perché è una manifestazione che si svolge in una città, quindi riesce ad avere molte più persone rispetto ai metri quadrati di un qualunque palazzetto o polo fieristico. Seguo Lucca dall’inizio, da quando era solo un tendone e adesso per la prima volta vedrà anche la presenza di Netflix, la sua crescita è stata incredibile.

La crescita e il cambiamento di Lucca Comics in fondo sono legati a quanto è cresciuta l’importanza di fumetti, videogiochi e serie tv nella cultura popolare no?
Faccio questo lavoro dall’86, ho iniziato come “fanzinaro” e ho visto tutta l’evoluzione del settore fumetto. Siamo passati da un’arte “povera” e marginale che faceva dei bei numeri a qualcosa che fa numeri più bassi ma comunque importanti, che ha moltiplicato le sue uscite e che è diventata il cardine di un’industria culturale milionaria. Penso a Marvel, che per me prima era soltanto qualcosa di legato alla carta con qualche piccola serie animata e oggi è un impero che ha al suo interno qualunque cosa. L’anno prossimo al cinema usciranno otto film targati Marvel, due a trimestre, è un numero che fa paura.

E com’è lavorare per un impero così grande, che senza dubbio porta con sé delle responsabilità abbastanza importanti?
La parte di publishing all’interno di questo colosso è solo una delle molte variabili. Per quanto si possa lavorare bene siamo soltanto una parte del tutto, soprattutto qua da noi, in cui fondamentalmente siamo solo degli editori.

Beh però ci sarà senza dubbio un tocco personale nel farlo per l’Italia.
Diciamo che siamo molto creativi, quando vedo ciò che fa Marvel in altri paesi mi pare di notare qualcosa in più nei nostri prodotti. Che sia il packaging, il marketing, la grafica o la cura del prodotto riusciamo sempre a metterci qualcosa di nostro. Ad esempio, l’album di figurine dedicato ai fumetti Marvel che sta per uscire è una cosa pazzesca, mai fatta da nessun’altra parte. Addirittura abbiamo mescolato dei disegni originali insieme alle figurine, come se fossero biglietti della lotteria, storie da completare, una sezione che racconta tutta la storia dell’universo Marvel… insomma è uno sforzo produttivo importante. Questa è solo la prima cosa che mi viene in mente, ma potrei pensare un sacco di altri esempi.

Ma come sei arrivato a fare il tuo lavoro? A trasformare la passione in uno stipendio?
Io da ragazzino volevo fare questo lavoro, avevo dei quaderni dopo recensivo i fumetti, scrivevo lettere alla Corno, vecchio editore Marvel, in cui spiegavo come avrebbero dovuto fare fumetti e a un certo punto mi sono ritrovato a scrivere di fumetti Marvel quando non lo faceva nessuno. Mi documentavo, compravo riviste inglesi, spendevo cifre folli per gli albi americani, me li procuravo in ogni modo possibile, con tanto di vaglia postali per farmeli spedire dal Colorado. Poi un giorno ho conosciuto un editore che stava provando a rilanciare la Marvel in Italia mi unii a lui e anche se non andò bene conobbi altre persone con cui fondai Star Comics e iniziamo a importare fumetti Marvel in un momento in cui non li voleva nessuno. La cosa andò bene e dopo sette anni quando la Marvel aprì un ufficio in Italia mi chiamarono subito.

Nel fumetto italiano si parla sempre di “crisi”, ma qual è il tuo punto di vista sul settore?
Il mondo del fumetto che è sempre in crisi, almeno da quando ci lavoro io. Trent’anni fa eravamo in crisi. Di sicuro, come tutti i settori legati alla carta si deve reinventare continuamente e lo ha fatto senza dubbio. Trent’anni fa era qualcosa che si vendeva solo in edicola, salvo qualche cartonato di Tex o i grandi classici di Topolino, poi sono arrivate le fumetterie che hanno condiviso la fetta con le edicole e adesso abbiamo edicole, fuemtterie, librerie, i supermercati, Amazon e altri store virtuali, il digitale e persino le fiere sono diventati momenti in cui si vendono tantissimi fumetti e in cui bisogna calcolare al millimetro come posizionare i fumetti giusti sul banco per farli rendere al massimo. È una realtà estremamente complessa che si reinventa quotidianamente. Questo vuol dire che alcuni settori calano, altri crescono, altri restano invariati, mentre gli editori cercano di crescere e creare valore differenziando i prodotti. Ci sono fumetti costosi, edizioni per appassionati, altri più popolari, raccolte. C’è di tutto e si può fare tanto.

Anche il mondo degli appassionati di fumetti è decisamente vivace.
Per fortuna c’è una discreto “zoccolo duro” di appassionati, ma anche un sacco di nuovi lettori e lettrici. La quantità di pubblico femminile che c’è adesso non si era mai vista, il nostro obiettivo è intercettare questo nuovo pubblico. D’altronde i fumetti sono diventati anche un modo per raccontare la diversità e una nuova visione del mondo. Qua devo fare un distinguo: il fumetto americano ha sempre raccontato la contemporaneità. Non dimentichiamo che negli anni ’60 la Marvel introdusse i primi personaggi di colore e ha sempre cercato di raccontare la politica, le spaccature nella società statunitense, le sue contraddizioni e le sue voci. Il fumetto italiano d’autore è sempre stato un testimone impegnato della realtà e continua a farlo, il fumetto italiano popolare spesso si svolge in realtà differenti, ma parla comunque di noi, come ad esempio alle ultime storie di Dylan Dog. Dunque sì, il fumetto è sempre stato testimone del suo tempo, oggi forse lo è con maggiore libertà.

E ciononostante c’è chi non è d’accordo e spesso si oppone al cambiamento.
La Marvel ha deciso di creare versioni moderne di personaggi classici che raccontassero un mondo nuovo, una Thor donna, Captain America afroamericano, una nuova veste per Iron Man, che diventa Iron Heart, ovvero una geniale ragazzina di colore aiutata da una IA con la personalità di Tony Stark. Se pensiamo a un mondo in cui ci sono uomini e donne, etero e gay, cristiani e musulmani, uomini e androidi il fumetto deve rappresentarli tutti, altrimenti ce la cantiamo e ce la suoniamo. Oggi una cosa come Friends, in cui tutti sono bianchi e benestanti che vivono a Manhattan forse non avrebbe molto senso.

La domanda può essere difficile, ma qual è il tuo supereroe preferito?
Diciamo che è un discorso complesso. I fumetti sono una cosa di pancia, tu li leggi e ti appassionano in base anche a periodo della tua vita. C’è stato un momento in cui impazzivo per gli X-men, poi per gli Avengers, Spider Man, Daredevil, poi dipende anche da chi li scrive o li disegna. È una domanda che va spiegata nella complessità del qui e dell’ora. Forse più degli altri sono legato a Peter Parker, a Spider Man, sia perché ho curato un sacco di uscite, sia perché un eroe contro-eroe, che vince ma perde, che ha paura ma è coraggioso, è un personaggio in cui mi sono sempre riconosciuto. Un altro che ho amato e Captain America, perché è un personaggio che ispira, ma ha un sacco di tormenti. Non esistono eroi d’acciaio nel mondo Marvel. Un altro grande amore che ho è il Dr. Strange, l’idea di un mago che medita a mezz’aria e vive Greenwich Village aprendo portali dimensionali è sempre piaciuto. Amo anche fumetti fuori dal campo Marvel come Flash, Superman, Supergirl e adoro i Peanuts.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .