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Da fenomeno nerd a business milionario: l’eSport fa le prove di Olimpiade

La Spodek Arena di Katowice durante l’ultima edizione degli Intel Extreme Master

“Consideriamo i videogiochi competitivi sport a tutti gli effetti. Proprio come le discipline che potremmo definire tradizionali, gli eSport richiedono riflessi ultrarapidi, capacità elevate, pensiero strategico in tempo reale e tanto allenamento”.

È significativo che le parole di Agostino Melillo, responsabile della comunicazione di Intel, sembrino l’eco di una recente e molto discussa dichiarazione del Comitato Olimpico Internazionale: una decina di giorni fa, da Losanna, il Cio ha ufficialmente riconosciuto legittimità sportiva ai videogiochi praticati a livello agonistico, i cosiddetti eSport.

Detto altrimenti, un affare che nel 2017 sta muovendo 696 milioni di dollari a livello globale (+41,3% anno su anno) e che secondo Newzoo, entro il 2021, supererà il miliardo e mezzo. Significa che ai prossimi Giochi di Parigi, nel 2024, scaleranno i podi olimpici campioni con mouse e tastiera al posto di palloni o clavette? Impossibile dirlo con certezza.

Eppure, mentre impazzava il dibattito, qualche giorno fa dal palco della BlizzCon di Los Angeles, una delle convention più importanti del settore videoludico, un altro annuncio pesante ha indicato quale potrebbe essere la risposta giusta: prima degli imminenti Giochi olimpici invernali, in Corea del Sud dal 9 fino al 25 febbraio, gli Intel Extreme Masters PyeongChang porteranno il gaming al cospetto dei cinque cerchi: ufficialmente a corredo del programma gare, quindi esterno al calendario ufficiale, il torneo ospiterà competizioni di Starcraft II e Steep – Road to the Olympics.

La presentazione degli Intel Extreme Masters PyeongChang

Il primo, e il fatto non è marginale, è il videogioco strategico in tempo reale – una sorta di scacchi ad ambientazione fantascientifica – che ha pesantemente contribuito a fare degli eSport uno fra i business con i margini di crescita più alti dell’ultimo lustro.

Pubblicato nel 2010 da Blizzard Entertainment, lo studio di sviluppo californiano di cui BlizzCon è il raduno annuale, in Corea Starcraft è una sorta di sport nazionale. Alla stregua dei colleghi “tradizionali”, i suoi giocatori professionisti vantano contratti milionari, linee di abbigliamento dedicate, sponsor accodati per accaparrarsene l’immagine e stadi gremiti per acclamarne le gesta, trasmesse in diretta su una decina di canali nazionali monotematici.

La federazione ufficiale, la KeSPA, è una realtà dal 2000, quando fu fondata con il supporto del ministero di Cultura, Sport e Turismo.

Edito da Ubisoft, Steep – Road to the Olympics è invece un simulatore di sport invernali, dallo snowboard allo sci in pista. Permette di riprodurre su console e computer quello che gli atleti faranno sulle montagne coreane per l’intera durata dei Giochi. “Intel è impegnata nel mondo degli eSport da oltre 15 anni”, spiega Melillo, “fra le iniziative che organizziamo, gli Intel Extreme Masters, in collaborazione con la specializzata Esl, hanno un posto di rilievo, essendo dal 2006 uno dei circuiti competitivi professionali più importanti al mondo: nei due weekend di finali dell’ultima edizione, nella Spodek Arena di Katowice, in Polonia, agli oltre 173mila spettatori dal vivo si sono aggiunti 46 milioni di visualizzazioni uniche in live streaming. Siamo entusiasti di mostrare al mondo perché i videogiochi competitivi abbiano tanto successo”.

Un successo che al di là delle cifre mosse è interessante per la composizione del suo pubblico: da una ricerca di Paypal e SuperData effettuata su 12 mercati europei a inizio anno, emerge infatti che il 62% degli appassionati oggi non supera i 34 anni e solo il 10% ha visto più di 45 primavere.

Significa che gli sport elettronici oggi sono la sintesi più efficace di agonismo, tecnologia e dei due passatempi più diffusi sotto i 25 anni: videogiocare e guardare chi lo fa. Non è un caso che sponsor e media tradizionali, oggi in difficoltà nell’intercettare le fasce di età più basse, stiano interessandosi al settore. O che, anche in Italia, squadre come Roma, Sampdoria ed Empoli, sulla scia di club come Paris Saint-Germain, Galatasaray, Manchester City o di tutta la Nba, abbiano già inaugurato proprie sezioni esportive.

C’è da scommettere che anche altri grandi protagonisti dello “sport tradizionale” non staranno a guardare. E che prima o poi, a portare la bandiera nazionale verso la fiamma olimpica, sia qualcuno veloce come Bolt, ma con un joypad in mano.
L’eSport è il futuro imminente. Anche degli incassi.

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