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Come nasce un mito della classe creativa globale

Il Coachella del 2014.

Elon Musk è uno degli investitori più quotati di questo momento storico e la sua creatura prediletta, Tesla Motors, capitalizza più di Ford. Qual è il segreto dell’imprenditore sudafricano? L’immaginazione. Essere capace di immaginare un futuro in grado di affascinare centinaia di milioni di individui, concettualizzarlo e trasfonderlo tramite sofisticati simbolismi in prodotti di consumo.

Tesla è un esempio emblematico. Nel biennio 2015-2016, che ha coinciso con l’assestamento del titolo intorno quota 200 dollari dopo l’exploit del biennio precedente, Tesla Motors è stata incoronata da Forbes azienda più innovativa dell’anno, passando in seconda posizione nel 2017.

La metodologia della classifica stilata da Forbes, ispirata al celebre testo edito da Harvard Business Press The Innovator’s DNA, misura tramite un algoritmo di proprietà di Credit Suisse (HOLT) la differenza tra la capitalizzazione di mercato dell’azienda e i flussi relativi all’attività economica. Il premio innovazione, sostanzialmente, consiste in un indicatore delle aspettative economiche e finanziarie riguardanti l’azienda, i suoi progetti, il suo modello di business, le sue strategie di sviluppo e il suo portafoglio asset e brevetti.

Nel caso di Tesla Motors, tuttavia, si aggiunge un’ulteriore dimensione alla valutazione: la vision del suo creatore. Nel corso degli ultimi anni, infatti, Elon Musk è stato capace di intercettare desideri, inquietudini e aspirazioni di quella che l’economista francese Jacques Attali ha sagacemente definito la classe creativa globale. Le Tesla sono molto più che auto elettriche, e qualcosa di diverso da uno status symbol: sono immagini estrapolate dall’idea di futuro coltivata dalla classe creativa globale. Ed Elon Musk è allo stesso tempo uno degli architetti e uno dei prodotti di questa idea di futuro.

Il modello di sviluppo di cui si fa portatore – e di cui è figlio – è un’evoluzione della cultura yuppie degli anni ’80 e ’90, universalizzata dalla caduta del Muro di Berlino e dalla globalizzazione. Il gusto per il nuovo e la passione per la scoperta, la concezione universalista di benessere, l’avversione nei confronti dei compromessi, il culto per l’efficienza, il dinamismo e la tecnodipendenza sono solo alcune delle principali caratteristiche di questa nuova cultura. E gli ingredienti fondamentali del successo di Tesla Motors e del suo creatore.

In questa formula magica, peraltro, è racchiuso il motivo dell’aperta ostilità che i colossi dell’high tech riservano all’amministrazione Trump. Anche Google e Apple, infatti, si sono contese la leadership della classifica di Forbes. Amazon è attualmente terza, dietro Tesla.  Per le aziende più innovative del settore gli indirizzi conservatori della nuova amministrazione rischiano di trasformare quella che sinora era una profezia auto-avverante in un pericoloso azzardo. Il successo delle scommesse sul futuro, infatti, è già stato metabolizzato nei bilanci e nelle proiezioni dei colossi dell’high tech, proprio come nel caso di Tesla Motors. L’amministrazione Trump non solo ha la possibilità di imprimere una decelerazione al processo di sviluppo, ma è anche in grado di deviarne il corso, inserendo nell’immaginario collettivo nuovi driver e spezzando l’incantesimo che lega produttori di futuro e consumatori.

La profonda revisione della politica ambientale rispetto a quella promossa dalla precedente amministrazione, minaccia di rallentare lo sviluppo di settori industriali estremamente strategici, mettendo a repentaglio la leadership globale assicurata sinora dalla sinergia tra l’establishment e grandi attori economici: lo dimostra, tra le altre cose, anche la recentissima lettera inviata a Trump da 300 compagnie americane, preoccupate dalle sorti degli accordi di Parigi. Inoltre, questo scenario rischia di relegare gli Stati Uniti in una posizione scomoda, che rilancerebbe le ambizioni europee e cinesi, e intaccando l’egemonia morale e culturale Usa a livello internazionale. Cosa che peserebbe maniera drammatica sulle quotazioni dei colossi dell’high tech, che nel corso degli anni – forti dei feedback ricevuti dal mercato e degli input arrivati dalla nuova classe creativa – hanno accumulato una notevole esposizione a livello globale.

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