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Perché Carlo Cottarelli può essere il premier che mette d’accordo tutti

Carlo Cottarelli nel 2013 a Washington, a un meeting del Fondo monetario internazionale.

In uno scenario post-elettorale sempre più confuso e dalle sorti imperscrutabili, una nuova ipotesi si sta facendo strada nei palazzi romani, per ora solo sussurrata a mezza voce da qualche esponente politico intervistato dai media. Un governo di scopo con cui occuparsi delle questioni più urgenti (legge elettorale e finanziarie) sembra una soluzione sempre più percorribile, in mancanza d’altre vie all’orizzonte: un esecutivo “di tutti” appoggiato da centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 stelle. Tra i nomi di cui si parla per il ruolo di primo ministro, in queste ore spunta quello di Carlo Cottarelli, l’ex commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica dei governi Letta e Renzi. Se un’alleanza Lega-5 stelle viene esclusa a gran voce da ambo le parti; se un appoggio esterno del Pd a un esecutivo Di Maio pare sempre più difficile; se, infine, un governo di centrodestra a trazione salviniana sembra allo stesso modo non poter essere un’opzione praticabile, la figura di Cottarelli ha riunito intorno a sé convergenze bipartisan più uniche che rare, in una fase politica così frammentata e propensa al muro contro muro.

Sessantaquattrenne originario di Cremona, il deus ex machina della spending review italiana è un economista e saggista specializzato nei temi del fisco e delle politiche monetarie, e prima della nomina governativa lettiana ha seguito un invidiabile cursus honorum nel Fondo monetario internazionale: entrato negli uffici del Fmi prima della fine della Guerra fredda, nel 1988, col passare degli anni ha ricoperto i ruoli di vicedirettore del dipartimento Europa e di quello dedicato a Strategia, politica e revisione. Nel 2001, nel pieno gorgogliare del dibattito pubblico sugli effetti collaterali della globalizzazione, è stato il responsabile delle attività del Fmi in 10 Paesi europei, e nel 2008 gli è stato assegnato il prestigioso incarico di direttore del dipartimento Affari fiscali.

Oggi Carlo Cottarelli dirige l’Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, che durante la campagna elettorale ha messo in fila proposte economiche e relative coperture (perlopiù assenti) dei partiti in corsa, in un report di cui Forbes si è servito per redigere le sue pagelle in vista del 4 marzo. Il mese scorso Silvio Berlusconi l’aveva indicato in prima serata come suo ideale “ministro per la spending review”, e a stretto giro a fargli eco, nella stessa trasmissione televisiva – In mezz’ora, di Lucia Annunziata – era stato il candidato premier del M5s Luigi Di Maio, che aveva promesso: “Applicheremo il piano sulla spending review di Carlo Cottarelli, che gli altri governi non hanno voluto attuare” (lo stesso Cottarelli aveva però replicato con freddezza su Twitter al possibile primo ministro grillino, e prima ancora aveva dovuto smentire ufficialmente il suo interessamento per il ministero berlusconiano).

Le ricette cottarelliane – contenute già nel celebre piano oggetto della rottura con Renzi nel 2014 – sono sempre le stesse: controllo della spesa pubblica, riduzione del deficit, aumento dell’avanzo primario intorno al 4%, alleggerimento fiscale. A chi lo tirava per la giacchetta in campagna elettorale, Cottarelli rispondeva (sul Foglio) dicendo: “Non si può dare la disponibilità alla cieca, i programmi dei partiti sono definiti in maniera estremamente vaga”. E anche a urne chiuse la linea del commissario straordinario non è cambiata: intervistato da Rainews24, qualche giorno fa Cottarelli si è detto “disponibile a servire il Paese”, ma a patto che ci siano accordi molto precisi su “quello che si vuole fare”. Nello stesso intervento, l’economista scherzava sottolineando che stavolta c’è da sperare che le promesse elettorali dei partiti non vengano mantenute, perché in caso contrario le ricadute economiche sarebbero potenzialmente disastrose. Il cavaliere della riduzione di spesa che voleva tagliare ogni spreco riuscirà, dunque, a mettere d’accordo un parlamento eletto promettendo miliardi di spesa pubblica? L’uomo della Troika saprà accontentare i partiti che hanno fatto campagna contro l’austerity? Non è dato saperlo, almeno per il momento: ma certamente, oggi come sempre, Carlo Cottarelli ha un piano.

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