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Strategia

7 qualità che un manager deve avere per guidare l’innovazione in azienda


Di fronte a un’innovazione digitale sempre più sfidante, le competenze tecniche sono importanti, ma non determinanti per un top manager. Secondo EXS, la società di executive search di Gi Group, sette sono i tratti distintivi e strategici che un leader deve possedere per introdurre e guidare il cambiamento con il supporto di tutta la prima linea nella propria impresa, grande o piccola che sia.

Nonostante oggi il background tecnico e di business abbia un peso ancora rilevante nel percepito medio per la scelta di un top manager, in realtà le competenze soft (organizzative, relazionali, cognitive) sono quelle davvero determinanti nei ruoli manageriali”, commenta Pasquale Natella, amministratore delegato di EXS. “In particolare, poi, la visioning e l’abilità di coinvolgere tutti gli stakeholder d’impresa (CDA in primis) sono cruciali anche per portare innovazione; individuare queste capacità con la maggior precisione possibile permette di avere l’Executive giusto – uomo o donna che sia, naturalmente – per affrontare questa fase storica”.

  • Consapevolezza del contesto: intesa come comprensione dei fattori di riferimento del proprio contesto e delle relazioni che concorrono a determinare opportunità e minacce. Non sempre l’innovazione nasce, infatti, all’interno dell’organizzazione; un buon top manager deve possedere una grande capacità di osservazione dell’esterno e del mercato, nonché l’intuizione di capire se da altri mondi emergono opportunità e possibili convergenze da adottare e adattare alla propria realtà. Costruisce, pertanto, un’ampia rete di fonti di informazione all’interno e all’esterno dell’organizzazione funzionale sia per intercettare l’emergere di nuovi trend e segmenti di mercato sia per percepire i fabbisogni emergenti dei clienti nel breve e nel medio termine, sapendone valutare e identificare gli impatti sul proprio ambito di competenza.
  • Costruire una visione: capacità intesa come un mix equilibrato e strutturato di concettualizzazione – prospettiva – change; partendo da questo ultimo punto corrisponde alla capacità di vedere e definire obiettivi di cambiamento (sia incrementali che radicali) per generare nuovo valore (ovvero saper definire con chiarezza il “cosa” diventare), inquadrando questo cambiamento secondo prospettive diverse sia in termini di scenari sia dal punto di vista temporale. Dopo avere definito con maggiore precisione il posizionamento su questi assi, il leader deve “concettualizzare”, ovvero costruire con il supporto del suo team (con loro definisce il “come”) un percorso chiaro per realizzare l’obiettivo definito, identificando tutte le risorse necessarie per percorrerlo.
  • Essere ambasciatore dell’innovazione: il leader deve “agire” l’innovazione ed esserne il primo testimonial all’interno della propria impresa per poterla comunicare e favorirne l’adozione da parte della propria organizzazione prima che dal mercato stesso. Deve saper dominare la contrapposizione tra Explore e Execute in un’alternanza che non crei difficoltà all’organizzazione e ai clienti, ma che sfrutti la creatività interna, la voglia di lasciare un segno tangibile in un processo a ciclo continuo di produzione-test-feedback-produzione. In questa veste deve essere anche un “facilitatore generazionale”, ovvero fare da ponte tra la creatività dei millennials e la competenza dei senior in azienda affinché il meglio di questa integrazione si traduca in vera innovazione.
  • Imparare dagli errori: la disponibilità ad accettare l’errore nello sperimentare strade nuove e ad imparare da esso è una delle sfide più impegnative in termini di self learning, ma più promettenti di risultati futuri per un executive. Deve avere una ferrea determinazione e orientamento al risultato e per questo saper affrontare immediatamente la realtà dei risultati (non deve procrastinare) e, se non positivi, non arroccarsi in posizioni di difesa ad oltranza della propria posizione e decisione, riconoscendo, anzi, il fallimento e avendo il coraggio di comunicarlo e condividerlo per andare alla radice del problema. Interviene subito, quindi, per correggere e imparare senza attendere che la situazione si autosistemi o intervengano altri dopo di lui. Il leader deve, infine, aumentare e modificare il livello di “supporto” agli altri, ovvero deve essere più predisposto all’ascolto e non più come in passato provvedere a dare la giusta risposta, ma focalizzarsi semmai nel “fare la giusta domanda”.
  • Ridurre la complessità: la capacità di rendere i processi interni più facilmente leggibili per l’organizzazione e riuscire a far percepire l’innovazione, qualunque essa sia, “enjoyable” per il cliente interno rende più motivante il lavoro per tutti i collaboratori e più facile il cambiamento organizzativo, comportando un riverbero positivo anche verso l’esterno. Si tratta, in pratica, di trovare la strada della semplicità anche nell’ambito della digitalizzazione, dopo aver compreso appieno l’essenza delle cose e del business. Il confronto che ha evidenziato l’Istituto Italiano di Tecnologia tra le prestazioni di un bambino di 10 anni e il miglior robot umanoide costruito fino ad oggi aiuta a comprendere questo aspetto: il cervello del robot è fatto di silicone e quello del bambino dal 75% di acqua, il primo è composto da circa 60 elementi diversi, il secondo da 6, il robot riesce a compiere 10^8 operazioni al secondo, il bambino 10^16 (ossia 100 milioni di volte quello del robot), il robot con 1300w lavora 2 ore, il bambino con 1500 Kcal praticamente non si ferma mai. Allo stesso modo se il leader non arriva a comprendere la vera essenza del suo business e della sua azienda troverà soluzioni che richiedono più risorse di quelle necessarie, raggiungendo un risultato nettamente inferiore all’ottimale.
  • Esercitare self awareness & development: chiedere all’azienda umiltà e fiducia significa, per il leader, in primo luogo, esserlo con se stesso guardandosi allo specchio con occhi neutri, ricercando attivamente opportunità di confronto con modelli di pensiero diversi, chiedendo e raccogliendo feedback per comprendere che tipo di impatto ha sugli altri e sulle situazioni. In questo senso al tempo stesso il leader attribuisce i fallimenti completamente a se, mentre riconosce la gran parte dei successi al suo team e alla fortuna; è consapevole della soglia di stress che è in grado di gestire evitando l’overload e definendo con chiarezza le priorità aziendali e quelle proprie.
  • Accrescere la consapevolezza dell’organizzazione: un leader dovrebbe essere valutato per le azioni che mette in campo e che è in grado di analizzare e decodificare in termini di valori che agisce con il suo essere leader e trasmette nell’organizzazione. Questo perché, poi, deve essere confrontato con i valori dichiarati e la media di quelli espressi dal resto dell’organizzazione. Come conferma anche McKinsey (High-performing teams: A timeless leadership topic, di Scott Keller e Mary Meany, giugno 2017) se non c’è allineamento di almeno il 50% dei valori tra Leader e azienda, la performance si attesterà su un livello di circa il 30% del suo potenziale. Inoltre, senza questa consapevolezza sarebbe impossibile effettuare progetti di change management o sapere che tipo di top manager scegliere dall’esterno per rafforzare il sistema nel suo complesso. L’altro elemento fondamentale è connettere il futuro con il presente traducendo l’obiettivo organizzativo in target semplici e graduali a cui possono tendere le persone ingaggiandole spiegando loro come il lavoro di ciascuno contribuisca alle ambizioni dell’azienda (definire il “perché”).

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