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Perché un politico sull’autobus fa notizia solo in Italia

Barack Obama sullo storico bus di Rosa Parks all’Henry Ford Museum.

I fatti, dopo giorni di estenuante dibattito, sono noti: il neo presidente della Camera Roberto Fico, esponente di rilievo del Movimento 5 stelle, è stato fotografato su un autobus romano diretto al suo posto di lavoro, l’aula di Montecitorio. La mossa di immagine del politico grillino, di sicuro impatto, ha fatto parlare l’intero Paese: qualcuno ha prontamente preso in mano i suoi rimborsi spese, scoprendo che – visto il documentato ricorso ai taxi – quella dei mezzi pubblici non era un’abitudine molto consolidata; altri hanno sottolineato il “bel gesto”; i social, come al solito, hanno sciorinato boutade sull’atteggiamento francescano del successore di Laura Boldrini.

A fronte di tutto questo chiacchiericcio, in pochi hanno cercato di allargare l’obiettivo fino a comprendere anche una prospettiva d’insieme più “culturale”: per quale motivo, insomma, nell’Italia del 2018 un uomo politico che prende un mezzo di trasporto pubblico a Roma è una notizia che paralizza i flussi mediatici? Mattia Feltri, nella rubrica quotidiana che firma per La Stampa, ha notato che “salire sull’autobus non è una buona idea”: scorte e auto blu, prima di diventare la nemesi dell’onda populista, hanno una raison d’être precisa e necessaria. Ma non c’è solo questo: all’estero un politico che sale su un autobus semplicemente non è una notizia, “ma in Italia è un titolo da prima pagina”, segnala, tra gli altri, il Telegraph. C’entra sicuramente una retorica anticasta che ha fatto delle auto blu un simbolo da abbattere: fin dalla pubblicazione de La casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, undici anni fa, le spese dei politici per i viaggi e le scorte sono entrate nel loop dell’indignazione prima popolare e poi populista. E in questo senso, cos’è meglio di un politico che si sposta sui nostri stessi mezzi?

Il “reality show a 5 stelle”, come l’ha definito Andrea Minuz sul Foglio, punta forte sull’instaurazione di un nuovo corso per immagini e suggestioni, ma i grillini non sono gli unici: nel 2014 anche Matteo Renzi mise all’asta online un centinaio di auto blu, in una conferenza stampa convocata dopo il Consiglio dei ministri del suo governo. L’Italia onesta deve muoversi con mezzi a disposizione di tutti, sembra dire la vox populi: eppure, da quella stessa voce viene una condanna ferma e senza appello alle condizioni del trasporto pubblico (quello romano, secondo un reportage dello Spiegel del 2016, è nientemeno che “il peggiore d’Europa”). Nessuno vuole utilizzare gli autobus romani, ma molti guardano ammirati a chi si fa ritrarre con uno sguardo sognante su un bus della Capitale. Di norma, se puoi evitare la calca di una linea affollata alle 8 di mattina lo farai (e lo fanno moltissimi romani, che preferiscono stare in coda sui loro scooter sulla Cristoforo Colombo), ma dal politico che ti rappresenta ti aspetti che si sottoponga volontariamente al martirio. Scriveva Karl Kraus: “Quando i diritti dell’uomo non c’erano ancora, li aveva il privilegiato. Questo era inumano. Poi fu stabilita l’eguaglianza, in quanto si tolsero al privilegiato i diritti dell’uomo”.

Oltre a rappresentare con molta più efficacia delle altre formazioni politiche i ceti medio-bassi, il Movimento 5 stelle è riuscito a innestare una mitopoiesi pauperista che ha fatto breccia nell’elettorato: non è un caso che la neo deputata Francesca Anna Ruggiero abbia avuto cura di postare su Facebook il biglietto “in classe SUPER ECONOMY” con cui si è recata a Roma – stavolta in treno – per amministrare il Paese (in realtà la classe del ticket era la prima, è stato fatto notare alla nuova cittadina, ma sono sottigliezze).

Il pauperismo culturale è parte del dna italiano: c’entrano le radici cattoliche del Paese; c’entra la sua tradizione catto-comunista fatta di questioni morali che privilegiano la probità rispetto alla competenza e i risultati; sicuramente c’entra anche l’avere a che fare con una classe politica con una reputazione distrutta da Tangentopoli, e non ancora ricostruita. Per un cittadino di un Paese di tradizione calvinista, la terza carica dello Stato che si sposta sui mezzi pubblici può essere solo rumore di fondo di altre notizie: cosa farà Roberto Fico da presidente della Camera? È abbastanza qualificato per quel ruolo? Che ne pensa dell’ipotesi di un esecutivo con la Lega? Un giornale olandese con in prima pagina un politico su un autobus farebbe registrare tassi di invenduti da record. L’Italia invece, da Paese da sempre impregnato di valori cattolici e preda di un confuso sentimento populista, scambia la posizione istituzionale per l’ostentazione di uno status sociale intrinsecamente iniquo. Come Max Weber sosteneva ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, fu la Riforma protestante a secolarizzare la considerazione del denaro – strumento e non più fine – nei Paesi che ne assorbirono la dottrina. Per gli altri, spendere è rimasto un enigma oscuro a cui opporre strambe utopie venezuelane, nell’attesa (non solo metaforica) di un bus.

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