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Management Tip by Roberto D’Incau: diversity in azienda

Nella mia attività professionale in ambito HR ho a volte delle sensazioni istintive, che mi portano a delle correlazioni mentali che possono stupire.

Una correlazione che ho sempre fatto è quella, neppure troppo strana, tra la qualità dell’ambiente lavorativo che un’azienda offre e la vera attenzione alle risorse umane: ci sono dei dettagli, come la cura degli ambienti comuni, dell’arredamento, dei bagni, che possono sembrare degli orpelli, e invece sono molto indicativi della reale attenzione che una azienda ripone nelle sue risorse. I dettagli fanno la differenza.

Un’altra correlazione, del tutto qualitativa, che ho fatto mentalmente negli ultimi anni, vedendo tante aziende diverse, è questa: esiste una correlazione piuttosto forte tra la diversity del management di un’azienda e il suo grado di innovazione e di proattività. Quando vedo aziende con un management team monolitico, per età, provenienza, cultura, mi preoccupo, e penso che prima o poi quell’azienda avrà dei problemi; ancora peggio quando vedo un management team composto solo dai componenti di una famiglia, quasi un clan: tranne qualche eccezione, un leadership team fatto cosi alla lunga non funziona.

Mi spiego meglio: sono un paladino della diversity, intesa come valorizzazione del mix di generi, culture, età, background culturale religioso, etnico, orientamente sessuale. Lo sono per due motivi: sia perché questa valorizzazione favorisce il benessere delle risorse umane in azienda, in cui tutti si sentono inclusi, sia perché la diversity di fatto fa bene alle aziende stesse. I mercati sono ormai globali, e le aziende dove il management è tutto uguale a se stesso, ad esempio tutti maschi, tutti quarantenni, tutti italiani, tutti della stessa provincia, ecc. mi sembrano aziende molto più statiche, più ferme, di aziende che hanno un management team  “diverse”. Questa è stata per qualche tempo solo una sensazione da consulente HR.

Quando ho letto la recente ricerca di BCG Boston Consulting GroupHow diverse leadership teams boost innovation” ho pensato: finalmente, c’è un’evidenza quantitativa alla mia forte opinione qualitativa!

“Assumi un chief innovation officer. Cambia la cultura. Guarda al di fuori della tua industry. Non mancano i consigli su come le aziende possono diventare più innovative. La verità è che la maggior parte di questi consigli si basano su una evidenza legata a aneddoti. Ma c’è sicuramente un passo che le aziende possono fare che ha una base dati di evidenza dietro di sé. Un recente studio di BCG mostra che incrementare la diversity di un leadership team porta a maggiore innovazione e a una migliore performance finanziaria[…]Le aziende che hanno un tasso di diversity superiore nei loro management team mostrano un fatturato legato all’innvazione di 19 punti superiore rispetto alla aziende con un tasso di diversity sotto la media (45% del fatturato totale versus 26%)[…]L’evidenza è chiara: le aziende che prendono l’iniziativa e aumentano attivamente la diversity dei loro management team (in tutte le dimensioni della diversity), performano meglio. Queste aziende trovano soluzioni non convenzionali ai problemi e generano più idee, idee migliori, con una maggiore probabilità che alcune di loro diventino prodotti e servizi vincenti nei loro mercati. Come risultato finale di tutto ciò performano meglio dei loro competitor. Per i management team, ci sono poche possibilità di fare canestro nel mondo del business. La diversity è una di queste”.

BCG, Boston Consulting Group, 01/2018.

Non c’è bisogno di aggiungere altro: la diversity fa fare canestro alle aziende.

Il passo avanti, non da poco, di cui tenere conto anche in Italia  è quindi quello che la diversity non è una “moda” americana, un mantra che arriva dagli headquarter delle multinazionali, o un credo di noi consulenti aziendali più attenti ai nuovi temi del management. E’ una grande opportunità concreta per le aziende italiane, da cogliere subito senza perdere tempo. Il rischio, se la sfida della diversity non viene raccolta,  è quello di provincializzare le nostre aziende, e di fare del nostro paese una provincia dell’impero sempre più lontana da dove le cose nuove e importanti succedono.

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