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Un progetto di Harvard ha reso realtà le api-drone di Black Mirror

Un frame della puntata finale della terza stagione di Black Mirror, “Hated in the Nation”.

“Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra” – disse una volta Albert Einstein – “all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. La previsione del noto scienziato, a oltre mezzo secolo dalla sua scomparsa, si sta rivelando spaventosamente giusta: la popolazione delle api sta diminuendo e con essa diminuisce anche l’attività di impollinazione di centinaia di specie di piante, sia coltivate che selvatiche; lo rivela uno studio condotto di recente dall’Ipbes (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), secondo cui la riduzione di questi e di altri insetti impollinatori è decisamente preoccupante e gli effetti anche sull’essere umano rischiano di essere catastrofici.

Perché abbiamo tanto bisogno delle api? Il processo di impollinazione è – almeno in parte – responsabile di circa il 75% della produzione agricola necessaria per l’alimentazione: si calcola che il valore in dollari delle produzioni agricole dipendenti da impollinatori sia compreso tra 200 e 600 miliardi l’anno; la sola produzione di miele infatti ammonta a circa 1,6 milioni di tonnellate l’anno. Già dal 2016 l’Ipbes rese noto che il numero degli alveari di api si è ridotto del 30-50% a seconda delle zone del mondo (le percentuali più alte riguardo l’Unione Europa). Le cause del calo di popolazione delle api sono molteplici, a cominciare dai fattori climatici, malattie parassitarie, malnutrizione (dovuta principalmente all’attività antropica invasiva) e gli effetti tossici degli insetticidi. 

Senza api, la produzione agricola subirebbe un drastico calo e il valore di mercato dei prodotti agricoli aumenterebbe notevolmente. Ma l‘aforisma di Einstein, a decenni di distanza, era diventato una puntata di Black Mirror: nella popolare serie tv di Charlie Brooker le api erano rimpiazzate da piccolissimi robot in grado di impollinare la flora (ma in realtà strumenti governativi di sorveglianza di massa). E oggi la profezia della fiction è diventata, almeno in parte, realtà: i ricercatori dello Wyss Institute di Harvard, dal 2013, stanno lavorando allo sviluppo dei RoboBees, ovvero micro-droni per sostituire le api.

RoboBees, sviluppato dal Wyss Institute.

Un esemplare misura un paio di centimetri, la metà di una graffetta standard, e pesa meno di un decimo di grammo; è in grado di volare grazie a “muscoli artificiali”, realizzati da materiali che si contraggono quando viene applicata una tensione. Con l’ultimo upgrade queste api robot sono capaci di stare anche sott’acqua.

Il modello replica l’anatomia dell’ape, imitandola su scala sub-millimetrica: le due ali sottili, leggere e flessibili, sbattono a 120 volte al secondo permettendo al micro-drone di decollare in verticale, virare ed effettuare il volo stazionario grazie a degli attuatori piezoelettrici. Sottili cerniere di plastica – incorporate all’interno di un telaio in fibra di carbonio – fungono da giunti, ed ogni ala è controllata indipendentemente e in tempo reale grazie a un sistema di controllo bilanciato che ne comanda i movimenti rotazionali. I RoboBees saranno impiegati, oltre che per l’impollinazione, anche per il monitoraggio ambientale, e per operazioni di ricerca e salvataggio.

Il sistema è stato sviluppato e pensato per garantire, inoltre, un volo di gruppo sincronizzato, proprio come avviene per gli sciami. È solo grazie alle recenti scoperte di questo laboratorio nella produzione, nei materiali e nel design che siamo stati in grado di provare. E ha funzionato, in modo spettacolare”, ha dichiarato il ricercatore Robert Wood. Per costruire RoboBees, i ricercatori dell’Istituto Wyss hanno sviluppato metodi di produzione innovativi, le cosiddette tecnologie microelettromeccaniche Pop-Up (MEMs) che hanno già notevolmente ampliato i confini dell’attuale progettazione robotica.

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