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LCA Studio Legale, cosa rende strategiche le decisioni del collezionista


DI EMANUELA ROLLINO E MATTEO MORETTI

Ebbene, il collezionista raffinato si distingue dal grande pubblico per la capacità di individuare una particolare opera, insostituibile con altre similari, che è unica per la qualità e le modalità di esecuzione adottate dall’artista. Quell’opera dovrà dunque essere tutelata, valorizzata, conservata e sarà magari ceduta per acquistarne un’altra che riscontri maggiormente i gusti del collezionista. La passione per l’arte conduce a cercare nuovi artisti e ad acquisire opere che potranno apprezzarsi negli anni a venire, in un crescendo di acquisti e rivendite.

Il collezionista privato
Gli aspetti giuridici e fiscali connessi all’arte sono oramai molteplici e devono essere sempre considerati non solo nell’ambito di una corretta gestione di una collezione, ma anche, se del caso, ai fini di una efficiente programmazione preventiva del processo successorio, prestandosi, più di altri beni, ad essere trasferiti velocemente. Nel nostro ordinamento fiscale casistico e complesso non è presente una norma che preveda di tassare il collezionista che cede le opere possedute nella propria sfera privata e nell’ambito di un’attività non speculativa, mentre è già prevista la tassazione delle cessioni effettuate con finalità speculative, se qualificabili come attività commerciali ancorché non abituali. Tempo fa è circolata la notizia della possibile introduzione, nell’ambito della Legge di Bilancio 2018, di una norma di interpretazione autentica di un articolo del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, volta a tassare (come “reddito diverso”) le eventuali plusvalenze realizzate da collezionisti privati nella cessione a terzi delle proprie opere d’arte, fissandone altresì le modalità di calcolo ed introducendo il principio del cd. “modico valore”.

La modifica, che in base ad una prima ipotesi di lavoro avrebbe avuto efficacia retroattiva per tutte le annualità ancora accertabili, ha destato lo sconcerto dei professionisti e la comprensibile preoccupazione dei collezionisti. Il Legislatore, particolarmente attento al termine del mandato elettorale, non ha dato seguito alla proposta, ma non si può escludere che l’attuale assetto normativo possa essere oggetto di ulteriore revisione, auspicabilmente in termini meno dirompenti rispetto alla prima ipotesi formulata.

Emanuela Rollino, Dottore Commercialista, dipartimento TAX di LCA Studio Legale.

Ci sembra che un possibile intervento normativo potrebbe limitarsi a identificare quando si è in presenza di un intento “speculativo”, eventualmente anche ricorrendo a presunzioni, ma sempre prestando attenzione a non equiparare fattispecie che presentino connotati del tutto differenti. Accomunare il collezionista d’arte che agisce con uno spirito avulso da intenti speculativi, frutto solo del “sacro fuoco” del collezionista, a chi opera, invece, nell’ambito di un’attività commerciale, sia essa abituale od occasionale, non è condivisibile: appare ben diverso, infatti, il caso di chi vende un’opera con lo scopo, come spesso accade, di comprarne un’altra, più rispondente ai propri gusti personali, magari di artisti esordienti o promettenti, rispetto al caso di chi acquista un’opera con l’intento di realizzarci un profitto.

La mancanza, nel nostro ordinamento fiscale, di una norma che disciplini in modo esplicito i criteri oggettivi di tassazione del guadagno realizzato dal collezionista – ricorrendo anche a limiti quantitativi, laddove una diversa e nuova politica fiscale ne concedesse l’esenzione – provoca una situazione di forte incertezza, essendo il confine tra il collezionista genuino e lo speculatore a volte piuttosto sottile e del tutto lasciato alla discrezionalità dell’amministrazione finanziaria, attenta a nuova base imponibile. Si auspica, quindi, che il legislatore non confonda i collezionisti genuini con gli speculatori, ma che valorizzi, possibilmente con minori margini di incertezza, le differenze correnti tra le diverse casistiche. Un altro tema significativo che il collezionista, residente fiscalmente in Italia, non dovrebbe trascurare è l’obbligo di monitoraggio fiscale cui sono soggette le opere per qualsiasi motivo detenute all’estero. In tale circostanza, il collezionista è tenuto ad indicare, nella propria dichiarazione dei redditi, il valore delle opere. L’eventuale omissione di tale indicazione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria commisurata al valore non dichiarato dell’opera.

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