Il passaggio generazionale
Il tema dei passaggi generazionali è, in generale, di estrema attualità, ed è molto sentito anche da parte di coloro che possiedono una collezione di opere d’arte, soprattutto se si tratta di un patrimonio rilevante, spesso per acquisti effettuati in anni non recenti in cui il mercato dell’arte poteva essere considerato ben diverso e alla portata del grande pubblico, almeno per certi filoni artistici. È importante, in certe circostanze, programmare bene e per tempo il proprio passaggio generazionale. Due le ragioni sottostanti: la prima è che non possiamo ad oggi prevedere se e come cambieranno le norme (il nostro Paese è ancora, con riguardo alle aliquote dell’imposta di successone e donazione, un “paradiso fiscale”). La seconda risiede nel fatto che esistono soluzioni per evitare di incorrere in errori e leggerezze che spesso si traducono in una ben maggiore imposizione fiscale, con l’eventuale esigenza di ricorrere alla vendita di alcune opere per acquisire la liquidità necessaria a far fronte al carico fiscale. Un particolare strumento utilizzato per la gestione, la tutela e/o il trasferimento generazionale di opere d’arte è sicuramente il Trust, spesso utilizzato in maniera distorta rispetto alle ragioni che ne hanno suggerito la nascita in epoche non recenti.
La scelta di trasferire le opere d’arte in un Trust può trovare giustificazione, ad esempio, nell’interesse che le opere siano conservate in modo unitario o messe a disposizione della collettività attraverso specifiche istruzioni impartite al Trustee, oppure, nel desiderio del disponente di preservare a lungo la tradizione familiare tramandando nel tempo il patrimonio artistico di famiglia. E ancora, nell’esigenza salvaguardare depositi presso enti istituzionali nazionali ed esteri con soggetti qualificati in grado di valorizzarne l’esposizione e la fruibilità. Ciò che rende questo istituto più flessibile e versatile rispetto ad altri è il fatto che le opere in esso trasferite siano vincolate a specifiche finalità predeterminate, connesse al soddisfacimento dei desideri del disponente attraverso regole e modalità dallo stesso stabilite.
L’aspetto maggiormente caratterizzante del Trust è senz’altro la creazione di un patrimonio separato rispetto al patrimonio residuo del disponente e a quello del Trustee o dei beneficiari. Ne consegue che qualunque accadimento coinvolga detti soggetti non avrà effetti sui beni in Trust (cd. “segregazione patrimoniale”). Dal punto di vista fiscale, in assenza di disposizioni normative specifiche, il tema più rilevante è capire quando le opere trasferite al Trust debbano essere assoggettate all’imposta sulle successioni e donazioni. Sull’argomento si è espressa copiosa giurisprudenza, con orientamenti difformi. Secondo un primo orientamento, condiviso dall’Amministrazione finanziaria, il momento impositivo dovrebbe coincidere con la costituzione del “vincolo di destinazione” – ossia il momento del trasferimento dei beni nel Trust – che secondo tale tesi è sempre soggetta all’imposta a prescindere dalla tipologia di Trust prescelta e dagli effetti giuridici che ne derivano. Di contro, vi è un secondo orientamento, condiviso da autorevole dottrina e da recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui rileverebbe, ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione e donazione, il momento della definitiva attribuzione dei beni ai beneficiari, con conseguente arricchimento di questi ultimi.
Al di là della tecnica legislativa adottata, che pure influenza le decisioni a base delle operazioni di trasferimento, rimane il fatto che sempre più ragioni di opportunità suggeriscono – in un panorama non sempre univoco – di trasmettere la propria eredità artistica alle nuove generazioni con le modalità più efficienti ed efficaci, consci che anche tale sforzo consentirà ai beneficiari di trasmetterle a loro volta, magari con qualche pezzo in più frutto di un buon acquisto.
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