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Le istituzioni sono diventate il miglior alleato della Gente

Manifesto della Cdu con Angela Merkel imbrattato a Stralsund, Germania, settembre 2017.

Il primo a dirlo apertamente è stato Massimo d’Alema, che qualche giorno fa in un fuorionda strappato all’assemblea di Liberi e Uguali commentava: “Se dovessimo andare a elezioni sul veto a Savona, quelli prendono l’80% dei voti…”. “Quelli”, nella ricostruzione dalemiana, sarebbero Lega e Movimento 5 stelle, la coalizione quasi-governativa che aveva indicato nell’economista 82enne Paolo Savona la sua scelta per il dicastero dell’Economia. Il presidente della repubblica Mattarella ha poi effettivamente posto il veto istituzionale sul nome di Savona, che aveva da poco pubblicato un intervento chiarificatore su un sito no euro: la scelta di Mattarella, per quanto non solo legittima, ma anche costituzionalmente motivata – come abbiamo già provato a spiegare qui su Forbes – ha fornito un alibi efficace alle forze politiche che fino a poche ore prima lo definivano un “arbitro” assennato e affidabile, si scusavano per la perdita di tempo arrecata e spiegavano diligentemente che la scelta dei ministri spettava al Colle.

In poche ore, la situazione ha fatto segnare parecchie giravolte: “Impeachment”, minacciava urbi et orbi fino a ieri il M5s, seguito a ruota da migliaia e migliaia di commenti di cittadini indignati apparsi sui social, o scambiati per le strade e nei bar; poi – notizia del tardo pomeriggio – Di Maio ha ritirato la mozione, offrendo nuova “collaborazione” per far partire il suo governo all’uomo che ventiquattr’ore prima aveva denunciato come alto traditore della Costituzione, chiedendone improvvisamente la testa.

Thoreau una volta scrisse: “Se vuoi convincere un uomo che sta sbagliando, fai la cosa giusta. Ma non provare a persuaderlo: le persone crederanno a ciò che vedono”. Eppure, in una crisi istituzionale in cui la portata del malcontento e le retoriche sovraniste hanno subìto un’accelerazione esponenziale nel giro di un weekend, l’Italia oggi si trova in mano carte con cui anche il più convinto difensore dell’Ue avrebbe difficoltà a giocare. Forse Günther Oettinger, il commissario europeo per il Bilancio, non ha letto Thoreau, ma ieri – intervistato dalla tv tedesca Deutsche Welle – si è lanciato in una se non incauta, almeno improvvida considerazione sulla possibile influenza dei mercati nella politica italiana. Una prima versione del suo virgolettato, diffusa dall’intervistatore del canale Bernd Thomas Riegert, voleva che Oettinger avesse dichiarato: “I mercati insegneranno agli italiani a votare”; poi è stato chiarito (grazie a un ottimo lavoro de Il Post) che le frasi da lui effettivamente pronunciate erano molto più stemperate nei toni. Sul piano comunicativo però, la catastrofe era apparecchiata: il grigio burocrate europeo – tedesco, per giunta – si impiccia delle faccende italiane, e addirittura auspica in tv che i mercati impediscano ai “populisti” di prendere il potere.

Salvini non se l’è fatto ripetere e, fiutata l’occasione, ha scritto sui social che “a Bruxelles sono senza vergogna”, ma il suo sta diventando un gioco di un automatismo e un’efficacia fin troppo facili, fatto ormai quasi soltanto da palloni posizionati a due centimetri dalla linea di porta, solo da spingere in rete esultando.

La coazione a ripetere di questi giorni sembra l’allineamento finale degli astri atteso da ogni complottista che si rispetti: l’Europa ha gettato la maschera di madre che rabbonisce per dimostrarsi un oscuro gruppo di potere che usa i mercati finanziari come armi di ingerenza nelle politiche nazionali dei Paesi membri. Alzate di spalle? La controprova è che in Italia la prima carica dello Stato ha impedito la nascita di un governo per non irritare Bruxelles. Come si risponde a questo? Non importa quanto asserzioni del genere risultino parziali e incomplete: la logica e l’approfondimento sono diventate monete di valore inferiore a quello della suggestione e delle simbologie. A nulla, in questo senso, è valso anche l’appello alle istituzioni europee del presidente della commissione Donald Tusk, “per favore rispettate gli elettori”; o meglio, nell’ennesima eterogenesi dei fini di questi giorni il tweet è servito all’esatto opposto: rinforzare in alcuni – e sono sempre di più – la tenace convinzione che l’Europa sia il vero nemico; un nemico che addirittura si permette di mancare di “rispetto” alla libera volontà dei cittadini per assecondare l’impalpabile spread.

Attorno alla cosciente strategia oltranzista messa in campo da Salvini e al più ondivago piano governativo di Di Maio, in questi mesi è cresciuto in sordina un sentimento – iper manicheo e confuso, come molti altri di questo periodo storico – che ha dato una sponda concreta a ciò che fino ad ora era rimasto appannaggio di complottisti di ogni ordine e grado: la cospirazione dei poteri forti non è mai esistita, ma in queste ore ha fatto ripetutamente capolino nella vita quotidiana di milioni di persone. La Lega è in crescita nei sondaggi, Carlo Cottarelli potrebbe rinunciare al “mandato a tempo” che probabilmente attirerebbe più strali della storia repubblicana, e – se Mattarella non accettasse il nuovo invito a “collaborare” della cosa gialloverde – ci sono serie possibilità che l’Italia torni al voto a luglio: vedremo cosa succederà, ma l’ipotesi di un governo Lega e 5 stelle su posizioni fortemente euroscettiche e sovraniste, allo stato dei fatti, è solamente rinviata.

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