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Sarà una ragazza del Bronx di 28 anni a sconfiggere Trump?

Alexandria Ocasio-Cortez celebra la vittoria a New York.

Non è stata, almeno al momento, la Cynthia Nixon di Sex & The City a impensierire l’establishment democratico dello stato di New York, con la sua sfida al governatore Andrew Cuomo. Nel voto per il seggio alla Camera di metà mandato, il prossimo novembre, a correre per i Democratici sarà una ventottenne finora sconosciuta ai più, Alexandria Ocasio-Cortez, che il 26 giugno ha sconfitto alle primarie nel quattordicesimo distretto newyorkese uno degli esponenti più importanti del Congresso, Joseph Crowley, deputato da vent’anni e presidente della conferenza democratica (la quarta carica più importante del partito alla Camera dei rappresentanti).

La vittoria di Ocasio-Cortez a New York rappresenta moltissimo per l’ala sinistra del partito, incarnata da Bernie Sanders. Sin dalla candidatura di Sanders alle primarie presidenziali del 2016, questo settore del partito – Alexandria è membro dei Democratic Socialists of America, un gruppo che fa parte dell’Internazionale socialista – ha sempre avuto ottimi risultati ma mai vittorie di questo tipo: negli scontri tra candidato moderato e candidato di sinistra, i primi tradizionalmente hanno sempre prevalso, a ogni livello. Fino all’altro giorno, quando la giovane attivista di origini portoricane ha battuto un peso massimo del partito.

La storia di Ocasio-Cortez ha similitudini con le vicende più edificanti dei capitalisti di fine Ottocento come Andrew Carnegie: partiti poverissimi, hanno poi raggiunto la ricchezza. “La candidatura di donne come me non è prevista”, recitava il suo spot elettorale, diventato virale sui social network. Ma l’arricchimento personale non sembra l’interesse primario della candidata, che invece dichiara di voler migliorare la vita della sua comunità – il Bronx – e di tutto il Paese. Per questo, dopo la laurea a Boston nel 2011 ha deciso di tornare a casa nel borough più “difficile” di New York, dalla madre vedova, e di aiutarla con le spese lavorando in una taqueria messicana di Manhattan e facendo l’educatrice per un’organizzazione no profit, il National Hispanic Institute.

Nel 2016 per la giovane è arrivata la folgorazione per Bernie e il modello di socialismo democratico da lui proposto. Una novità per l’America, dopo anni in cui questa famiglia politica era stata accomunata al nemico comunista durante la Guerra fredda. Ma di certo New York fa storia a sé, e non ha mai disprezzato il messaggio di maggiore uguaglianza: uno dei primi rappresentanti nelle fila socialiste fu Meyer London, eletto nel 1912, ebreo proveniente dalla Russia zarista e residente nell’East Side di Manhattan, all’epoca una zona di tradizione operaia. Ma anche durante la stessa Guerra fredda venne eletto un socialista, l’italoamericano Vito Marcantonio. Senza contare che ad avere radici newyorchesi è lo stesso Sanders.

La Ocasio-Cortez viene assunta dal senatore del Vermont nel 2016 e diventa l’organizzatrice della campagna elettorale a New York (una campagna molto sentita ed efficace, come sappiamo, tanto da diventare un simbolo della sinistra internazionale). Da lì non ha mai abbandonato la politica. E, oggi, ha idee ben chiare sul futuro dell’America: a suo avviso serve un sistema sanitario nazionale per tutti, da costruirsi sul modello canadese; bisogna garantire un sussidio di disoccupazione federale, una rete di università pubbliche e gratuite; e vanno approvate leggi restrittive sul possesso di armi da fuoco. In un punto specifico supera a sinistra il suo modello politico sandersiano: chiede l’abolizione dell’Immigration and Customs Enforcement, la forza di polizia a guardia della frontiera che nell’immaginario della sinistra americana viene dipinta come una sorta di corpo paramilitare al servizio diretto del presidente Donald Trump.

In politica estera Ocasio-Cortez è filopalestinese ed è fautrice dell’impeachment del presidente, sostenendo che ci sono solide basi legali per attuarlo. Una candidatura che nel resto del Paese difficilmente avrebbe qualche chance, persino in contesti favorevoli come la California o il Massachusetts, diventa la storia del momento nel quattordicesimo distretto: qui la maggioranza degli abitanti è di origine ispanica, in un tessuto sociale dove i Democratici superano di 6 a 1 i Repubblicani nelle registrazioni presso le liste elettorali. Un seggio dunque blindato per i Democratici, dove Crowley vinse nel 2016 con l’83% dei voti. Eppure quest’ultima vittoria ha altre similitudini con quelle di un movimento agli antipodi rispetto ai cosiddetti Berniecrats: il Tea Party. La strategia vincente di quel gruppo sorto in opposizione a Obama era scegliere come obiettivo seggi blindati per il Partito repubblicano e di sostituirne gli esponenti in carica, ritenuti troppo moderati. La strategia vincente per i seguaci di Sanders potrebbe essere la stessa, anche se al momento anche i cosiddetti moderati si sono mossi molto più a sinistra rispetto al passato.

Alexandria Ocasio-Cortez rappresenta di certo una speranza per chi crede in valori di uguaglianza sociale cui dà il nome di socialismo (o semplicemente, come molti hanno commentato, per chi non si riconosce nell’America di Trump) ma rappresenta anche in modo abbastanza chiaro la crescente polarizzazione di un sistema che per più di duecento anni ha funzionato in modo efficace anche grazie ai compromessi tra i due schieramenti. La sinistra americana può aver trovato una nuova leader, ma è indubbio che, proseguendo su questa strada, tali compromessi in futuro diventeranno sempre più difficili.

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