Lo avrete notato. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le voci che avvertono di possibili attacchi all’Italia a partire da settembre, quando i mercati finanziari potrebbero iniziare a fare i conti in tasca alla manovra italiana. Il motto, da destra e da sinistra, è così diventato: “Dobbiamo farci trovare pronti”. Espressione che, in termini pratici, significa dover mettere a punto una Legge di Bilancio credibile. Perché il governo ha tempo proprio fino a settembre per approvare le nuove stime di finanza pubblica che verranno poi trasmesse alla Commissione europea, quelle su cui si baserà il primo giudizio dei mercati.
Fin qui le ambiguità della linea del governo, divisa tra la continuità tracciata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria e le convinzioni di M5S e Lega, non hanno aiutato. In una intervista al Sole24Ore, Tria ha detto che la manovra avvierà l’introduzione del reddito di cittadinanza e della riforma fiscale, con la riduzione a tre aliquote, mentre ieri il vicepremier Luigi Di Maio dichiarava che la manovra conterrà anche un taglio del cuneo fiscale e il superamento della riforma previdenziale Fornero, il tutto finanziato da un riordino di deduzioni e detrazioni. Ma ora, come hanno scritto Alesina e Giavazzi sul Corriere della Sera, è arrivato il momento della chiarezza, perché – scrivono i due economisti – i mercati finanziari potrebbero abbandonare i Btp “prima che una legge di Stabilità venga scritta”, facendo sentire in anticipo il loro eventuale “voto” di (s)fiducia.
Quello con la Legge di Bilancio non è peraltro l’unico test a cui la finanza pubblica italiana sarà chiamata.
Il primo degli altri appuntamenti è quello del 31 agosto, con la revisione del rating italiano da parte di Fitch (attualmente BBB con outlook stabile). Il 7 settembre toccherà invece a Moody’s. Qui il punto è più delicato, perché il rating Baa2 dell’agenzia è sotto revisione per un possibile downgrade dallo scorso 25 maggio (in ragione di ciò la data del 7 settembre è passibile di variazioni).
Va cerchiato anche il 27 settembre, data entro cui la nota di aggiornamento al Def (Documento di Economia e Finanza), il documento in cui sono delineate le previsioni e le strategie fiscali per i prossimi anni, dovrà essere sottoposta al giudizio del parlamento. Il 15 ottobre la Legge di Bilancio verrà inviata alla Commissione europea (che esprimerà successivamente un parere), solo cinque giorni prima di approdare alle Camere.
Si prosegue il 26 ottobre con la revisione del rating da parte di Standard & Poor’s (attualmente BBB con outlook stabile), per arrivare a fine novembre, il 30, termine massimo entro il quale verranno comunicati i rilievi della Commissione europea sulla Legge di Bilancio (che dovrà poi essere approvata dal Parlamento entro il 31 dicembre). La Commissione non ha comunque il potere di porre un veto alla Legge di Bilancio: lo sforamento del deficit può essere accertato solo a posteriori e quindi anche un intervento vero e proprio di Bruxelles potrebbe avere luogo solo successivamente.
In mezzo c’è anche il vaglio del presidente della Repubblica, che ha il potere di rinviare la Legge alle Camere se non rispetta la Costituzione che, dal 2012, prevede all’Articolo 81 il rispetto del pareggio di bilancio (al netto delle componenti cicliche). “Si tratterà di una legge di bilancio impegnativa”, spiega Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy. “Occorrono circa 12 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva insito nelle clausole di salvaguardia. Se il governo rispolverasse le ipotesi iniziali di un deficit più elevato, magari per cercare uno scontro con la Commissione europea in chiave elettorale, i titoli di Stato e il mercato italiano verrebbero messi sotto pressione e, forse, il rapporto con gli investitori ne uscirebbe definitivamente compromesso”.
“Chi determina i rendimenti del debito pubblico sono i sottoscrittori. Oltre alla Banca centrale europea (BCE), che a fine anno interromperà le operazioni di acquisto titoli, ci sono gli investitori: bisogna convincere loro. Per il 70% sono italiani – famiglie, banche, assicurazioni, fondi pensione, etc – e solo per il 30% esteri”, osserva Ramenghi. Insomma, pare proprio che il “governo del cambiamento” sarà chiamato a un test non facile: dopo aver convinto gli italiani, dovrà riuscire a fare la stessa cosa anche con il loro portafogli.
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