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Il Decreto Dignità e le nuove sfide per lavoratori e aziende

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“Rimangono alcuni nodi da sciogliere”, spiega Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group Italia. In primo luogo, in riferimento al tema delle causali di utilizzo, cui è tenuta l’impresa per giustificare il ricorso ad un rapporto a termine, nel caso di contratti a tempo determinato della durata superiore ai 12 mesi e in caso di rinnovo, a prescindere dalla durata. “Così si portano indietro le lancette del mercato del lavoro, che aveva progressivamente abbandonato le causali: questo elemento non rappresenta un efficace freno all’abuso di forme contrattuali con meno garanzie e al contrario introduce un fattore di incertezza, perché i termini e la formulazione della causale sono poco chiari. Il rischio è che molti datori di lavoro, per evitare possibili contenziosi, limitino i contratti a una durata massima di 12 mesi, rinunciando tout court a prorogare il rapporto con alcuni collaboratori”.

Un secondo punto riguarda l’assunzione diretta a tempo determinato da parte dell’azienda di un lavoratore che già vi operava nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo (strumento utilizzato dalle Agenzie per il lavoro). Non è chiaro se in questo caso (e in quello opposto, meno frequente, di un passaggio da assunzione diretta a contratto di somministrazione) sia necessario indicare la causale di utilizzo.

Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group Italia

C’è poi il tema del regime transitorio: in buona sostanza, le vecchie regole, meno stringenti, si applicano fino al 31 ottobre 2018 per i rinnovi e le proroghe di contratti a termine stipulati prima dell’entrata in vigore del Decreto. Questo potrebbe produrre nei mesi di settembre e ottobre un boom di contratti a termine, per effetto di una potenziale corsa di molti imprenditori a sfruttare un quadro normativo meno penalizzante, prima che i nuovi vincoli entrino in campo.

“A lungo termine, invece, i maggiori vincoli potrebbero produrre un impatto negativo sul numero di occupati”, avverte Malacrida. Del resto, la stessa relazione tecnica allegata al Decreto e redatta dall’Inps di Tito Boeri ipotizza una potenziale perdita di ottomila posti di lavoro l’anno, per un totale di 80mila posti in dieci anni, per effetto del decreto. Si pensi al tetto cumulativo del 30% sulla somministrazione e sui contratti a tempo determinato rispetto agli assunti a tempo indeterminato: “è la prima volta che viene fissato un limite numerico. Vale anche per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia per il Lavoro e inviati in missione presso un’azienda”.

“In generale”, spiega il manager, “la parificazione del contratto di assunzione a tempo determinato e del contratto di somministrazione è un errore, perché si tratta di istituti con caratteristiche e finalità differenti. La somministrazione agisce come strumento per facilitare l’ingresso dei lavoratori nel mercato. Introdurre regole più stringenti penalizza non solo le Agenzie per il lavoro, ma anche gli stessi lavoratori”, avverte Malacrida. “L’approccio corretto è quello che cerchiamo di incoraggiare come The Adecco Group Italia: promuovere lo sviluppo delle competenze individuali, attraverso la formazione continua, concentrandosi sull’occupabilità, piuttosto che sull’occupazione in senso stretto: significa mettere il lavoratore nelle condizioni di ricollocarsi più facilmente, anziché vincolarlo al suo posto”.

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