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Gli errori dell’investitore moscerino secondo la neuroeconomia

(Shutterstock)

Articolo tratto dal numero di gennaio 2019 di Forbes Italia.
Di Piera Anna Franini

Cosa accade nella testa di un investitore quando decide di puntare su una start up? Come valutiamo perdite, guadagni, rischi finanziari? Perché siamo così vulnerabili di fronte alle bolle speculative? E che dire dell’irrazionalità che ha portato alla crisi dei mutui subprime? Viviamo un’epoca di egocentrismo esasperato, ai limiti del patologico, ma la verità è che non siamo al centro neanche di noi stessi. Neppure artefici delle nostre decisioni, o almeno non del tutto, perché molti dei meccanismi cerebrali coinvolti esulano dalla coscienza del decisore, sono automatici. E questo vale anche in materia economica. “Le neuroscienze ci stanno consegnando un uomo fragile, in balia delle sue emozioni, irrazionale, soprattutto quando compie azioni azzardate, frutto di decisioni prese sotto pressione. La neuroeconomia dimostra che ciò succede anche quando si prendono decisioni di ordine economico”, assicura Gianvito Martino, luminare della neurologia, direttore scientifico dell’Ospedale San Raffaele di Milano, tra i fondatori del Festival BergamoScienza.

Al crocevia di scienze cognitive, economia e psicologia, la neuroeconomia sta mettendo in discussione i tradizionali modelli economici e comportamentali. Di cocente attualità, di fatto ha una storia secolare. “I principi fondanti della teoria delle decisioni si devono agli studi di ecomomisti e matematici della prima metà del XX secolo e da psicologi sperimentali come Simon, Kahneman e Tversky nella seconda metà del secolo. Le aree (corteccia prefrontale, amigdala) ed i circuiti cerebrali, così come le cellule che tali circuiti compongono e le loro interazioni, sono invece stati svelati dalla cosiddetta svolta neuroetologica degli ultimi vent’anni”, racconta Martino.

Martino Gianvito, luminare della neurologia, direttore scientifico dell’Ospedale San Raffaele di Milano, tra i fondatori del Festival BergamoScienza

Ed è proprio da etologi del calibro di Lorenz, Tinbergen e Frisch che abbiamo appreso come l’organismo vivente prima di tutto cerchi di soddisfare esigenze fondamentali per la propria sopravvivenza, “difendersi, alimentarsi, e riprodursi. Tali necessità sono regolate da circuiti cerebrali, detti ancestrali, che agiscono in modo automatico quando ne va, appunto, dell’incolumità dell’organismo. Questi circuiti vengono utilizzati anche quando si prendono decisioni in ambito economico, relative alla scommessa, all’acquisto e alla vendita. È una cooptazione funzionale e opportunista (adattamento) di strutture cerebrali già presenti ma destinate ad altre funzioni. Una cooptazione che avviene quando le decisioni da prendere sono rapide e rischiose, come spesso lo sono quelle prese in ambito economico, perché vengono interpretate dal cervello come situazioni limite potenzialmente pericolose per la sopravvivenza. Un esempio. Se si analizzano i meccanismi cerebrali che un animale usa quando decide, rischiando, di abbandonare un’area in cui il cibo scarseggia per cercarne un’altra potenzialmente più ricca, si capisce che tali circuiti sono gli stessi che vengono utilizzati da un uomo quando decide di accettare un’offerta di tipo economico meno certa ma potenzialmente più remunerativa. Circuiti presenti nel cervello dei mammiferi, ma anche in quello di vermi o moscerini che certo non investono in Borsa”, ironizza Martino.

Martino, anche con il suo ultimo libro, Usare il cervello, lancia un appello perché in Italia politica ed economia dialoghino con la scienza.

Alla luce di tutto questo sarebbe opportuno poter contare su un bagaglio di suggerimenti che aiutino a prendere le decisioni giuste su abitudini di vita, salute, lavoro, risparmio, investimenti. Una delle proposte più concrete in tal senso è quella che va sotto il nome di nudge (spinta gentile). “Questa teoria, premiata con il Nobel per l’Economia 2017 al neuroeconomista Richard Thaler, suggerisce di utilizzare rinforzi positivi o aiuti indiretti, appunto le spinte gentili, per motivare le persone con la stessa efficacia degli obblighi di legge o delle sanzioni. Solo piccole modifiche e accorgimenti dal costo molto contenuto: per esempio una mail personalizzata anziché una lettera standard e impersonale”. Sfruttando le spinte gentili, in Gran Bretagna il governo ha recuperato milioni di sterline con una nuova strategia fiscale che prevedeva la spedizione di lettere con solleciti differenti.

Per questo Martino, anche con il suo ultimo libro, Usare il cervello, lancia un appello perché in Italia politica ed economia dialoghino con la scienza. “Per cambiare il futuro di un paese è necessario un sovvertimento radicale di quel paradigma nocivo che vede ancora la scienza soltanto come voce di spesa della politica e non come suo strumento strategico, braccio forte di un’economia a vantaggio del raggiungimento di benefici collettivi, misurabili e infine sempre rivalutabili”. La scienza non pretende di raggiungere la verità, ma mette a disposizione strumenti per interpretarla. Non si occupa solo dei massimi sistemi: aiuta a leggere tanti aspetti della quotidianità spicciola. Prendiamo l’e-commerce. In una società come la nostra che vive di velocità, “la possibilità di sbagliare quando si sceglie non è più una possibilità, ma una certezza. Ed è proprio di questo errore inconsapevole che si nutre, almeno in parte, il commercio quando inteso in senso puramente consumistico, il consumo di massa, di cui l’e-commerce fa parte”.

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