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La Milano tech che piace ai cinesi

Un momento di formazione al Polihub.

Articolo tratto dal numero di marzo 2019 di Forbes Italia. Abbonati.
Di Antonella Scarfò 

Non solo Londra, Parigi, Berlino o Barcellona. Tra le venti città più tech d’Europa in base agli investimenti realizzati, c’è anche Milano, secondo il report The State of European Tech 2018 pubblicato dalla società Atomico. I capitali investiti nel capoluogo lombardo, infatti, sono più che raddoppiati in un anno, passando da 63 a 148 milioni di dollari, in un ecosistema dominato da quattro settori: fintech, software aziendali, digital health e trasporti. È milanese l’insurtech company Prima Assicurazioni, la startup che ha ricevuto maggiori finanziamenti lo scorso anno in Italia, raggiungendo la cifra record di 100 milioni di euro dai fondi di Goldman Sachs e Blackstone.

È nata a Milano anche MotorK. Una scaleup (così vengono definite le startup con un modello di business già strutturato e pronte a compiere un salto dimensionale) che sta innovando a livello europeo il comparto digitale automotive ed ha ottenuto 30 milioni di euro dalla Bei (Banca europea per gli investimenti). È milanese, infine, il robot postino Yape che ha conquistato il Ces, la grande fiera dell’hi-tech di Las Vegas. Sviluppato dalla società e-Novia, ha ricevuto 6 milioni di euro dal gruppo lombardo Eldor Corporation.

Che sia il preludio di un’età dell’oro per le startup made in Italy? Nel 2018 gli investimenti totali in equity di startup hi-tech italiane hanno quasi raddoppiato il valore complessivo del comparto, portandolo a circa 50 milioni di euro, in crescita dell’81% su base annua, si legge nell’ultimo report dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Centro propulsivo, quest’ultimo, di molte iniziative di successo in ambito tech. Un centinaio di realtà, tra progetti di accelerazione, startup e aziende, cresce all’interno del distretto dell’innovazione Polihub, nato nell’area degli ex-gasometri della Bovisa. Una zona trasformata da periferia industriale a polo internazionale dell’innovazione. Qui, tra edifici colorati sormontati da guglie moderne che omaggiano l’architettura meneghina, Forbes ha incontrato il ceo, Stefano Mainetti.

“Milano è uno dei cinque motori d’Europa per l’economia, ma in termini di startup abbiamo un posizionamento più arretrato. Hanno snobbato per anni”, spiega Mainetti, che però sottolinea un recente cambio di rotta del sistema: “I numeri stanno aumentando e questo ha permesso a Milano di entrare nei ranking internazionali. Ma c’è ancora molto da fare”. Il riconoscimento ottenuto all’estero si legge anche nei capitali che provengono da imprenditori e investitori, come dimostrano i 75 milioni di euro arrivati due anni fa dagli Stati Uniti fa per finanziare Greenrail, startup nata in PoliHub, che ha ideato nuove traverse ferroviarie realizzate con materiali di riciclo. “Dall’estero ci comprano perché i prezzi sono bassi e la qualità è alta. La sfida attuale è fare in modo che sia l’ecosistema italiano ad investire”, commenta Mainetti. Va in questa direzione la scelta di lanciare il fondo di trasferimento tecnologico Poli360, con la dotazione di 60 milioni di euro, in collaborazione con la società di venture capital 360 Capital Partners.

Ma Milano piace anche ad Est. PoliHub, premiato lo scorso anno come terzo incubatore universitario al mondo dall’associazione Ubi Global, ospita TusStar, l’incubatore della più importante università cinese, la Tsinghua University di Pechino. “In questo modo, possiamo impostare un percorso di industrializzazione dei prodotti che non è facile realizzare in Italia e neppure a livello globale”, racconta Mainetti. Il passaggio dai prototipi su piccola scala allo sviluppo di prodotti industrializzati, capaci di scalare il mercato, è infatti la più difficile. Uno step che è meglio compiere quando si è raggiunto lo status di scaleup solide e mature e che resta rischioso in assenza di un partner forte. “La Cina è il punto di riferimento per il manufacturing”, spiega il ceo di PoliHub. E sottolinea che quella con il gigante asiatico è una vera e propria collaborazione, non un’acquisizione: “C’è un corso di laurea congiunto e i ragazzi studiano insieme. Da qui sono già in rampa di lancio nuove iniziative italo-cinesi. Abbiamo quasi lo stesso numero di studenti”, fa notare Mainetti. Gli investimenti però non sono neppure paragonabili: “Il loro fondo è di 45 miliardi”.

Perché la Cina ha deciso di aprire uno dei suoi headquarter europei proprio a Milano? “Portano qui i loro prodotti tech per ripensarli con undesign europeo”. Il Politecnico diventa così una tappa cruciale nel processo di internazionalizzazione di startup che nascono forti nel mercato cinese, ma non incontrano il gusto occidentale. “A loro interessa l’interpretazione su base culturale”, conclude Mainetti.

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