Articolo tratto dal numero di marzo 2019 di Forbes Italia. Abbonati
Di Piera Anna Franini
Stiamo entrando nell’era delle informazioni sartoriali, confezionate su misura del lettore: appositi algoritmi ne intercettano gusti, interessi, sensibilità, collocazione geografica. E voilà l’articolo ad personam. Il ciclo di sperimentazioni è già partito. Del resto, il giornalismo da tempo va nella direzione imposta dai colossi del “pedinamento” come Amazon, Google o Facebook. A partire da sua maestà il New York Times impegnato a investire nella tecnologia che studia il comportamento dei lettori: lo fa per personalizzare le inserzioni pubblicitarie, ma anche per suggerire argomenti potenzialmente compatibili con gli interessi di chi legge. Va bene suggerire, desta invece perplessità l’operazione di modifica dei contenuti per allinearsi al profilo dell’utente. Il che porta dritti a una bolla cognitiva nella quale è dolce naufragare poiché uno ascolta ciò che vuol sentirsi dire. Il comfort food dell’informazione, il cibo che “coccola”, non rientra però in una sana alimentazione della mente.
Giornalismo digitale: notizie personalizzate grazie ad un algoritmo. L’esperienza di Massimiliano Squillace, ceo di Notizie.it
Che ne è dello spirito critico? È di un imprenditore di Milano, Massimiliano Squillace, il progetto dell’algoritmo che rompe questa bolla. O meglio: la rompe solo in parte, poiché preservarla aiuta a fare numeri, dunque profitti. Per dirla con Pirandello, si fa uno strappo nel cielo dell’informazione 4.0, ma, pur con il suo foro, il cielo rimane. L’algoritmo seleziona le notizie in base al profilo del lettore: tuttavia, qui la differenza, va a smuovere anche altri interessi. “Se un lettore è appassionato di basket, gli offro notizie sullo sport preferito, però cerco di intrigarlo anche con notizie sul cricket supponendo che quanti sono attratti dal basket si possano incuriosire al cricket. Apriamo insomma anche altri scenari rispetto a quelli familiari”, spiega Squillace. È lui alla testa del team che in queste settimane sta ultimando il progetto dell’algoritmo già applicato in gran parte a Notizie.it, la testata della piattaforma di cui Squillace è ceo: Entire digital publishing, esordio nel 2017, un fatturato passato dai 170mila euro iniziali a 650mila nel 2018. Produce tremila articoli mensili, conta 13 dipendenti e una rete di giornalisti ai quali viene commissionato il pezzo in relazione alla tipologia della notizia: se in una normale redazione è un caporedattore a stabilire gli incarichi, qui è un algoritmo. La notizia viene prodotta dopo aver scandagliato Google News, Google Trends e vari social network.
Squillace prende le distanze dalla tecnologia impiegata da alcune industrie dell’informazione, in testa Associated Press. No a machine learning (apprendimento automatico) e neppure a Natural language processing (l’elaborazione delle informazioni scritte o parlate in una lingua naturale mediante un calcolatore elettronico). “Sono contrario alla scrittura automatica, al momento è ancora troppo costosa, poiché l’articolo generato dalla macchina deve essere comunque rivisto dal giornalista. Quindi tanto vale commissionarlo in toto al giornalista a un costo leggermente più alto”. Quanto più alto? Dipende dalla tipologia d’articolo: “dai 10 ai 150 euro”.
Giornalismo partecipativo, il lettore diventa un po’ protagonista
Come possono testate nate dal nulla competere con i grandi marchi dell’informazione cartacea ora anche nel mercato digitale? Già partono con un portfolio clienti e competenze consolidate. Per digital audience, per esempio, Repubblica.it è la numero uno, batte ampiamente le testate native digitali. “Stiamo comunque scalando la classifica”, prosegue Squillace. “La nostra forza sta nella diversa lettura e comunicazione dei fatti. Faccio un esempio. Nevica: i grandi giornali raccontano il disagio e i disastri. Noi raccogliamo umori e reazioni tramite i social, e si capisce che in realtà i lettori trovano anche lati divertenti in tutto questo, con la neve magari ci giocano. Noi lo comunichiamo”. Certo, si teme la deriva verso il giornalismo partecipativo, con i cittadini che s’improvvisano giornalisti. Dopotutto Fanpage, in Italia, è la seconda testata digitale più letta in assoluto. Questa la strada?
Giornalismo digitale: intelligenza artificiale contro le fake news. L’opinione di Francesco Paulo Marconi del Wsj
È contrario alla personalizzazione Francesco Paulo Marconi, responsabile ricerca e sviluppo del Wall Street Journal, e in precedenza all’Associated Press. È stato l’ospite del Meet Media Guru di Milano, tra le voci più referenziate in tema di nuovo giornalismo. Spiega a Forbes che al Wsj “la home page è curata da giornalisti in carne ed ossa, sono loro a indicare qual è il soggetto chiave del giorno. Così come non usiamo versioni multiple della stessa storia per soddisfare le esigenze dei diversi lettori: è una questione di etica. L’eccesso di personalizzazione porta a una bolla informativa, noi ci limitiamo a suggerire determinati argomenti in alcune parti del sito. Non andiamo oltre”. In compenso, l’intelligenza artificiale è preziosa nell’arginare il fenomeno della fake news. “In tal senso, stiamo sperimentando strumenti innovativi. Funzioneranno? Non resta che provarli”. L’artificial intelligence può aiutare a sbrigare la bassa manovalanza del giornalismo affinché lo scrivente si possa concentrare sull’attività di approfondimento e d’inchiesta. Ma al momento non sembra avere intenzione di parlare alla pancia del lettore. Perché è questo il vero rischio del giornalismo 4.0.
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