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Il segreto per un’azienda di successo? Lavorare in coppia

(shutterstock)

Quando moglie e marito sono legati dal business, oltre che dall’amore, il loro legame si può trasformare in una marcia in più. Questo perché le imprese guidate da coppie risultano più produttive e sane. A scoprilo è stata una nuova ricerca internazionale alla quale hanno partecipato anche alcuni esperti dell’Università Bocconi di Milano.

Gli studiosi hanno analizzato le aziende guidate da coniugi e conviventi e si sono resi conto il loro business è vincente, a patto che la guida sia equamente ripartita fra i due partner. Per arrivare a questo risultato il team di ricercatori dello studio “For love and money: Marital leadership in family firms”  ha rivolto la lente di ingrandimento su circa 2mila realtà economiche nell’arco di 12 anni scoprendo che quando al vertice dell’impresa c’è una coppia il ritorno si attesta mediamente sul 6,3% del capitale investito, un punto percentuale in più rispetto a quanto fatto registrare dagli altri tipi di imprese familiari.

Secondo il report, il segreto del successo di queste organizzazioni risiede in un mix perfetto fra affinità, abitudine a condividere, complementarietà e complicità. Fattori ai quali si aggiunge anche la reciproca volontà dei due “colleghi” di lavorare insieme per un obiettivo comune. Inoltre, in queste organizzazioni basate su affari e cuore gli investimenti proseguono anche quando il clima economico è particolarmente incerto, i dipendenti tendono a essere più fedeli e la produttività dei lavoratori è mediamente più elevata. A giudicare dalle performance di alcune imprese di questo genere, sembra che le cose stiano davvero così.

Basta osservare il caso della Surgital, inizialmente battezzata Laboratorio artigianale tortellini. L’azienda è stata fondata nel 1980 da Edoardo Bacchini e da sua moglie Romana Tamburini. I due imprenditori hanno iniziato la loro avventura producendo pasta fresca per il mercato al dettaglio, ma in seguito sono passati al segmento dei surgelati precotti. Nel corso del tempo, la società è riuscita a conquistare i mercati europei, ma anche quelli statunitensi e giapponesi. E oggi, a partire dal 2012, conta 205 dipendenti e 98 milioni di euro di attività totali ogni anno. L’azienda è attualmente controllata in toto dalla famiglia fondatrice e continua a produrre utili da record.

Un caso simile è anche quello della Ibi- Istituto biochimico italiano. Fondata nel 1918 da Giovanni Lorenzini, la compagnia oggi vanta 218 dipendenti e un fatturato da 53 milioni di euro l’anno, esportando i suoi prodotti in venti Paesi del mondo. Il tutto risultato del lavoro congiunto della nipote del fondatore, Camilla Borghese, e di suo marito Hans Khevenhullen, attuale amministratore delegato. Il punto forte di queste realtà è la fiducia, quella che permette di assumere decisioni anche in tempi difficili e di abbattere i costi legati al controllo dei manager.

Naturalmente un rischio esiste: è quello del divorzio, o della separazione nel caso in cui i due “boss” non siano sposati. Un’eventualità che quasi sempre si riverbera nel business, che rischia così di fallire. Ma nonostante questo, i ricercatori assicurano che le performance delle aziende di coppia sono migliori di quelle registrate da realtà differenti ma con le stesse dimensioni. In generale, comunque, nel nostro Paese sono quasi sempre premiate le aziende familiari, quelle nelle quali la guida resta saldamente nelle mani dei fondatori o dei loro eredi. Negli ultimi dieci anni il loro numero è cresciuto, di pari passo con il giro d’affari. A confermarlo è la decima edizione dell’Osservatorio Aub (Aidaf-UniCredit-Università Bocconi). Dallo studio emerge infatti che se nel 2008 le aziende a guida familiare con fatturato superiore ai 50 milioni di euro l’anno erano 4.251, a distanza di dieci anni sono cresciute dell’8,1% raggiungendo quota 4.597. E non finisce qui, perché, se in passato queste realtà impiegavano 1 milione e 471.674 persone, adesso possono vantare 1 milione e 885.771 dipendenti. Segno che i legami familiari rappresentano sempre un’arma in più.

 

 

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