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Mobilità elettrica: ecco le aziende che offrono opportunità di investimento

(Photo by Spencer Platt/Getty Images)

di Zehrid Osmani, Head of Global Long-Term Unconstrained di Martin Currie (affiliata Legg Mason)

È raro che un mercato ben consolidato subisca una trasformazione radicale nel giro di pochi anni. Ma sembra proprio questo il destino dell’industria automobilistica: i veicoli elettrici diventeranno la norma mentre gradualmente il motore a combustione interna verrà abbandonato. Secondo le nostre previsioni da qui al 2030 il mercato dei veicoli elettrici dovrebbe espandersi ad un tasso di crescita annuo cumulato superiore al 30%, spinto principalmente dalle regolamentazioni più restrittive e dalla crescita della domanda da parte dei consumatori”.

Le opportunità di crescita
La Cina è al momento il più grande mercato di veicoli elettrici al mondo, e il governo sta spingendo con forza per un’ulteriore crescita. Le aspirazioni ‘green’ del paese fanno sì che alle case automobilistiche siano ora imposti stringenti requisiti minimi riguardo la produzione di veicoli alimentati con nuove energie (inclusi ibridi ricaricabili, veicoli esclusivamente elettrici e auto alimentate a celle a combustibile). Nel frattempo, in Europa un nuovo pacchetto di norme sulla mobilità pulita, approvato dal Parlamento Europeo, ha previsto nuovi standard sulle emissioni di CO2 delle automobili e dei veicoli commerciali leggeri, così come incentivi per i veicoli a zero emissioni.

Inoltre, se finora i consumatori sono stati lenti nel convertirsi ai veicoli elettrici (in un sondaggio condotto dall’American Automobile Association, solo il 16% degli automobilisti Usa ha dichiarato di star considerando un’auto elettrica come prossimo acquisto), ci sono segnali di un crescente supporto per forme di trasporto più sostenibili.

La strada più ovvia non sempre è la migliore
Tesla è probabilmente il marchio di veicoli elettrici più noto al mondo, grazie anche alla Model 3, il suo modello più venduto nel 2018. Ma l’azienda di Elon Musk ha motivo di preoccuparsi, perché ormai molte altre case automobilistiche hanno sviluppato modelli elettrici, come BAIC (azienda di proprietà del governo cinese), Nissan, Toyota, Renault, BMW. La cosa più evidente, a nostro parere, è che questa parte della catena del valore sia molto in vista, ma non rappresenti un bacino opportunità così ricco per gli investitori.

Questo per due motivi. Innanzitutto, per il rischio rappresentato dall’esporsi alle scelte dei consumatori. Essendo le decisioni riguardo ai brand strettamente legate ai gusti, spesso mutevoli, della clientela, tentare di prevedere se gli automobilisti preferiranno una Tesla, una Porsche o una Renault – o qualsiasi altro marchio – appare un rischio non necessario per gli investitori.

In secondo luogo, trovarsi in prima linea sul mercato dei consumatori finali espone gli investitori a un segmento ad alta intensità di competizione, cosa che – come investitori – in genere vorremmo evitare. Il fatto che le case automobilistiche stiano pianificando di incrementare il capex e le risorse destinate alle divisioni di R&D (ricerca e sviluppo) ci dice che la capacità di produzione è destinata a impennarsi, portando una crescente pressione competitiva in questa parte della catena del valore. Proprio queste pressioni potrebbero essere il motivo per cui Tesla ha recentemente annunciato una riduzione significativa dei suoi prezzi.

Analizzare accuratamente la catena del valore
Come Martin Currie, preferiamo analizzare l’intero ecosistema dei veicoli elettrici e trovare opportunità, lungo la catena del valore, in aree a valore aggiunto con pricing attraente, e che dispongano di un maggior potere di determinazione dei prezzi. L’azienda olandese ASML, ad esempio, gode di una posizione invidiabile, essendo il fornitore chiave di un’industria in espansione come quella dei semiconduttori. ASML realizza sistemi fotolitografici di precisione che stampano i transistor e altri componenti nei chip. Con una posizione di mercato molto forte e strette relazioni con i clienti, l’azienda ha ruolo cruciale per l’innovazione e lo sviluppo dell’industria dei semiconduttori, e dunque ha un notevole potere di determinazione dei prezzi.

Un altro marchio legato ai semiconduttori è la tedesca Infineon, che dispone di un’ampia gamma di prodotti per l’industria automotive e la sua transizione verso le tecnologie elettriche o ibride, così come per la guida autonoma. Parliamo di prodotti come controllori di potenza e sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS, Advanced Driver Assistance Systems). La posizione di leadership di Infineon si è ulteriormente consolidata attraverso l’acquisizione di Cypress, società specializzata nei chip. Infineon sta beneficiando del crescente uso dei semiconduttori nelle automobili. Attualmente, infatti, il valore medio dei semiconduttori utilizzati nei veicoli si aggira attorno ai 360 dollari, ma si tratta di cifre destinate a crescere rapidamente: alcune stime parlano di un valore di circa 1.000 dollari per le apparecchiature utilizzate nei veicoli elettrici/ibridi. Se confrontato con il costo complessivo di un’automobile, il costo addizionale delle nuove tecnologie installabili sui veicoli è molto basso, soprattutto considerando i benefici offerti, il che rende aziende come Infineon un’opportunità attraente per investire nel forte potenziale di crescita del settore.

Una altra parte vitale della catena del valore è rappresentata dalle batterie – il cuore pulsante dei veicoli elettrici. Anche qui stiamo analizzando diverse potenziali opportunità. Umicore, azienda attiva nel riciclo e nel recupero di metalli preziosi, detiene il brevetto di Cellcore, il nome commerciale dei suoi materiali NMC (litio, nickel, manganese e cobalto) che formano il catodo di una batteria al litio ricaricabile. È il materiale di riferimento per l’intera industria dei veicoli elettrici, eccetto Tesla. Il vantaggio competitivo chiave di Umicore è il suo approccio ciclico, perché ricicla i materiali per le pile – il che dà all’azienda un vantaggio sui concorrenti che non ricorrono al cosiddetto ‘urban mining’ (estrarre materiali utili dai rifiuti) e dipendono quindi maggiormente da materie prime derivanti da fonti meno sostenibili.

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