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di Roberto D’Incau, Founder&CEO Lang&Partners Younique Human Solutions

La felicità al lavoro, come sappiamo, è fatta di tanti elementi, che messi insieme da un lato costruiscono il benessere delle persone che lavorano in un’azienda, dall’altro favoriscono, direttamente o indirettamente, la performance di quella azienda.

Lavorare stanca, certo, ma si può lavorare meglio, con una maggiore attenzione alle persone, e questo favorisce anche i risultati dell’azienda. Ad esempio, un recente esperimento condotto da Microsoft in Giappone, dove nell’agosto del 2019 la settimana lavorativa è stata abbreviata a quattro giorni, ha portato oltre a un miglioramento del benessere dei dipendenti, anche un incremento significativo della performance, più 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Nel mio ultimo libro, appena uscito, che ho scritto insieme a Laura D’Onofrio, “Lessico della felicità”, edito da Baldini+Castoldi, analizziamo 33 parole chiave che hanno un forte impatto sulla felicità professionale e personale, e diamo una lettura sia in positivo che in negativo del loro impatto.

Ecco alcuni esempi di parole significative che impattano la nostra felicità professionale, di cui parliamo più approfonditamente nel nostro “Lessico della felicità”.

Aspettativa. Esistono aspettative positive e negative, proprie e eterodirette, di perfezionismo, del condannarsi di continuo per gli errori che si commettono. Nel libro evidenziamo, tra gli altri, un punto importante, che è il fatto che è opportuno mettere in campo le risorse che davvero possono portarci a fare carriera: ad esempio, se uno si aspetta di fare carriera pensando soltanto di fare benissimo il proprio mestiere ma non ama “vendersi”, come spesso sentiamo dire, non ama relazionarsi, non ama fare vita di networking, è facile predire che resterà al palo. Perché? Perché c’è una distonia tra le risorse messe in campo e le aspettative: non basta saper fare il tuo lavoro. Devi sapere quello che devi fare perché la carriera si muova. E attuarlo.

Stress. Spesso della parola vediamo solo l’accezione negativa, in realtà è utile distinguere tra “distress”, il lato negativo, e “eustress”, la sua accezione positiva. Eustress ad esempio è dato da un trasloco ma anche da un movimento professionale che ci appartiene di più: un cambiamento di contesto faticoso solo all’inizio, ma che dà effetti positivi, di rinnovamento delle energie: gli eustress sono molto utili.  Importante è lo stress management, ossia come non farci sopraffare: soprattutto lo stress negativo ci porta via energie, ci crea una grossa fatica mentale, con ricadute anche sul corpo. Tante rigidità al lavoro creano stress, come il non concedersi a modificare piccole cose per capire da dove viene tutto questo stress. Le domande funzionali da porsi sono: Cosa ci stressa? Da quanto tempo? Davvero non posso farci nulla? Davvero non posso alleggerire la tensione? Davvero devo fare tutto in maniera identica a come l’ho sempre fatto? E da qui può partire un processo che finalmente interrompa la spirale negativa in cui siamo immersi.

Comunicazione. Sul luogo di lavoro molti, troppi problemi nascono dalla cattiva comunicazione o dalla non comunicazione: con il proprio capo, con l’esterno, con i colleghi. Troppo spesso ci si dimentica che un’azienda è fatta di persone: se ne parla come di una entità astratta, ma così non è. Saper comunicare bene è indispensabile: si pensa sempre che basti fare. Il mantra dell’imprenditore vecchia maniera era “faccio, agisco, lavoro”, ma in realtà non basta solo fare, bisogna saper fare e comunicare. Uno dei maggiori fattori di insoddisfazione sul lavoro nasce da una cattiva comunicazione coi superiori. Bisogna allora chiedersi: c’è una comunicazione davvero efficace? Una vera comunicazione verbale o non verbale? Perché anche questo è molto importante: a volte si sottovaluta l’importanza dell’interazione non verbale, cioè si dicono delle cose ma poi il corpo, la faccia dice altro. Comunicare davvero col proprio capo, capendo le sue sue motivazioni, anche con l’utilizzo dell’empatia, altra voce del libro, e cercando di comprendere cosa lo spinge a comportarsi così o perché non ci riconosce dei meriti è insomma fondamentale per la nostra felicità lavorativa.

Queste e tutte le 33 parole chiave di cui parliamo in “Lessico della felicità” sono temi su cui riflettere per migliorare il nostro livello di felicità, lavorativa ma anche affettiva, amorosa, familiare: l’analisi preventiva di tanti piccoli disturbi, per evitare che ne facciamo una malattia.

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