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Cartier, il luxury brand a sostegno del mondo femminile. Parla Francois-Marc Sastre

Foto: Laila Pozzo

Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Forbes. Abbonati

Se si parla di uomini che amano le donne François-Marc Sastre, direttore generale Sud Europa, Italia, Turchia e Grecia per la maison Cartier, è da mettere in prima fila. Di sicuro è anche amato dalle donne: bell’uomo, poco più che quarantenne, in una posizione invidiabile. Ma François-Marc, collezionista di orologi che ama citare Chirchill, è soprattutto orgoglioso di guidare una maison che ha lanciato il “Cartier Women’s Initiative”, il programma che dal 2006 individua e finanzia modelli di business rilevanti capitanati da donne. Perché, dice, “Cartier è un riferimento nel mondo del lusso, ma è anche un nome sinonimo di apertura mentale e curiosità”. Forbes Italia lo ha intervistato.

Nel settore della gioielleria avete contribuito a fare la storia del lusso: quali sono i modelli più iconici che hanno incoronato l’azienda a leader dei preziosi? 

Come prima cosa bisogna dire che la maison Cartier è sempre stata caratterizzata da uno spirito di innovazione e pionierismo. È stata la prima, agli inizi del 1900, a impiegare il platino nelle proprie creazioni reinventando i gioielli e portando alla perfezione lo stile “ghirlanda”, la prima a privilegiare l’astrazione e la geometria, l’accostamento di colori forti e di materiali nuovi contribuendo alla nascita dello stile art deco dopo il 1906. Per non dimenticare, lo stile animalier (con la celeberrima Panthère, icona indiscussa della maison) e floreale portati alla massima espressione da Jeanne Toussaint e segni distintivi della maison. Le caratteristiche di Cartier si ritrovano anche nelle sue creazioni iconiche e atemporali: l’anello Trinity, adottato e reso leggendario da Jean Cocteau, il leggendario bracciale Love, creato nel 1969 negli atelier di Cartier NY da Aldo Cipullo e gli ultimi nati della maison, Juste en Clou e Clash presentato nell’aprile 2019 e già diventato l’oggetto del desiderio di moltissimi. 

Oltre al mondo della gioielleria, però, Cartier è anche orologeria. Tra questi due mondi, dove pesa di più l’estetica e dove la tecnica? E soprattutto quanto conta l’innovazione?

L’estetica è sempre stata molto importante per Cartier, ma questo non vuole dire che la tecnica ne abbia risentito. Possiamo piuttosto dire che tecnica e meccanica siano sempre stati messe al servizio della creatività sia nel campo della gioielleria che in quello dell’orologeria. Prima di essere orologiaio, Cartier è gioielliere. L’expertise che ne è derivata ha quindi sempre permesso alla maison di avere un’attenzione particolare alla forma che pochissimi possono vantare. L’innovazione ha sempre fatto parte del dna di Cartier. Dall’utilizzo del platino nella gioielleria, a una nuova modalità di indossare l’orologio, come per l’orologio Santos, alla varietà di forme dei suoi orologi.

Oltre a Grace di Monaco, cliente affezionatissima, a indossare i gioielli Cartier sono stati tantissimi altri personaggi famosi come Jacqueline Kennedy e il maharaja Sir Bhupindar Singh di Patiala. Che peso ricopre oggi il celebrities endorsement?

Lo stile moderno e visionario della maison ha da sempre attratto le personalità più varie sia del mondo dell’aristocrazia, che dell’alta borghesia, del jet set internazionale e dell’arte. Questo ecosistema così unico e differenziato ha permesso a Cartier di mantenere sempre legami importanti e forti con circoli influenti e d’avanguardia che ne hanno plasmato e caratterizzato la sua storia. Ancora oggi la tradizione continua e moltissimi talenti provenienti dai più diversi background sono amici o ambassador della maison, indossano le nostre creazioni in pubblico e in privato e partecipano ai nostri eventi condividendo lo spirito della marca. Dobbiamo però sempre ricordarci che per Cartier le vere star sono da sempre le proprie creazioni.

Cartier Women’s Initiative è il programma che dal 2006 individua modelli di business rilevanti capitanati appunto da donne. Perché una maison del lusso finanzia progetti d’impresa?

Cartier è un riferimento nel mondo del lusso, ma è anche un nome sinonimo di apertura mentale e curiosità. Allo stesso modo in cui la nostra Fondazione per l’arte contemporanea mette in scena artisti che non sono collegati in alcun modo al core business del marchio, anche attraverso la Women’s Initiative riconosciamo tutti questi talenti per quello che sono. L’autenticità e il talento sono al centro del nostro impegno nei confronti di queste donne. Il potenziale umano di questo premio, ideato tredici anni fa in collaborazione con Insead, ha dimostrato negli anni quanti destini ha potuto cambiare in meglio. Come quello della ragazza indiana che “non avrebbe dovuto nascere” e i cui “sogni erano troppo grandi per il suo povero villaggio”; o della scienziata svizzera impegnata nella ricerca medica, a cui è stato detto “come donna, non sei credibile…”. In Cartier, la nostra abilità si fonda sulla creazione di prodotti di alta qualità e sul rendere i nostri clienti felici. La ricerca del profitto da sola non può portare a migliori prodotti e a una migliore esperienza. E questo vale anche per la Cartier Women’s Initiative: sosteniamo l’eccellenza a prescindere da quanti profitti essa produca. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di contribuire ad aumentare la fiducia nelle imprese femminili, con l’auspicio che questo avrà un effetto fortemente positivo a catena sul mondo.

Quali sono i progetti più innovativi e interessanti che sono stati presentati?

Potrei citare Emily Levy che ha fondato Mighty Well nel 2016, che rende eleganti e fashionable gli abiti e gli accessori per le persone affette da malattie croniche. Il business è nato dalla sua esperienza personale, avendo contratto la malattia di Lyme cronica a 19 anni. Emily era stata costretta a portare con sé costantemente un meccanismo che le permettesse portare gli antibiotici direttamente al cuore. Questa iniziativa ha permesso a migliaia di persone di potersi sentire a proprio agio, mostrando il proprio stile personale, nonostante gli ostacoli portati dalla malattia. Un altro progetto particolarmente interessante è stato presentato da Zineb Agoumi, che ha lavorato allo sviluppo di un tapis roulant terapeutico, EzyGain. Il video di presentazione mostra a malapena la macchina, ma piuttosto si concentra sui sorrisi trovati dai suoi utenti (anziani, vittime di incidenti, bambini con pesanti patologie psicomotorie) che riprendono a muoversi di nuovo. “Ti senti di nuovo umano se riesci ad alzarti”, ha dichiarato Zineb. Tra gli altri, una menzione speciale e di particolare orgoglio va al progetto di Carla Delfino (vincitrice per l’Europa nel 2015), imprenditrice e storica dell’arte italiana che, con il suo “Scappatopo”, è stata la prima italiana a conquistare l’award internazionale. L’idea che l’ha portata sul podio è stata quella di combattere pacificamente il problema delle infestazioni da ratti, tramite una soluzione olfattiva green, con impatto zero per l’ambiente e che permette di allontanarli senza ucciderli e rallentando la loro possibilità di riprodursi. 

Quanti di questi progetti hanno avuto davvero successo?

Negli ultimi anni, i Cartier Awards hanno visto arrivare il numero delle iscrizioni a oltre tremila. Grazie alla crescita in termini di quantità e qualità delle imprese iscritte al concorso, l’iniziativa è diventata un’importante opportunità di cambiamento nella vita di moltissime imprenditrici in più di 50 paesi. Qualche esempio può dimostrare la qualità dei progetti che li ha portati al successo: la finalista del 2017 Lise Pape, che sta raggiungendo sempre più pazienti affetti da Parkinson attraverso la sua azienda Walk With Path e la finalista del 2018 Luz Rello che sta facendo grandi passi avanti nel trattamento e prevenzione della dislessia. Nel 2017, quando Lise era finalista di Cartier Women’s Initiative, il suo primo prodotto Path Finder, un accessorio per la riabilitazione dell’andatura, era ancora in fase di prototipo. Oggi, Path Finder può essere trovato presso distributori selezionati in tutto il Regno Unito. La società ha recentemente registrato il proprio marchio anche in Canada e sta lavorando per un lancio del prodotto per quest’anno. I clienti interessati all’acquisto di Path Finder sono incoraggiati a iscriversi alla loro newsletter per rimanere informati. Allo stesso modo, la società che Luz ha fondato, Change Dyslexia, ha recentemente firmato un accordo con il comune di Madrid che porta in 100 scuole la sua piattaforma online di rilevamento della dislessia. Concentrarsi sul governo e sulle scuole, dove può raggiungere il maggior numero di bambini, ha permesso di sviluppare al meglio il progetto in termini di qualità del risultato ottenibile.

Me lo dica in un orecchio: le donne che hanno avuto successo con i loro progetti selezionati nel progetto Women’s Initiative, poi si sono regalate un gioiello di Cartier?

Come già detto il Women’s Iniative è nato per riconoscere e aiutare i talenti ed è slegato da qualsiasi riferimento commerciale. Se poi qualcuna delle nostre partecipanti si è regalata un gioiello Cartier non possiamo che esserne orgogliosi.

La mission di Women’s Initiative è sostenere e premiare le donne innovatrici che apportano un reale contributo alla ricerca di soluzioni per il futuro del pianeta: quale è secondo lei la donna più rappresentativa di un futuro migliore?

Io sono da sempre un grande estimatore delle donne, le donne sono sempre state una grande fonte di inspirazione per la maison e senza di esse probabilmente Cartier non sarebbe quello che oggi è. In generale penso che la donna del futuro esista già: una donna forte, che non ha paura di prendersi le proprie responsabilità, che sa distinguersi tra gli altri, con una forte volontà ma caratterizzata anche da una grande sensibilità e generosità verso gli altri.

È più difficile raggiungere il successo per una donna? La società è ancora così maschilista?

Io penso che le cose stiano lentamente cambiando e che un certo concetto di maschilismo appartenga più al passato che al presente. Le porto un piccolo esempio personale: il comitato di direzione di Cartier South East Europe di cui io sono general manager conta il 70% di presenze femminili.

Mi è capitato tante volte di lavorare con le donne: le ho trovate quasi sempre migliori degli uomini. Cos’hanno di speciale? Sensibilità? Voglia di arrivare? Tenacia?

Concordo con lei. Anche io trovo più facile lavorare con le donne. In generale penso siano più oneste, più resilienti e che abbiano una visione più costruttiva e meno politica oltre a un ego spesso meno sviluppato di quello degli uomini. Hanno anche spesso una sensibilità più sviluppata verso la bellezza rispetto alla media maschile, cosa che sicuramente aiuta moltissimo da Cartier.

Sta per partire una ristrutturazione importante della vostra boutique milanese. Cosa riserva il futuro per Cartier?

Dal 1975 siamo molto orgogliosi di avere come sede storica della boutique Cartier di Milano uno dei più prestigiosi palazzi ottocenteschi di via Montenapoleone. La prossima ristrutturazione della boutique, insieme a molte altre che Cartier ha realizzato e realizzerà a livello mondiale, rappresenta la volontà della maison di raccontare le città in cui sono ospitate le nostre boutique. Nel nostro caso, gli interni della nuova boutique rappresenteranno Milano e le sue caratteristiche che verranno sublimate in un vero e proprio appartamento milanese. Il turista che si recherà nella nostra boutique di Milano potrà vivere un’esperienza diversa da quella che potrebbe vivere a New York o in un’altra città del mondo. Sono molto entusiasta di questo progetto e la invito già da ora ad unirsi a noi quando la boutique riaprirà le sue porte per cominciare un nuovo capitolo del suo rapporto privilegiato con Milano.

È nata una bella relazione tra la Fondation Cartier e la Triennale di Milano. Ce la racconta?

Spazio creativo per gli artisti e luogo in cui arte e pubblico possono incontrarsi, la Fondation Cartier, nata nel 1984, si dedica a promuovere l’arte contemporanea e a diffonderne la conoscenza. La maison è stata lieta di annunciare che Fondation Cartier e Triennale di Milano lavoreranno insieme in una collaborazione senza precedenti tra due istituzioni europee, l’una pubblica e l’altra privata al fine di proporre un programma condiviso e un nuovo network culturale e internazionale. La collaborazione verrà inaugurata ad aprile 2020 e prevedrà dalle due alle tre mostre all’anno ospitate negli spazi della Triennale. Questa cooperazione senza precedenti esprime la generosità della maison e la volontà di condividere con il pubblico milanese e i numerosi turisti il programma ispirato dalla Fondation Cartier.

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