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Il club “Phigital” degli investitori in startup

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(shutterstock)

La ricerca di rendimento in un mondo a tassi zero sta ormai da qualche tempo spingendo gli investitori di tutto il mondo verso la ricerca di asset class alternative, decorrelate dall’andamento dei mercati finanziari e soprattutto in grado di aggiungere una componente di extra-rendimento ai portafogli.

Un posto di primo piano in questo quadro lo hanno gli investimenti in attività reali, che siano aziende non quotate o startup. Tipologie di attivi sui quali l’industria finanziaria si è esercitata nella proposta di veicoli ad hoc, che racchiudono in un paniere un insieme spesso eterogeneo di singoli investimenti. Per gli high net worth individual, ossia le persone dotate di grandi patrimoni, che rappresentano tipicamente la platea ideale a cui indirizzare investimenti di questo tipo, non vi è però facoltà di mettere a frutto le competenze nel mondo dell’impresa spesso sviluppate nel corso della propria carriera, che potrebbero essere utilizzate per riconoscere le iniziative più meritevoli di supporto finanziario.

A cercare di risolvere questo problema è una realtà italiana, convinta che le startup possano candidarsi a diventare una asset class alternativa per il mondo del private banking. E soprattutto che lo possano fare con una formula non convenzionale.

“Vogliamo essere un ponte tra il mondo del private banking e quello delle asset class alternative, nello specifico delle scale up, ossia delle startup che sono già in possesso di un modello di business funzionante e con fatturati importanti”, spiega Antonio Chiarello, founder di ClubDealOnline, piattaforma italiana di investimento autorizzata e vigilata dalla Consob, che permette l’accesso diretto a singole iniziative imprenditoriali.

Le startup secondo noi possono diventare un asset class, con due vantaggi: l’investitore può diversificare andando a investire direttamente, non tramite un fondo, in un’azienda che di cui conosce la storia e le potenzialità. Contemporaneamente per le startup significa avere la disponibilità di capitali pazienti che possono aiutare a crescere, senza la necessità di essere remunerati immediatamente, perché l’investimento in startup è di medio periodo, dai 5 ai 7 anni”.

Le startup come nuova asset class per il private banking sono state al centro di un evento che ClubDealOnline ha organizzato in collaborazione con Forbes Italia presso Palazzo Cusani a Milano durante il quale si sono confrontati alcuni dei player più importanti del private banking italiano: Alberto Martini di Banca Mediolanum, Leonardo Cervelli di Banca Sella, Luigi Provenza di Widiba e Stefano Lenti di IWBank Private Investments. Che insieme
al pubblico in sala hanno anche potuto conoscere alcune delle startup nel portafoglio di ClubDealOnline: Eucardia e D-Orbit.

Investire in startup, nuova asset class per il private banking
Evento ClubDealOnline organizzato in collaborazione con Forbes

Come spiega Fabio Blandino, managing director di ClubDealOnline: “C’è una componente offline, i roadshow, in cui grazie alle partnership con alcune delle maggiori realtà del private banking italiano, presentiamo le startup agli investitori, che hanno modo di toccare con mano il modello di business e il valore dell’imprenditore che ci sta dietro. L’investimento avviene poi, online, sulla piattaforma. E’ lì che si chiude il processo decisionale, con un modello
che consente di tarare l’investimento a seconda delle disponibilità e delle aspettative di ritorno”.

I soggetti a cui l’offerta è rivolta sono, come detto, gli high net worth individual. Un soggetto quindi che ha usualmente già in essere un rapporto con una struttura di private banking. “Noi ci avviciniamo all’investitore attraverso il private banking”, spiega ancora Blandino, “perché la struttura conosce le abitudini di investimento ed è in grado di definire quali profili di investitore sono più coerenti con la nostra proposta agevolando anche il rapporto di connessione diretta”.

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