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Il petrolio perde il 30%, ma il virus non c’entra. Cosa sta succedendo nel Golfo

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Riyadh, Arabia Saudita (Shutterstock)

Dopo aver chiuso la seduta di venerdì con un calo di quasi il 9%, sui mercati asiatici il prezzo del petrolio Wti è tornato nella notte ai livelli del 2016, con un crollo del 30% dei prezzi da 45 a 31,5 dollari. Cosa sta avvenendo?

Niente accordo con la Russia, Aramco al contrattacco

Dopo il fallimento delle trattative con la Russia e la conclusione con un nulla di fatto della riunione del “Opec +”, l’Arabia Saudita ha annunciato che Aramco, la compagnia petrolifera del regno saudita, aumenterà (anziché ridurre) la propria produzione di petrolio da inizio aprile.

L’attuale accordo di contingentamento scade a fine marzo e dunque al momento sembra destinato a non essere rinnovato. A questo punto Aramco, secondo fonti citate dall’agenzia Reuters, è pronta ad incrementare “significativamente” oltre la soglia dei 10 milioni di barili di petrolio al giorno la propria produzione (attualmente limitata a 9,7 milioni di barili), ad un livello che secondo le fonti potrebbe arrivare a quasi 11 milioni di barili al giorno.

Arabia Saudita taglia i prezzi e aumenta la produzione

Solo giovedì la riunione dell’Opec si era conclusa con la proposta, da sottoporre alla Russia il giorno seguente, di tagliare di 1,5 milioni di barili la produzione, proposta fortemente sponsorizzata dall’Arabia Saudita ma che agli analisti di Goldman Sachs era già apparsa troppo modesta e troppo in ritardo per poter far recuperare i prezzi al greggio da qui a maggio. Già ieri Aramco ha tagliato il prezzo di vendita ufficiale per consegna aprile per tutti i suoi tipi di greggio verso tutte le destinazioni. L’obiettivo di Aramco (che ha la possibilità di arrivare a produrre sino a 12 milioni di barili di petrolio al giorno) è quello di incrementare rapidamente la propria quota di mercato.

Riad punta a indebolire Mosca

Contemporaneamente l’Arabia Saudita punta a indebolire la Russia, che a causa di costi di produzione più elevati ha un punto di pareggio più alto su ogni barile di petrolio prodotto e quindi rischia di perdere molto di più in una eventuale guerra di prezzo come quella che ufficialmente Riad continua a dire di non voler scatenare, ma di fatto appare appena esplosa.

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