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Un alleato contro le minacce della rete nell’era di Zoom

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Articolo tratto dal numero di giugno di Forbes Italia

Per molte aziende le prime settimane sono state caratterizzate dalla rapida diffusione di un nuovo modo di lavorare a distanza. Ma adesso il caos iniziale sta diventando una nuova normalità”. Videoconferenze, documenti condivisi, webinair: la pandemia ha imposto a buona parte delle imprese italiane una digitalizzazione se non forzata, quantomeno improvvisa. “Occorre però mettere la sicurezza in prima linea, in modo da fornire una protezione completa ai dipendenti, senza ostacolare l’accesso o la capacità di operare in modo efficace”, spiega a Forbes Italia Raffaele Gigantino, country manager di VMware Italia.
I numeri, al solito, contribuiscono a comprendere il fenomeno. Secondo il Politecnico di Milano, durante il lockdown legato al Covid-19, più di 2 milioni di italiani hanno lavorato da casa. Ma nel pieno della fase 2, potrebbero essere ormai tra i 6 e gli 8 milioni i lavoratori coinvolti nel lavoro a distanza. Con la riapertura delle attività il 18 maggio, le stime sono state naturalmente riviste al rialzo, anche in virtù del decreto legge Rilancio, che ha inserito lo smart working tra i diritti dei lavoratori. Fino al 31 luglio, data che al momento segna la fine dello stato di emergenza, i lavoratori dipendenti di aziende private con almeno un figlio entro i 14 anni avranno diritto al lavoro agile anche senza gli accordi individuali previsti dalla legge 81/2017.
“Se però nella prima fase lo scopo immediato è stato quello di rendere le persone operative, adesso deve esserci un cambiamento di prospettiva”, ragiona Gigantino. “È sicuramente più facile monitorare l’impegno dei dipendenti per la sicurezza quando sono in ufficio. Nell’emergenza, però, è possibile che siano stati scelti nuovi strumenti da utilizzare senza un’adeguata considerazione delle implicazioni. Ciò potrebbe comportare rischi per la sicurezza, sia nei primi giorni, sia nei mesi successivi. Se la sicurezza non è al centro, il resto diventa inutile. Le minacce alla sicurezza durante questo periodo continuano a essere elevate”.

Raffaele Gigantino, country manager di VMware

Del resto, a far discutere nei mesi del lockdown è stato il boom di app come Zoom per tenere videoconferenze di gruppo. E se nel mese di marzo l’app ha conosciuto un boom del 535%, raccogliendo milioni di nuovi utenti, diversi ricercatori in tutto il mondo non hanno avuto dubbi nel definire Zoom “un virus informatico”. I ricercatori del Citizen Lab dell’Università di Toronto hanno scoperto che alcune chiamate effettuate in Nord America sono state instradate verso la Cina, assieme alla relative chiavi di cifratura. Gli analisti di The Intercept, invece, avevano già scoperto come le riunioni su Zoom non avvenissero utilizzando la crittografia end-to-end tra i partecipanti, nonostante la società attestasse sul proprio sito l’adesione a questo standard di sicurezza. In altre parole, Zoom avrebbe potuto potenzialmente ascoltare e visualizzare le riunioni tra utenti. E a fronte delle intromissioni di esterni all’interno di riunioni private, verificatesi talvolta indovinando semplicemente l’identificativo della riunione, SpaceX e Nasa hanno vietato Zoom per le riunioni tra i loro dipendenti, mentre l’Fbi ne ha apertamente sconsigliato l’utilizzo.
“Molte organizzazioni sono però state in grado di fornire subito accesso ai propri dipendenti ad applicazioni e servizi in modo sicuro indipendentemente dal dispositivo, anche su computer non aziendali. Un approccio che deve essere in grado di evolvere con la situazione, e questo è ottenibile solo attraverso il software”. Del resto l’insegna italiana del colosso a stelle strisce – fondato nel 1998 e dal 2015 controllato da Dell Technologies, con ricavi per 10,81 miliardi nel 2019 e 31mila dipendenti nel mondo – ha avviato diversi progetti proprio nell’ambito dell’abilitazione allo smart working dei dipendenti di aziende e pubblica amministrazione.
Grazie al supporto delle soluzioni VMware, la città metropolitana di Roma Capitale ha creato, per la prima volta, un regolamento intelligente per le procedure operative, che consente al personale di lavorare da remoto una volta alla settimana. Si tratta di quasi 1.200 i dipendenti a cui l’amministrazione capitolina punta a dare la possibilità di lavorare da casa grazie al progetto, ancor più attuale alla luce dell’emergenza Covid-19, che migliora la produttività, la collaborazione e l’equilibrio tra vita privata e vita professionale del personale, riducendo al contempo lo stress delle infrastrutture di trasporto. Il caso-Roma rappresenta uno dei progetti con cui VMware supporta la trasformazione digitale di imprese e pubbliche amministrazioni, offrendo soluzioni cloud, di networking e sicurezza per il digital workspace a clienti in tutto il mondo, supportati da un vasto ecosistema di partner.
Nel pieno dell’emergenza Covid-19, e nell’arco di tre settimane, i team digital di VMware e Rai hanno abilitato al lavoro da casa 3.500 dipendenti Rai, garantendo la continuità del servizio pubblico e di informazione al Paese grazie alla soluzione di virtual desktop basata su tecnologia Horizon VMware. E lo stesso è avvenuto per oltre mille dipendenti di Aci.
VMware sta inoltre spostando sempre più l’attenzione sul mondo delle applicazioni, in particolare nella costruzione dell’infrastruttura di sviluppo potenziale degli ambienti cloud per i suoi clienti. “Più in generale, con la riapertura delle aziende”, conclude Gigantino, “è il momento di riflettere ormai sulla possibilità di ridistribuire il personale fornendo strumenti digitali e l’accesso necessario per offrire un livello differenziato di servizio ed esperienza. Le aziende hanno bisogno di gettare ora le basi per un ripensamento globale dell’organizzazione. E nostro malgrado, l’emergenza attuale lo sta rendendo possibile”.

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