Roberto Folgiero, ceo di NextChem e Maire Tecnimont
Responsibility

Il rinascimento industriale secondo NextChem

Articolo di Enzo Argante apparso sul numero di luglio 2020 di Forbes. Abbonati

Il messaggio, o la lezione se preferite, è chiarissima: bisogna guardare avanti al lungo, lunghissimo periodo. Quindi ridurre le emissioni, il consumo energetico, certo. Eppure non basterà: occorre cambiare i comportamenti e i valori di riferimento sociali, economici e finanziari. Una vera e propria rivoluzione post Covid 19, insomma. E c’è un mezzo bicchiere pieno, controverso forse, ma che ci porta sicuri e spediti ai valori di riferimento dell’economia circolare.

“Questa crisi è un’opportunità storica per guidare il mondo verso una direzione sostenibile”, dice Pierroberto Folgiero, ceo di NextChem e Maire Tecnimont, “di programmare una ricostruzione che sia rapida ma anche duratura, preparando il sistema industriale alla riduzione dei rischi e delle perdite economiche derivanti dall’inquinamento, dai cambiamenti climatici e dall’impatto che questi hanno e avranno su molti settori”. Questi rischi ormai non sono più “intangible”: sono concreti, sempre più di segno negativo nelle valutazioni dei fondi di investimento. Il coronavirus sta mettendo in evidenza quanto fragile sia il nostro sistema e cosa accade al mondo quando un rischio sistemico improvvisamente diventa realtà. “Le economie nazionali dovranno diventare più resilienti, perché se c’è una cosa che questa crisi ci ha fatto comprendere è quanto sia indispensabile per un Paese essere autonomi dal punto di vista industriale. Prendiamo la chimica verde: si può creare un paniere di beni prodotti localmente, disponibili e in grado di garantire l’autosufficienza del Paese stesso in termini di materie prime, prodotti ed energia”.

Bisognerà mantenere come primo punto all’ordine del giorno il Green New Deal, quello europeo dei mille miliardi per intenderci, e invece sembra che per alcuni bisogna rimandare…

Sarebbe un errore gigantesco. È questo il momento di un reset e di una programmazione a lungo termine. Stiamo pagando scelte sbagliate e oggi dobbiamo guardare avanti coraggiosamente. Il dibattito in merito al Green New Deal europeo, se sia meglio bloccarlo o mandarlo avanti, è un nonsense: se dobbiamo aiutare l’economia a uscire da questo buco nero, bisogna farlo in modo sostenibile.

Quanto si può contare sulla finanza, che ha dato segnali forti e chiari di credere negli investimenti green?

I capitali privati saranno sempre più attratti da investimenti sostenibili a lunga gittata su tecnologie green e innovative, che sono la chiave delle economie del futuro. L’innovazione si indirizza su quelle capaci di creare valore duraturo in un mondo realmente sostenibile, ‘a prova di futuro’. Per questa ragione dobbiamo sforzarci di guardare al domani, un domani però non a tre mesi, e neppure a tre anni. Il nostro domani deve essere a trent’anni.

Ma come attivare questo processo?

Gli aiuti che verranno dai governi nel prossimo futuro dovranno privilegiare il supporto agli investimenti ad alta intensità di capitale per tecnologie industriali sostenibili e a bassa intensità di carbonio. Il sostegno pubblico non può essere concepito soltanto in base all’efficacia nel breve periodo, ma deve essere finalizzato a creare le condizioni per realizzare infrastrutture e progetti industriali che possono risolvere problemi strutturali del Paese. L’Italia è la seconda potenza manifatturiera d’Europa, nonostante il costo dell’energia, uno dei più alti in assoluto, dovuto anche alla limitatezza di risorse naturali di idrocarburi. La transizione a nuove forme di energia, combinata con il nostro know-how, e la nostra imprenditorialità possono davvero essere una ricetta rivoluzionaria.

Come fare per i problemi di sistema, per esempio, normativi e fiscali?

Manca l’infrastruttura regolamentare e gli incentivi per l’innovazione che creino le condizioni regolamentari per dare stabilità a questa azione: nella plastica, nei carburanti puntando sulle biomasse e così via. Servono autostrade verdi perché la domanda di capitale, di beni e servizi incontri le imprese. Aziende come Nextchem hanno bisogno di questo perché sono industrie green vere, non a parole. Fino ad oggi non è avvenuto, la politica industriale vera ancora non c’è. Occorre invitare i governi ad agevolare in modo più coraggioso investimenti sostenibili con strumenti di fiscalità premianti per i processi che migliorano l’efficienza energetica e l’impronta di carbonio, rendendo le industrie più competitive perché meno esposte a rischi futuri. In altre parole, questo è il momento di passare dalla fase di mobilitazione emozionale a una fase concreta e operativa: occorre mettere mano al motore e trasformare l’ondata di consenso dell’opinione pubblica in un set di politiche industriali nuove, che possano dare una nuova forma al futuro.

È questo un modo convincente di mettere una pietra sopra al coronavirus?

Nessuno dimenticherà questi giorni bui per l’impatto devastante che hanno avuto in termini di vite umane, di disoccupazione, di sofferenza delle imprese. Oggi però abbiamo la possibilità di far sì che questi giorni vengano ricordati anche per l’impulso che sapremo dare a quelle iniziative che i Paesi altrimenti non avrebbero intrapreso. Penso sia arrivato il momento di condividere con i principali decision maker, sia a livello istituzionale che di business, un piano per una ricostruzione industriale con impatto positivo sia sull’economia, che sulla società, che sull’ambiente.

 

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