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Dagli algoritmi creati sui banchi di scuola all’intelligenza artificiale, storia di Michele Grazioli

Articolo tratto dal numero di novembre 2019 di Forbes Italia

“Sono nato in un piccolo paese in provincia di Cremona nel 1995; o meglio, nella frazione di un piccolo paese in provincia di Cremona: 938 anime secondo il rilevamento Istat del 2011, meno di 900 se consideriamo il mio aggiornamento. Alle elementari eravamo solamente in cinque in classe”. Comincia così la storia di Michele Grazioli, fondatore di Divisible Global, una società che si occupa a 360° dell’implementazione di soluzioni di intelligenza artificiale con l’obiettivo di migliorare il processo decisionale. Michele impiegava il tempo libero giocando a calcio e usando il computer. Ma è la pesca che forse ha segnato il suo cammino imprenditoriale. “Ho scoperto che andare a pescare è come fare impresa”, dice. “Vanno definite alcune variabili, e una volta lanciata l’esca bisogna attendere che la strategia faccia il suo corso, cercando di rimanere il più coerenti possibile. Io però ero un pescatore mediocre perché cercavo di attuare la strategia migliore per me, non quella che avrebbe convinto i pesci ad abboccare”. Michele usava Excel per classificare i luoghi migliori per pescare in base al tempo a disposizione. Ma non solo: grazie ai fogli di calcolo di Microsoft faceva davvero di tutto: dai sistemi per automatizzare la partita doppia, fino ad algoritmi per fare simulazioni di investimenti.

Nel 2008 la vena imprenditoriale di Michele si è imbattuta nella prima opportunità di crescita. Era l’inizio della crisi economica. La famiglia Grazioli aveva una piccola attività artigiana nel settore edile e Michele si sentiva in dovere di aiutare il padre per fronteggiarla nel migliore dei modi. “Ebbi una piccola intuizione capendo che mio papà non era preoccupato per il troppo lavoro, ma per la scarsa capacità di ‘prevedere’ cosa sarebbe successo nelle settimane e nei mesi a seguire. Ho creato un algoritmo che fosse in grado di leggere i dati generati dall’attività di mio papà, comprendendo le relazioni di causa-effetto tra di loro e permettendo di prevedere l’impatto che le decisioni prese avrebbero avuto sui risultati”.

Si scoprì che l’algoritmo che aveva realizzato Michele era in grado di imparare meglio delle soluzioni allora disponibili come individuare la quota causale nella correlazione (ovvero capire se davvero esiste un rapporto di causa effetto tra dati che la statistica ritiene collegati). Un primo incontro, casuale, con l’intelligenza artificiale.

Negli anni successivi Michele ha continuato ad avere a che fare con questa nuova tecnologia per diversi settori, tra cui quello finanziario. “Mi divertivo a pensare a nuovi algoritmi, scriverli, e confrontarli con lo stato dell’arte; mi piaceva continuamente sfidare la mia capacità di risolvere i problemi approcciandoli in modo diverso”. E così è nata Divisible Odd negli anni del liceo e dopo un cammino di miglioramento è diventato il gruppo che è oggi, Divisible Global, che conta otto aziende in tre continenti, con un piano di crescita che si fonda anno su anno dell’80%; il tutto basato sull’autofinanziamento, senza investitori esterni. “Se vogliamo l’idea è un mix di istinto e razionalità; avevo ben chiaro cosa avrei voluto fare e tramite l’esperienza e qualche errore ho modellato la struttura migliore per arrivarci. Ad oggi, nonostante l’investimento in tecnologia proprietaria sia ancora la voce di spesa principale, il motivo per cui il cliente sceglie la nostra realtà è la capacità di declinare i suoi problemi in soluzioni concrete”.

Per il futuro? Michele si è dato un obiettivo al 2025: il gruppo dovrà essere in grado di sopravvivere nel tempo senza di lui. “Ho dedicato parte della mia vita a ridare il tempo alle persone grazie all’intelligenza artificiale. Ma so di non essere un bravo manager. Per fare un paragone con il mio amato impero romano: sarei un ottimo comandante per andare a conquistare nuove terre, ma sarei il peggior funzionario per amministrarle”.

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