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Dentro la cantina Pico Maccario tra rose, vitigni e matite colorate

I fratelli Maccario

“Sono passati 23 anni dalla morte del nonno Carlo: ci lasciò 25 ettari di vigneti, nel 1997. E una rosa davanti a ogni filare, quindi 4.500 rose, che avevano la funzione di, non solo indicare l’inizio di ogni filare, ma di segnalare in anticipo eventuali malattie che le viti potevano cogliere. E la rosa divenne così il nostro simbolo. Oggi, la Pico Maccario è una cantina moderna e tecnologicamente avanzata, che vanta una proprietà di 100 ettari a corpo unico, nel cuore delle terre del barbera docg. Io e mio fratello, Pico, primogenito che ha dato il nome all’azienda, siamo felici di aver potuto trasformare e migliorare una tradizione di famiglia e un progetto caro al nostro nonno”.

Classe 1974, giovane ma determinato, gentile ed elegante, Vitaliano Maccario, il secondogenito della famiglia Maccario, è l’anima e il cuore, ambizioso, con il fratello Pico, della Pico Maccario, omonima cantina di Mombaruzzo, in provincia di Asti, che, con 950mila bottiglie esportate in 48 Paesi, si è aggiudicata il prestigioso riconoscimento tre bicchieri del Gambero Rosso, con la Barbera d’Asti Lavignone 18. “Siamo onorati di questo premio perché il nostro territorio è garanzia del docg, il lavoro di squadra che stiamo facendo, dalla vigna alla cantina, ha un obiettivo solo: la qualità del prodotto e la riconoscenza di un territorio, il nizza docg, che nulla ha in meno rispetto al barolo o al barbaresco ad esempio, ci sprona a investire per migliorare. La qualità del nostro vino, non è la sola ragione che deve invogliare il consumatore. Vogliamo ispirare anche passione e carattere, innovazione e tradizione di vitigni autoctoni.”

L’azienda Maccario

Un vino dal gusto equilibrato, dal colore rosso rubino, il cui affinamento avviene in botti d’acciaio, grande o barrique. Afferma Vitaliano: “In cantina abbiamo investito molto negli anni, perché il mondo del vino è difficile. Pensiamo che la nostra prima vendemmia nel 2000, già fu esportata negli Stati Uniti. Certamente guardiamo avanti e siamo stimolati da realtà del nostro settore più note e più grandi, anche concorrenti, per rilanciare e credere nel progetto made in Italy e nelle nostre terre di origine, che vanno promosse e curate”.

Curate come la rosa, simbolo storico che contraddistingue il brand Pico Maccario, che oggi però non si può non riconoscere anche dal packaging, colorato e attraente. Sorride Vitaliano, spiegando che “è stato ideato semplicemente quando ho provato a rovesciare i 900 pali dei nostri terreni, che costeggiano la strada che porta alla tenuta, e la loro punta all’insù se colorata mi ha ricordato subito la matita che usavamo con il nonno per colorare. Cosi, ho pensato creiamo un contenitore a forma di matita, colorato e divertente, inseriamo la bottiglia, e l’opera è pronta”.

Una vigna

C’è dell’arte, infatti, nel riuscire a trasformare quel palo in matita e la matita in contenitore. “Sia io che mi fratello siamo appassionati di arte”. E si vede: il packaging innovativo, brevettato, unico come unici nello stile, sono i fratelli Maccario che, puntano, spiega Vitaliano, “al barolo e o al barbaresco, così completiamo il nostro portafoglio di vini e per il prossimo triennio a investire in quelle terre e diventare un riferimento come per il nizza docg”. Anche se, prosegue Vitaliano Maccario, “nel mondo del vino non esiste la velocità. Abbiamo una sola vendemmia all’anno, è tutto molto lento e non si può sbagliare”. Lui ex pilota Porsche, che dalle corse ha appreso “l’importanza del far parte di una squadra per correre in pista in sicurezza”. Oggi i suoi vini, che hanno i nomi non solo dei fratelli, ma anche del loro essere, non a caso tra gli ultimi c’è Estrosa, “sono stati solo marginalmente intaccati dalla pandemia, perché abbiamo sempre diversificato e creato un prodotto che va al di là del ristorante, ma entra nelle case dei buongustai”.

Una vigna

Che sono tanti nei 48 Paesi dove Pico Maccario è presente, ma “mi piacerebbe vedere Elon Musk, bere il mio vino, anzi mi piacerebbe versarglielo, per sapere cosa pensa un genio dell’imprenditoria dei nostri tempi, dei miei vini!”. Sorpresa, perché non un pilota invece? “Perché sono tradizionalista, e oggi in Ferrari, che rappresenta l’Italia, non abbiamo un giovane corridore sul podio ancora cosi come ahimè, non c’è nella mia città natale, Alessandria, un ristorante 3 stelle Michelin. Però, i sogni a volte, si avverano….”.

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