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Dal piatto alla bottiglia: tre spirits che hanno reso omaggio ad alcuni ingredienti dell’alta cucina

di Federico Bellanca

“Druot versava l’alcool profumato in un piccolo alambicco e lo distillava lentamente a fuoco molto moderato. Ciò che restava nella storta dopo la sublimazione dell’alcool era una quantità minima di liquido dal colore pallido, che a Grenouille era ben noto, ma di una qualità e purezza che il suo olfatto non aveva mai conosciuto […] l’olio puro dei fiori, il loro aroma netto, concentrato centomila volte in una piccola quantità di essence absolue […] già solo una goccia, sciolta in un litro d’alcool, bastava a rianimare, a far risuscitare un intero campo di fiori senza profumo”.

Curiosamente, la citazione che meglio può aiutarci a capire al meglio cosa significa l’arte della distillazione non riguarda il mondo degli spirits, bensì quello della profumeria. Queste due discipline parallele, nate entrambe come figlie della ricerca alchemica, si sono poi divise in strade diverse ma con uno scopo comune visto che entrambe sembrano determinate ad arrivare alla sublimazione del senso di loro competenza; il gusto e l’olfatto.

La citazione in apertura infatti (tratta dal celeberrimo libro Il Profumo di Patrick Süskind) ben racconta cosa significa distillare con un alambicco: prendere una grande quantità di materia prima ed estrarne gli aromi in piccole ma intense dosi. Se questo ragionamento ci pare interessante, finanche conveniente, quando si parla di una materia prima “povera” come le vinacce da cui si ottiene la grappa (che altro non sono che gli scarti della produzione del vino), può cominciare a sorprenderci quando si parla di distillati di frutta. Infatti, in questo caso i numeri ci paiono più comprensibili, e al contempo sappiamo dare un valore (anche economico) alla materia prima. Se cominciamo a pensare che per ottenere una bottiglia da 0.7 l. di distillato di albicocche servono circa 21 kg di frutta, diventa facile per noi capire il costo-opportunità contenuto in ogni goccia. Eppure, c’è chi nel mondo ha voluto intendere l’alambicco come lo strumento dedito a rendere immortale il sapore, e proprio per questo si è cimentato nell’utilizzarlo per trattare le materie prime più care e pregiate e renderle protagoniste di distillati unici.

Ecco tre bottiglie che hanno voluto sublimare altrettanti ingredienti dell’alta cucina portandoli dal piatto alla bottiglia:

    distillato ostrica
    distillato tartufo bianco
    distillato aragosta

Il Gin all’aragosta

Kristof Marrannes, chef del ristorante stellato belga Ter Leepe, è stato l’ideatore e l’artefice di questo Gin a base del pregiato crostaceo. Non si è badato alle quantità per dare sapore al Premium Marine Gin “L’Homard”, che è ottenuto tramite la macerarazione di un’aragosta intera per litro di alcol puro. Questo distillato gastronomico, completamente trasparente e puro alla vista, porta in sé l’anima del mare. Al naso ad esempio può ricordare le note di una zuppa di pesce, mentre in bocca si contraddistingue per la freschezza, con note di prezzemolo e citronella che lo rendono inaspettatamente beverino. Il suo utilizzo d’elezione è ovviamente in accompagnamento ad aperitivi a base di frutti di mare, oppure in rivisitazioni di cocktail classici a forte sapidità come il Bloody Mary.

Il Gin a base Ostrica

L’Homard non è il solo gin ad aver intrapreso l’esplorazione di scogli e dei fondali marini. Parallelamente esiste un altro distillato chiamato “Seapearl”, in cui la botanica più pregiata è l’ostrica distillata assieme ad altri elementi che contribuiscono a renderlo salato al gusto. Anche qui il richiamo d’abbinamento è senza dubbio da ricercare nelle crudités e nei frutti di mare, dove può essere addirittura gradevole versarne una goccia direttamente sul mollusco al posto del limone per esaltarlo. Simpatica l’idea (che ricorda un po’ certe bottiglie per turisti vendute in Messico) di aggiungere in ogni bottiglia una perla, custodita all’interno del liquido come nel guscio naturale. Un tocco di classe aggiuntivo e inaspettato, da conservare come ricordo una volta finiti i brindisi.

Il Tartufo Bianco d’alba liquido

Anche l’Italia sperimenta per quanto riguarda i prodotti dell’alta cucina, e da poco sul mercato è possibile trovare un distillato che vede come protagonista niente meno che il tartufo bianco d’alba Basato su una ricetta storica del XVII secolo e che aspettava da secoli di vedere la luce, Spirit of Truffles è realizzato con i migliori esemplari del prestigioso Tuber Magnatum Pico, uno dei figli più rari di madre natura. È infatti proprio la sua scarsità, coniugata con il suo profumo e gusto inconfondibile a renderlo un vero e proprio oggetto del desiderio per i buongustai di tutto il mondo nonostante le cifre da capogiro, con una vera e propria “borsa” dedicata oggetto di oscillazioni in base alla domanda, alla disponibilità, alla zona  di raccolta, peso, dimensioni e stato di conservazione, che è arrivata a battere cifre come 3.500/4.500 euro al chilo. Lo spirito in questione è a base di rum invecchiato infuso appunto con tartufo bianco d’Alba. Il risultato è un prodotto versatile, da abbinare liscio a formaggi o a selvaggina e carne.

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