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L’altra prevenzione: come combattere le conseguenze indirette del Covid

“Ci chiediamo tutti la stessa cosa: dove sono finiti i nostri pazienti?”, raccontava già nell’aprile 2020 una cardiologa dell’università dell’Arizona. “Non abbiamo certo trovato all’improvviso la cura per tutti i loro problemi. Temo che la gente muoia in casa perché ha troppa paura di venire in ospedale”. Qualche settimana più tardi, una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità concludeva che “il Covid ha un impatto significativo sull’assistenza sanitaria per malattie non trasmissibili”, come diabete, cancro e problemi cardiovascolari. In ottobre, il World Economic Forum avvertiva di come il coronavirus avesse arrestato – o in parte vanificato – “i progressi nella riduzione dell’impatto di altre malattie, come il diabete e la malaria”.

“Molte attività di cura e prevenzione sono state dimenticate a causa della pandemia”, afferma Nicoletta Luppi, senior vice president e managing director di Msd Italia. “Penso ai ritardi nelle campagne vaccinali e nella prevenzione in ambito oncologico. Alcune malattie, prevenibili grazie alle vaccinazioni, rischiano di riemergere a causa del rallentamento dei servizi vaccinali non-Covid. Il rischio, purtroppo concreto, è quello di passare da una pandemia a un’epidemia. Il caso più emblematico è quello delle vaccinazioni contro il papillomavirus: moltissimi giovani non saranno protetti dall’infezione da hpv e potrebbero sviluppare lesioni precancerose o varie forme di cancro, nel pieno dell’età fertile”.

Secondo i dati del ministero della Salute relativi al 2018, ricorda Luppi, oltre 660mila ragazzi non erano protetti. “Se aggiungiamo quelli del 2019 e del 2020, superiamo il milione”. Sul fronte della prevenzione oncologica, l’Osservatorio nazionale screening ha stimato in due milioni e mezzo i test venuti meno a causa del Covid. A livello europeo, secondo la European Cancer Organisation, sono un milione i potenziali casi di cancro non diagnosticati, 100 milioni i test di screening non eseguiti. La metà delle persone con possibili sintomi non è stata inviata alla diagnosi e un malato su cinque non ha avuto accesso al trattamento necessario.

Contribuire ad affrontare le conseguenze della pandemia – in particolare l’impatto indiretto sulla lotta ad altre malattie – è oggi uno degli impegni di Luppi e Msd, una delle principali case farmaceutiche del mondo. Fondata, nel 1891, è all’84esimo posto nell’ultima lista Forbes Global 2000 delle più grandi società quotate al mondo, con un fatturato di circa 50 miliardi di dollari e una valutazione di mercato intorno ai 164 miliardi. È responsabile della scoperta di 190 molecole utilizzate per trattare varie malattie: dalla sintesi del cortisone ai primi vaccini per il morbillo. Nel 2019 ha ottenuto l’approvazione per il primo vaccino contro l’Ebola.

Msd Italia
(courtesy Msd Italia)

L’azienda investe in ricerca e sviluppo più del 28% del fatturato. Ha in corso in Italia 126 studi clinici che coinvolgono 710 centri. “Per far fronte all’emergenza sanitaria, il governo italiano ha dotato il Servizio sanitario nazionale di risorse maggiori rispetto ai cinque anni precedenti”, dichiara Luppi, entrata in Msd più di 25 anni fa come prima donna in azienda a ricoprire il ruolo di informatrice scientifica del farmaco. “Anche le aziende private hanno investito sempre di più. Il settore farmaceutico è quello che destina più risorse alla ricerca e sviluppo. È grazie a questo impegno che abbiamo avuto a disposizione vaccini e terapie contro il Covid in tempi così rapidi. La pandemia da Covid-19 ha evidenziato il ruolo cruciale che la salute riveste nel benessere della società, riportandola finalmente al centro della definizione delle politiche pubbliche”.

“Una delle eredità della pandemia deve essere proprio questa”, aggiunge. “Se si mette la ricerca al centro delle valutazioni e si abbandona l’approccio ‘per silos’ che caratterizza da sempre la gestione del nostro sistema sanitario, è possibile coniugare l’innovazione con la sostenibilità del sistema. L’innovazione è un investimento a lungo termine, con ritorni economici per lo stesso sistema. La pandemia ha dimostrato che la malattia costa sempre più della cura o della prevenzione e che la salute è la prima ricchezza di un Paese, senza la quale vengono meno anche le altre. È il momento di attuare un approccio più sinergico tra Stato e industria, anche con partnership pubblico-privato libere dai pregiudizi che spesso ne ostacolano il potenziale”.

Sono due, secondo Luppi, le lezioni più importanti da trarre dall’ultimo anno e mezzo: rafforzare la fiducia nella scienza e non dare per scontate le sue scoperte. “Nel secolo scorso, il 50% delle morti era collegato alle malattie infettive”, ricorda. “Oggi la scienza ha sconfitto malattie come difterite e poliomielite. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le vaccinazioni salvano tra i 2 milioni e mezzo e i 3 milioni di vite ogni anno. Inoltre, il Covid ci ha insegnato anche che nessuno è un’isola: la tutela della salute è una responsabilità collettiva”.

Come risposta alla pandemia, oggi Msd lavora a una possibile soluzione terapeutica. È in corso la fase 3 dello studio su Molnupiravir, farmaco orale sperimentale per il trattamento del Covid-19. L’azienda spera di farne “un valido aiuto” per il periodo di convivenza con il virus: quello durante il quale, accanto ai vaccini, “sarà importante poter disporre di farmaci e cure per una gestione controllata della malattia da casa”.

Durante la pandemia, Msd Italia ha compiuto donazioni per 2,5 milioni di euro. Tra le altre cose, ha messo a disposizione giornate lavorative dei propri dipendenti, supportato la Croce Rossa e destinato 80mila mascherine alla Federazione dei medici di medicina generale e ai volontari di CittadinanzAttiva. Ha fornito inoltre 1.200 kit per il telemonitoraggio, il trattamento e il controllo dei pazienti cronici da remoto.

Proprio la telemedicina rappresenta una delle principali tendenze in atto nel settore sanitario. Secondo un’indagine di McKinsey, negli Stati Uniti la quota di cittadini che ha fatto ricorso a diagnosi e terapie da remoto è passata dall’11 al 46%. Sono in aumento i medici che gestiscono a distanza i loro pazienti. Il rapporto ha calcolato che il mercato del cosiddetto digital health si allargherà dai 350 miliardi di dollari del 2019 ai 600 del 2024. “Il 60% delle case farmaceutiche ora ricorre alla telemedicina nei trial clinici, per garantire la continuità delle sperimentazioni nel rispetto delle restrizioni”, aggiunge Luppi. “L’adozione della tecnologia può rispondere alle esigenze di persone molto diverse ed è un esempio di sintesi tra innovazione e sostenibilità economica del sistema sanitario. Cito il caso dei pazienti diabetici con complicanze cardiovascolari, che sono 1,3 milioni sul nostro territorio. La telemedicina migliora il monitoraggio dei parametri clinici, riducendo le ospedalizzazioni e gli accessi al pronto soccorso. A livello economico, i benefici sono quantificati in 1.260 euro all’anno per paziente. In tutto, il risparmio complessivo sarebbe di 1,6 miliardi”.

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