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Perché gli Nft potrebbero essere la salvezza (o la rovina) dell’industria discografica

Questo articolo di Michael del Castillo è apparso su Forbes.com

Oltre vent’anni dopo l’uscita del loro primo album, i Kings of Leon sono stati premiati alla Rock & Roll Hall of Fame. Ma ad avere portato la band a Cleveland, nello scorso aprile, non è stata la sua musica, bensì il suo non-fungible token (Nft) chiamato Nft Yourself.

I token digitali sono stati messi in vendita per l’equivalente Ethereum di 50 dollari e comprendevano una copia dell’ultimo album della band, un’opera d’arte esclusiva, un album d’oro in esemplare unico e alcune altre registrazioni musicali. Nelle due settimane in cui è stato disponibile, i KoL hanno fatto girare 6.500 copie di Nft Yourself, per un totale di 2,2 milioni di dollari. Alla cifra hanno contribuito sei Golden Ticket, venduti a un prezzo medio di 100mila dollari. Questi Nft speciali assicuravano un accesso vip a vita ai concerti (uno show per tour), con autista incluso. Dopo l’offerta originale di due settimane, gli Nft hanno generato altri 246mila dollari di vendite aftermarket, di cui la band ha raccolto il 10%.

Sebbene la performance finanziaria non sia stata esaltante, l’effetto a catena è stato avvertito in tutta l’industria musicale.

“I contratti discografici, in un certo senso, hanno perso il loro valore”, dichiara Nathan Followill, il batterista 42enne dei Kings of Leon. “Oggi un ragazzino può registrare un album su GarageBand e pubblicarlo su TikTok, oppure farne un Nft o mille altre cose. È come se non ci fosse più bisogno di appoggiarsi all’industria discografica come un tempo. Cosa che penso sia gettando nel panico le etichette”.

I più conoscono gli Nft per via del boom della scorsa primavera, dovuto ad alcune aste di arte digitale. In marzo, l’artista del Wisconsin Beeple (vero nome: Mike Winkelmann) ha catturato l’attenzione del mondo quando ha venduto un collage di 5mila Jpeg da Christie’s per la strabiliante cifra di 64,9 milioni di dollari. Gli Nft musicali non sono diversi, salvo che, oltre all’arte visuale, portano con sé file audio come gli mp4 venduti dai Kings of Leon.

Nft Yourself non è stato un clamoroso successo finanziario per i Kings of Leon. Quando la band, composta da tre fratelli e un cugino, era all’apice della carriera, nel 2008, aveva guadagnato circa 10 milioni di dollari per il suo album Only by the Night, che aveva ottenuto vari dischi di platino. Nft Yourself, però, ha rappresentato il primo caso in cui un gruppo mainstream ha sposato gli Nft. A seconda dei punti di vista, può essere considerato una rivoluzione, una redditizia trovata pubblicitaria o l’ultimo atto del disfacimento pluridecennale dell’industria discografica.

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Altri artisti hanno avuto molta più fortuna con gli Nft. Il dj Justin Blau (aka 3lau) ha venduto Nft per 20 milioni di dollari da quando ha iniziato a emetterli nello scorso autunno, dopo avere collaborato con l’artista surrealista Mike Parisella (aka SlimeSunday) e avere venduto 33 Nft in edizione limitata del suo ultimo album, Ultraviolet. L’Nft comprendeva video animati dell’artista, sincronizzati con la musica di Blau.

“Il modello che ho in mente è un accordo discografico inverso”, dice Blau, che ha 30 anni e ha lavorato con artisti come Rihanna, Katy Perry e Ariana Grande. Invece di permettere alle case discografiche di incassare l’80% dei guadagni – una quota che ha definito “predatoria” -, Blau prevede di finanziare i costi di produzione vendendo direttamente ai fan. Il suo team è ora in trattativa con Billie Eilish, Madonna e i Metallica e si prepara per quella che spera possa essere la prima asta di musica in blockchain da Christie’s, la casa d’aste londinese.

Oltre al denaro guadagnato direttamente con la vendita degli Nft, i token digitali – ciascuno unico e, come le criptovalute, scambiabile su una blockchain – forniscono anche un legame diretto e permanente con i super fan che li conservano. Nonostante i compratori siano solo numeri anonimi che fluttuano nell’etere della blockchain, gli artisti possono sfruttarli per pubblicizzare – e vendere – nuova musica, lavori freschi, biglietti dei concerti e gadget. Se utilizzati nel modo giusto, gli Nft consentono la semplicità e l’ubiquità della distribuzione via internet (come Napster), ma con la protezione dei diritti digitali incorporata (come iTunes).

Tutto ciò ha innescato sforzi sempre maggiori per monetizzare l’opportunità. I Kings of Leon hanno sfruttato Yellowheart, una startup di blockchain con sede a New York fondata da Josh Katz, professionista veterano della scena musicale newyorkese, per vendere Nft Yourself. La band, però, aveva altre opzioni. Andrew Gertler, che rappresenta Shawn Mendez, ha da poco investito 19 milioni di dollari, assieme a Jay-Z e Andreessen Horowitz, in Bitski, che sta costruendo una nuova piattaforma Nft per la musica. A maggio, OneOf, società con sede a Miami, ha ottenuto il più grande round di finanziamento nella storia degli Nft musicali – 63 milioni di dollari – per costruire un mercato ad alta efficienza energetica per la vendita di registrazioni rare di artisti come Whitney Houston, Quincy Jones e John Legend. E gli investitori famosi si stanno accumulando. Mark Cuban e Ashton Kutcher hanno contribuito a un investimento da 4 milioni in Nft Genius a giugno.

Si sono mosse anche le case discografiche, che vedono nell’ascesa degli Nft una minaccia forse anche maggiore degli mp3 pirata che fecero sprofondare l’industria in una spirale mortale 20 anni fa, ma anche, potenzialmente, come una cura miracolosa, al pari dello streaming che l’ha rivitalizzata. Secondo Midia, società di ricerche sull’industria dell’intrattenimento, dal 2007 il fatturato dell’industria musicale è cresciuto del 35% ed è arrivato a 40 miliardi di dollari: lo stesso livello a cui era arrivata al suo apice, nel 1999, grazie alla spinta dei CD. Alcune settimane dopo l’uscita di Nft Yourself, alcuni dirigenti di Sony/Rca, l’etichetta dei Kings of Leon, hanno istituito una task force per formarsi sugli Nft. Sforzi analoghi sono partiti in tre delle più grandi aziende del mondo della musica: Sony Music, Warner Music Group e Universal Music Group.

“Una delle cose che hanno provocato la caduta dell’industria musicale è che siamo sempre in un’aspra competizione tra noi”, afferma Oana Ruxandra, chief digital officer di Wmg. “Poi la tecnologia arriva, si mangia tutta la nostra torta, e noi siamo ancora in competizione e non ci parliamo”. Sottolineando l’ovvio cambiamento nelle dinamiche di potere rappresentato dagli Nft, ha aggiunto: “Qualsiasi evoluzione giustifica una rivalutazione e un’evoluzione dei contratti degli artisti”.

Tutto questo vale se il neonato settore riuscirà a sciogliere alcuni nodi. Yellowheart ha percepito una piccola parte di quanto un’etichetta avrebbe chiesto per gestire l’Nft dei Kings of Leon, ma ha avuto difficoltà con la tecnologia. Non aveva infatti un sistema di riproduzione musicale e un supporto per i file audio criptati degli Nft. Ha dovuto così distribuire file mp4 non protetti delle nuove registrazioni della band, che possono così essere ora piratate e condivise facilmente. Poi ci sono le commissioni comuni a tutte le transazioni via Ethereum, che sono costate ad alcuni fan 90 dollari ulteriori, oltre ai 50 dell’Nft. Tutto ciò è avvenuto in un momento in cui il mercato degli Nft viveva un’estrema volatilità. Secondo i dati del sito NonFungible.com, dopo avere raggiunto un picco a maggio, quando 294 milioni di dollari di Nft Ethereum sono stati venduti in una singola settimana, il mercato è crollato del 75% a giugno, per poi risalire a 302 milioni a luglio.

“Direi che entro i prossimi dieci anni il 70% degli album sarà pubblicato in forma Nft”, afferma Followill dei Kings of Leon, che descrive se stesso come il criptogeek della band. Quando ha parlato alla stampa in occasione della presentazione degli Nft alla Hall of Fame, con un’immagine digitale di sé come sfondo, ha detto con un’alzata di spalle: “Se ti trovi di fianco a Jimi Hendrix e ai Beatles, significa che stai facendo qualcosa di giusto”.

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